Novak Djokovic untold: dalla croce di Hilandar alla maratona di Belgrado

Interviste

Novak Djokovic untold: dalla croce di Hilandar alla maratona di Belgrado

In una intervista rilasciata tempo fa ad un quotidiano serbo, il numero 1 del tennis mondiale Novak Djokovic ha rivelato qualche aspetto meno noto di sé ed espresso alcune opinioni su temi inconsueti: dalla scelta della croce che porta sempre al collo, all’educazione dei figli, fino al futuro del tennis serbo quando lui smetterà. E potrà finalmente correre la maratona di Belgrado

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Di Novak Djokovic ormai si sa quasi tutto. Ma in un’intervista pubblicata all’inizio dell’anno, il quotidiano serbo “Vecernje Novosti” è riuscito nell’impresa di far conoscere ai suo lettori qualche aspetto meno noto del fuoriclasse di Belgrado e la sua opinione su argomenti un po’ diversi da quelli che di solito vengono affrontati nelle conferenze stampa del dopo partita. Ecco di seguito la traduzione dell’intervista.

Chi le ha regalato la croce che porta attorno al collo?
Le compro da solo, di tanto in tanto, quanto ho la sensazione che, forse, è giunto il momento di cambiarla. Per cinque anni ho indossato la croce di Hilandar: ho visitato Sveta Gora nel 2009 ed è stata una esperienza unica. Non vedo l’ora di tornarci. Coglierò l’occasione non appena avrò qualche giorno libero.
(Sveta Gora – “Montagna Sacra” in serbo – è il nome con cui i serbi si riferiscono al Monte Athos dove è situato il monastero serbo-ortodosso di Hilandar, uno dei luoghi a loro più sacri. Il monte Athos o Repubblica monastica del Monte Athos è un territorio autonomo della Grecia, dotato di uno statuto speciale di autogoverno: l’amministrazione è affidata a un collegio che riunisce i rappresentanti dei 20 monasteri principali del territorio, ndr)

Frequenta le chiese serbo-ortodosse all’estero?
Ci vado spesso, soprattutto in Australia. Ma le chiese non sono l’unico posto in cui riesco a trovare la mia pace interiore. Ho trovato un certo tipo di equilibrio e per me è molto importante avere un posto, oltre al tempo, il silenzio e la tranquillità per poter concentrarmi sui miei pensieri. È una cosa necessaria a tutti, in particolar modo a me con il tipo di vita che conduco. Io vedo la chiesa come un posto sacro dove l’uomo può dedicarsi a sé e ai suoi pensieri, dove può parlare di cose di cui non può parlare in nessun altro luogo e dove può trovare la sua pace interiore. E quest’ultima è la cosa fondamentale.

Lei sostiene che nessuno è perfetto, ma che è giusto per l’uomo ricercare la perfezione.
Le imperfezioni ci sono per un motivo. La perfezione è nella cose, l’imperfezione è nell’uomo. Le imperfezioni ci ricordano che non puoi essere perfetto, ma che puoi cercare di raggiungere la perfezione, che puoi lavorare su di te. Le carenze consentono di avere ogni giorno la sensazione che puoi fare progressi e migliorarti. Certo, ci sono momenti in cui so che dovrei reagire in maniera più pacata (probabile riferimento ad alcuni suoi scatti di nervosismo in campo, ndr). Ma, d’altra parte, mi rendo conto che questo fa parte della mia personalità. Sono orgoglioso delle mie virtù, ma so di avere dei difetti. Tutto questo mi caratterizza come persona. Ed è parte essenziale della vita di tutti.

Lei è un marito e un padre, e non manca di sottolinearlo con orgoglio. Come si trova un equilibrio tra il fatto di dare tutto ai bambini e far loro capire che comunque non è tutto nelle cose materiale?
Mia moglie ed io crediamo profondamente nell’attiva partecipazione dei genitori nella educazione dei figli. Il punto è questo. I genitori devono porre attenzione ai propri figli e alla loro crescita: perché come il bambino si comporterà domani, così sarà da adulto. Alla fine, dipende tutto da questo. I tratti del carattere, la cosa su cui realmente si deve lavorare, non si possono comprare. Devono essere costruiti, con un lavoro a lungo termine, fatto con dedizione e amore.

Cosa avete regalato a Stefan?
Per il suo primo compleanno ha ricevuto dei regali “immateriali”. Si sono scritti degli sticker, fatto dei filmati e scattate delle fotografie. Tutte cose che potrà apprezzare quando sarà più grande e potrà custodire per tutta la vita.

Lei sembra sempre fresco, anche se consuma tante energie. Come riesce a gestire la sua energia?
È difficile individuare un qualcosa, una determinata bevanda o un cibo, e dire che mi dà energia ed è il segreto del successo. Si tratta di una combinazione di diversi aspetti, che devono essere tutti presi in considerazione. Per questo motivo viaggia sempre con me un team composto da diverse persone. Sono tutti specialisti di alto livello nelle rispettive professioni e tutti, nel loro ambito, contribuiscono a far sì che la mia giornata sia organizzata nel modo migliore per permettermi di giocare a questo livello.

Questo le potrà essere d’aiuto per esaudire il suo vecchio desiderio di correre la maratona di Belgrado?
La maratona di Belgrado dovrà purtroppo aspettare un po’, fino a quando sarò impegnato con il tennis di alto livello. Fino ad allora sarà necessario gestire in modo molto razionale il consumo di energie. Però è sicuro che la correrò almeno una volta. Mio fratello Marko l’ha fatto, nonostante una mano ingessata. È stata una impresa eroica. Mi ha detto che è stata una esperienza veramente bella.

Sono giustificati i timori che in Serbia il tennis possa scomparire al termine della sua carriera?
Non sarei così estremista e non arriverei a conclusioni così drastiche sulla situazione attuale, anche se purtroppo tali considerazioni sono giustificate e motivate. Perché le statistiche evidenziano come ci siano sempre meno soci nei club e allo stesso tempo come l’età in cui i giovani tennisti smettono l’attività agonistica sia passata dai 15 ai 13 anni. Questi dati sicuramente non sono favorevoli per il nostro sport, che è tra quelli di maggior successo e popolarità in Serbia da diversi anni. È stata creata una specie di tradizione, di storia, che deve essere conservata e alimentata.

Come ci si può riuscire?
Sono necessarie più cose assieme. Prima di tutto, che nella Federazione di Tennis di Serbia ci siano persone che abbiano a cuore il tennis. Credo che coloro che la gestiscano attualmente siano veramente degli appassionati di tennis, e vogliano contribuire a renderlo uno sport di successo nel lungo periodo. Poi è necessario implementare un sistema che un domani riesca a creare dei campioni. Non è possibile fare affidamento sui singoli, anche se probabilmente il motivo principale per cui i tennisti e le tenniste di maggiore successo della Serbia hanno avuto questo successo è lo sforzo delle nostre famiglie. Però, al fine di ottenere col tempo quello che tutti vogliamo, si devono investire molto tempo e impegno. Siamo sulla buona strada.

Qual è il suo contributo in questo senso?
Mi impegno per quanto mi è possibile. Partecipo attivamente al lavoro della Federazione serba, senza ruoli ufficiali, con l’unico interesse di preservare questa tradizione. Sono in contatto con il presidente e con le persone che compongono la Commissione Tecnica. Ora si sta formando un gruppo di persone di notevole qualità, composto da tecnici locali e stranieri (tra i quali l’italiano Renzo Furlan, ndr), che daranno ognuno il proprio contributo.

La fine della sua carriera è ancora lontana. Chi sarà nei prossimi anni il suo principale rivale nella conquista dei titoli del Grande Slam?
È logico cercare questo grande rivale tra le categorie più giovani e tra i tennisti che stanno emergendo ora. Diversi di loro hanno il potenziale per sfidare i migliori giocatori del mondo. Non dobbiamo dimenticare però che Nadal e Murray non sono al tramonto. Hanno ancora un sacco di anni davanti di loro e sono sicuro che continueranno ad essere i miei rivali principali. In più ci sono i giovani australiani, poi c’è Borna Coric, Tomic, dal quale ci si aspetta sempre molto (che comunque ha 3-4 anni in più delle altre promesse “aussie” Kyrgios e Kokkinakis, ed è probabilmente per questo che Nole lo cita a parte, ndr), Nishikori, Raonic, Dimitrov… Tutti loro hanno determinate qualità, ma nessuno di loro è ancora riuscito a mettere insieme tutti i pezzi e a diventare il rivale principale.

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