Claudia Coppola in esclusiva: “Mi hanno portato via 6 mesi ma non la mia passione” - Pagina 2 di 2

Interviste

Claudia Coppola in esclusiva: “Mi hanno portato via 6 mesi ma non la mia passione”

Non esistono solo Djokovic e Serena Williams e non ci sono solo le grandi promesse come Kyrgios o Zverev. Claudia Coppola è una ragazza italiana che ha attraversato mille vicissitudini, compresa una squalifica che sembra assurda. Abbiamo incontrato una ragazza solare, forse a disagio in un mondo che “è un brutto ambiente. Senza i soldi non vai da nessuna parte”

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Passiamo ad un argomento delicato: la squalifica del 2013. Ti va di raccontarci la tua versione dei fatti?
Ero con mio padre al torneo di Sharm el-Sheikh, dove incontrai la giocatrice X (di cui non faccio il nome) che avevo avuto modo di conoscere già l’anno precedente. Giocammo il doppio insieme su sua richiesta e parlammo un po’. Lei stava vivendo un momento difficile, i risultati non arrivavano ed era molto delusa, disse persino di non avere più voglia di giocare. Provai a consolarla e tirarla un po’ su di morale. La settimana successiva eravamo nuovamente impegnate a Sharm. Io ero in tabellone grazie ad una wild card e avrei dovuto giocare al primo turno proprio contro di lei. Il pomeriggio precedente l’incontro mi stavo allenando con Giulia Bruzzone quando mi infortunai agli addominali. Avevo un forte dolore che non mi permetteva di servire né di muovermi bene. Andai subito dal supervisor per annunciargli che non sarei stata in grado di giocare il giorno successivo e che mi sarei ritirata. Lui mi disse che avrei dovuto aspettare il giorno successivo, dopo essermi fatta visitare dal fisioterapista che quel giorno non era presente. In realtà il fisioterapista c’era, lo avevo visto sul campo accanto dove si stavano giocando due doppi. Vista l’insistenza decisi di assecondarlo e di aspettare la mattina successiva. La sera in albergo incontrai la mia futura avversaria e ci fermammo a scambiare quattro chiacchiere. Eravamo sedute nella hall quando io le dissi: “Guarda, mi sono fatta molto male in allenamento. Non credo di poter giocare contro di te domani”. Lei mi rispose che le dispiaceva ed io scherzando le dissi: “Se vuoi giocare puoi soltanto farmi vincere tu perché io proprio non riesco a muovermi”. Lei si mise a ridere e la cosa finì lì. Ci mettemmo a discutere di altre cose, come due ragazze normali che parlano del più e del meno. La mattina successiva, ancora intenzionata a ritirarmi, vidi il supervisor a colloquio fitto fitto con la mia avversaria. Dopo un po’ lei se ne andò ed io entrai nella tenda del supervisor. “Mi voglio ritirare”, annunciai. Lui mi rispose: “No, non ti puoi ritirare. Devi giocare. Prova a giocare e al massimo ti ritiri durante la partita”. Pretendeva che scendessi in campo infortunata, così la mia avversaria avrebbe incamerato un facile passaggio del turno. Cosa che forse non sarebbe accaduta se io mi fossi ritirata prima della partita e al mio posto fosse entrata in tabellone una lucky loser. Comunque in quel momento arrivò il fisioterapista, che iniziò a visitarmi. Prima mi mise una crema sugli addominali che mi provocò grande bruciore e poi mi passò delle pillole che secondo lui mi avrebbero permesso di giocare, senza dirmi di cosa si trattasse. Io le rifiutai, spiegandogli che ho delle allergie ad alcuni farmaci e devo sempre sapere di che medicinale si tratta prima di poterlo assumere. Continuai a ripetere di non essere in grado di giocare mentre loro insistevano affinché scendessi comunque in campo, discutendo anche a lungo l’uno con l’altro in arabo. Dopo mezz’ora di discussione alla fine riuscii a farmi fare il certificato medico e mi ritirai dal torneo. Dopo qualche giorno mi sentivo meglio e decisi di partecipare ad un torneo che si giocava a Caserta. Dopo il secondo turno di qualificazioni venni avvicinata da alcuni rappresentati della Tennis Integrity Unit che mi portarono in una stanza (c’era anche mio padre con me) e mi dissero che la giocatrice X aveva presentato una denuncia contro di me per corruzione. La mia avversaria a Sharm aveva dichiarato che io le avevo offerto 250 dollari per perdere la partita e che aveva anche una testimone (una giocatrice che divideva la stanza con lei). Io mi difesi riportando la frase che ho citato prima (“Se vuoi giocare puoi soltanto farmi vincere tu perché io proprio non riesco a muovermi”, ndr) e negai di aver mai offerto soldi alla mia avversaria, cosa che non avrebbe avuto alcun senso visto che oltretutto l’infortunio non mi avrebbe nemmeno permesso di giocare il turno successivo. Non mi hanno creduto fin dal principio. L’incontro con la TIU si concluse con loro che mi dissero che avrebbero parlato con il Direttore del torneo e che sarebbe stato poi lui a richiamarmi. Nel corso di quella telefonata (con la presenza di un interprete) ripetei a lui quanto già detto alla TIU. Alla fine mi disse che non potevo provare la mia versione dei fatti e che probabilmente sarei stata squalificata. Dopo qualche giorno mi chiamò la TIU dicendo: “Claudia, devi scegliere: 3 mesi di squalifica e 5000 dollari di multa oppure 6 mesi e 3000 dollari”. La scelta fu semplice, 5000 dollari erano davvero troppi per cui accettai i 6 mesi di squalifica. Provai nuovamente a spiegare la mia versione dei fatti. Li pregai in tutti i modi di non squalificarmi. Ero in un momento positivo, stavo giocando bene, stavo salendo in classifica, non mi volevo fermare. E soprattutto ero innocente, mi sentivo una vittima. Dopo qualche giorno mi spedirono una mail con il contenuto della squalifica. È stato un momento difficilissimo. Non mi vergogno a dire che ero in depressione. Non riuscivo ad alzarmi dal letto, piangevo in continuazione, non mangiavo nemmeno. Per non parlare delle cose che leggevo sui giornali. Sono stata lasciata da sola, solo la mia famiglia mi è stata vicina. Dalla Federazione nemmeno una telefonata, anzi, hanno parlato molto male di me. Nessuno ha provato ad aiutarmi.

In quel momento hai pensato di mollare tutto e dire basta?
Sì, non volevo più giocare a tennis. Stavo troppo male. È stato mio padre a farmi reagire, a darmi la forza per ricominciare. È stato un periodo davvero difficile ma se avessi smesso avrebbero vinto loro. Non potevo permettergli di rovinare tutto quello per cui avevo lavorato.

Nella sentenza della TIU c’è scritto che ti sei dichiarata colpevole…
No, no. Loro dicono che mi sono dichiarata colpevole, ma non è così. Io ho ammesso di aver scherzato con la mia avversaria dicendo quella frase (“Se vuoi giocare puoi soltanto farmi vincere tu perché io proprio non riesco a muovermi”, ndr) ma mai, mai, di averle offerto dei soldi. Ma per loro quella frase è stata sufficiente.

Com’è l’ambiente del tennis? Si sente spesso parlare di questa difficoltà ad avere rapporti di amicizia, soprattutto nel circuito femminile.
I ragazzi fanno più gruppo. Fra le ragazze non c’è amicizia. C’è troppa competizione, le ragazze si odiano quasi l’una con l’altra. Buongiorno e buonasera. Ognuno per sé. A me piacerebbe avere rapporti più stretti con le mie colleghe, alla fine siamo tutte lì per lo stesso motivo, abbiamo una grande passione che ci accomuna. Sul campo siamo rivali, ma non vedo perché non si possa andare a mangiare insieme la sera. Non esiste proprio. Forse ai livelli più bassi è ancora peggio. Devo dire che quello del tennis non è proprio un bello ambiente. Non mi piace molto. Vado avanti perché il tennis è la mia passione, ma l’ambiente è veramente brutto. Una persona che con me è stata molto gentile e disponibile è Sara Errani. Lo scorso anno, durante il torneo del Lussemburgo, le chiesi di allenarsi con me e lei accettò subito. Fu molto bello e divertente. Ci fermammo anche a parlare al termine dell’allenamento. È stata davvero molto carina.

Quanto è difficile per un tennista con una classifica di medio-basso livello mantenere un’attività agonistica?
È difficile. Molti non ce la fanno. Non hanno magari la fortuna di poter essere aiutati economicamente dalla famiglia o non hanno il supporto delle federazioni. Gli sponsor non ci sono. I miei genitori mi aiutano moltissimo. Senza di loro non ce la farei. Ma cerchiamo il più possibile di evitare l’aereo, viaggiamo soprattutto con la macchina. Pensa che siamo andati fino a Minsk con la macchina! Alloggiamo soprattutto negli appartamenti che costano anche meno degli hotel e ti danno la possibilità di cucinare in casa invece di essere costretti ad andare al ristorante. Però le spese ci sono, e sono tantissime. Il tennis è sempre più costoso. Senza un aiuto economico non vai da nessuna parte. Qui in Germania, per allenarmi all’accademia, mi chiedono dai 2500 ai 3500 euro al mese. Sono fortunata perché in pratica mi alleno soltanto con mio padre, a volte con qualche ragazzo che conosco che mi fa da sparring o con la macchina spara palla e così mi limito a pagare il campo. Cerchiamo di arrangiarci. Ma a livello generale è veramente complicato. Molti non ce la fanno a sostenere le spese, saltano i tornei proprio per questo. La federazione migliore da questo punto di vista è quella francese. Quelle italiana e tedesca non se ne parla proprio.

Aumentare i montepremi dei tornei minori potrebbe essere una soluzione?
Se aumenti i montepremi i tornei sono ancora più pieni e diventa ancora più difficile entrare per chi non ha classifica. Persino nelle qualificazioni. Devi avere i soldi, questo è il fatto. Devi mantenerti da sola. Io ad esempio ho sempre lavorato. Aiuto i miei genitori nell’attività di famiglia. Faccio le pulizie nel condominio di nostra proprietà e riesco a mettere da parte un piccolo stipendio che unito all’aiuto che mi danno i miei genitori mi permette di continuare a girare nei vari tornei.

Il tuo sogno più grande e l’obiettivo a breve termine.
L’obiettivo è sistemare la testa, innanzitutto. E poi vorrei riuscire a giocare le qualificazioni per gli US Open. Non sarà semplice, ma l’obiettivo è quello. Arrivare fino alla top 200. Dovrà andare tutto bene per due, tre mesi, speriamo. Il sogno neanche a dirlo… ovviamente vincere uno Slam.

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