ATP Madrid, Match of the Day: lo spettacolo di Kei Nishikori e Nick Kyrgios

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ATP Madrid, Match of the Day: lo spettacolo di Kei Nishikori e Nick Kyrgios

Grandi emozioni nell’incontro di quarti di finale vinto da Kei Nishikori contro Nick Kyrgios. A raccontarcelo il nostro inviato a Madrid

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dal nostro inviato a Madrid

Se ieri Pablo Cuevas aveva rappresentato per Nick Kyrgios la prova del nove, oggi Kei Nishikori era per l’australiano un esame di laurea. Non la tesi, certo, ma un esame di quelli tosti, di quelli insomma che quando te li sei tolti dalla testa dormi bene per una settimana.

Il giapponese era stato a due punti dall’eliminazione contro Fabio Fognini, con l’italiano che aveva servito per il match prima di sciogliersi nel finale, per poi andarsi a prendere la prima vittoria (dopo sei sconfitte) contro il francese Gasquet. Nei giorni scorsi Nishikori ha dichiarato di sentirsi bene fisicamente (anche se a vederlo deambulare per il campo tra un punto e l’altro non si direbbe proprio…), meglio di quando raggiunse qui la finale due anni fa (e vorrei vedere, fu costretto a ritirarsi per il mal di schiena…), ma anche il suo avversario non è da meno. Anzi. Nick sprizza salute e fiducia da ogni poro, ieri è stato in campo più di due ore per avere ragione dell’ostico uruguaiano e altri venti minuti per accontentare tutti i numerosi fans con tanto di autografi e selfie, uno per uno.

Il teatro della contesa è il secondo centrale, quell’Arantxa Sanchez Stadium che, per la sua atmosfera più intima e raccolta e il calore trasmesso dal pubblico, ha regalato a noi e agli spettatori le partite migliori del torneo. Come altre volte durante la settimana, c’è il tutto esaurito e ben mi va che ho un posto riservato in tribuna stampa altrimenti sarei costretto a guardarlo nel monitor. E decisamente non sarebbe la stessa cosa.

Tutt’intorno al campo è una distesa di bandiere del Sol Levante ma la maggioranza dei 2.500 fortunati sono per Kyrgios. L’australiano gigioneggia, alterna urlacci a sguardi dolci, scuote la testa e si lascia andare a soliloqui che nemmeno al suo angolo sono in grado di tradurre ma quando, spazientito, intima un eloquente “BALL!” alla povera raccattapalle di sinistra, rea di non aver ancora capito che lui non tiene la seconda palla in tasca e, quando sbaglia la prima, bisogna dargliene un’altra (come faceva Sampras, del resto, anche se credo che Pete non abbia mai infierito sui ball-boys…), piove anche qualche fischio di disapprovazione.

Nick è uno che lo ami o lo odi, senza vie di mezzo. E non puoi non amarlo quando si inventa il colpo del giorno, se non del torneo, lobbando Nishikori proiettato ingenuamente a rete con un tweener di rara precisione. Io preferisco vedere la sostanza e, pur tra alti e bassi, il ragazzo di Canberra sa essere quadrato molto più di quanto appaia. Ecco perché, nel gioco decisivo del primo set, pur trovandosi sotto di un mini-break, Kyrgios non si disunisce, rema in difesa a fondo campo e appena Nishikori gli concede una fessura lui entra e si riporta a galla con un crossettino stretto di rovescio che mostra quanto sappia toccare la palla. Poi, d’accordo, ci sono anche i due ace (con tanto di cellulare che squilla su una seconda) attorno ai 200 all’ora con cui va prima a set-point e poi chiude 8-6 il quarto tie-break consecutivo vinto qui alla Caja.

Il Sanchez è una polveriera, il pubblico salta in piedi e una parte non torna a sedersi perché nel frattempo sul Manolo Santana (se ha smesso di piovere dentro) è iniziato Nadal e qui, per chi ancora non l’avesse capito, Rafa è un’istituzione e il fatto che il suo avversario sia Joao Sousa non cambia i termini della faccenda. Molti però rimangono perché la qualità della sfida è più che eccellente. Il secondo set è la fotocopia del primo con la differenza che è Kyrgios a servire per primo e Nishikori a inseguire, ma solo nello score. Le occasioni anche solo per pensare che uno dei due possa perdere la battuta sono davvero rare e, in mancanza di pathos, ci si consola con la qualità degli scambi che rimane elevata.

Kei lo conosciamo da una vita, non si arrende mai e corre come un furetto; Nick invece è una continua sorpresa, nel bene e nel male. Più bene, a dire il vero. Il dritto è sostanzioso, con un top-spin pesante che lascia intravedere come il progetto di aumentare i campi in terra battuta in Australia stia iniziando a dare i suoi frutti; il rovescio invece sembra più vulnerabile, quantunque la sensibilità di Kyrgios compensi una forse eccessiva staticità nell’esecuzione. Tuttavia, soprattutto quando può appoggiarsi alla velocità del colpo avversario, raramente Nick perde la misura del campo. Perde invece le staffe, il ragazzo di Canberra, quando si trova sotto 0-3 nel secondo tie-break. A farne le spese è la sua Yonex (il cui maltrattamento gli costa un warning) e di seguito la concentrazione: Kei chiude 7-1, fa il pugnetto e a Kyrgios non resta che ciondolare la testa.

Dopo un torneo così duro, è inevitabile che l’australiano perda tranquillità e il primo (e unico) break del match lo condanna alla sconfitta. Con Kyrgios però non si sa mai; Nishikori concede tre palle del contro-break nel settimo gioco ma se le gioca tutte con molta cura, sale 5-2 e serve per la semifinale sul 5-3. Qui va 40-0, illude Nick staccando la spina per un minuto ma il canguro non ha più la stessa intensità e si arrende. Il samurai non ha fatto harakiri e ha rimandato a tempi più propizi l’esplosione di Kyrgios, che però sta facendo le prove generali per entrare nel salotto buono del tennis maschile. Potrebbe suonare strano ma non è così.

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