Non saprei come dirla meglio. Tolto il totem (Clerici), e ovviamente i presenti (ubitennis), Picasso Petzschner è di gran lunga il miglior scrittore di tennis in Italia. Poco importa se lo conosciamo in quindici, se non ha mai pubblicato un libro e se non sappiamo nemmeno il suo vero nome. Dovete “accontentarvi” di andare sul suo blog dal titolo azzeccatissimo: Tennis e Psiche (1). Decine e decine di pagine sul tennis tra satira sociale, spleen esistenziale e pennellate d’autore. Avete presente Bukowski dopo una notte di whisky che va a scommettere sulle corse di cavalli? Dove gli altri vedono dollari e adrenalina lui vede una cruda radiografia della vita che cola bellezza andata a male da tutti i pori. Fatte le dovute proporzioni Picasso Petzschner, gioca la stessa partita. Sostituite il whisky con birra Peroni spuntata, Los Angeles con Tor Pignattara ma è sempre vita cruda quella che viene fuori dalla sua penna. Quasi che su quelle tele immaginarie, che ci ostiniamo a chiamare campi di tennis, si possano davvero divinare i destini e le miserie degli esseri umani.
Dimenticatevi la cronaca, i numeri, l’obiettività e il politicamente corretto. Nella poetica di Picasso la bellezza di un gesto, meglio ancora se perdente, è in grado di riscattare una vita anonima fatta di pomeriggi afosi trascorsi su divani comprati su Postal Market. Credo che se gli chiedessero chi è il più grande giocatore di tutti i tempi lui risponderebbe serissimo: “McEnroe”. “E tra quelli in attività?”. “McEnroe”, e non sarebbe una battuta. Le affermazioni di Picasso Petzschner sono contemporaneamente insostenibili e aggrappate a un grumo di verità disarmante. Sostenere, ad esempio, che una volée di Mc sessantenne vale più di tutti i titoli di Djokovic non è una mera provocazione ma cibo purissimo anche se buono solo per pazzi e poeti. Mi sono innamorato di Picasso leggendo proprio la cronaca di uno degli ultimi ruggiti di Mc. In quella partita che per tutti i cronisti era l’orgoglioso crepuscolo di un campione, Picasso legge dallo schermo di TeleKapodistria la fine di un’intera epoca e forse della sua adolescenza. In un romanzo tutt’ora inedito (2) sostiene che morto Mc, morto Maradona, tramonta l’epoca in cui un individuo può da solo sfidare il mondo, e vincere. Dagli anni Novanta in poi s’imporrà la dittatura del collettivo, delle metodologie, delle statistiche. Il modello professionistico del Milan di Sacchi trionferà su scala globale e con tutto l’affetto del mondo Messi non è e non sarà mai Diego Armando Maradona (3).
Così come Federer non sarà mai McEnroe. Più vincente, più completo, più grande, più tutto ma non quella cosa lì, che non si può nemmeno definire ma ha la stessa intensità di certi sguardi in terza media di una compagna di scuola che ti cambieranno (in peggio) la vita per sempre. Occhio però, Picasso non è mera letteratura velata di tensione poetica fine a se stessa. Picasso ne capisce di tennis e tanto. Con i suoi consigli sulle quote scommesse dalle birre Peroni sono passato a quelle artigianali, e grazie a lui ho conosciuto in anticipo sul grande pubblico Maria José Martinez, Romina Oprandi, Paire e ovviamente Adelchi Virgili il talento italiano più cristallino. Uno che nei giorni buoni può lasciare fermi i top ten, solo che quei giorni non sono ancora arrivati e non arriveranno mai.
In Italia non si diventa famosi scrivendo, figuriamoci scrivendo di tennis. Se poi si scarica tutta la propria energia esistenziale su un piccolo blog celebrando i perdenti il destino è segnato. Il lusso di questa rubrica è quello di esplorare la letteratura tennistica, nel suo senso più ampio, sicuri che ogni parola scritta rastrellata allarga quel perimetro rettangolare con la rete in mezzo che solo i miopi scambiano per realtà e i ragionieri per sport.
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(1) http://tennispsiche.blogspot.it/
(2) Quando ho scritto il mio libretto “Federer e Freud. Cronache di una malattia“, ho contattato Picasso per una prefazione. Qualche tempo dopo mi ha inviato il romanzo in questione.
(3) Ehm, vale più una punizione di Diego sessantenne che tutti i goal di Messi. E chiaramente tra una stopvolley di Gianluca Pozzi e i 14 slam di Nadal che ve lo dico a fare.