Murray torna con Lendl, l'intervista: "Mi piace Ivan, non ti dice 'bravo' e basta"

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Murray torna con Lendl, l’intervista: “Mi piace Ivan, non ti dice ‘bravo’ e basta”

Andy Murray, già presente al Queen’s Club di Londra per difendere gli Aegon Championships, ha parlato in una lunga conferenza stampa per motivare il suo ricongiungimento professionale con Ivan Lendl. L’ex-campione naturalizzato statunitense lo aveva portato a vincere l’accoppiata londinese Wimbledon-medaglia d’oro olimpica

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Dal nostro inviato a Londra

La notizia tennistica del giorno, molto probabilmente, è quella del ritorno di Ivan Lendl nel team di Andy Murray. Lo scozzese, che sotto la guida del dominatore del circuito ATP nei tardi anni ’80 aveva conquistato Wimbledon e l’oro olimpico che si appresta a difendere a Rio, ha annunciato il ricongiungimento professionale tra i due, dopo la controversa fine della partnership con Amelie Mauresmo. Per ufficializzare la questione, era stata indetta una conferenza stampa al Queen’s Club di Londra: la conferenza stampa è stata posticipata, poi anticipata alla tarda mattinata, poi fatta slittare alla tarda ora di pranzo e ha infine trovato la sua sistemazione alle sei meno un quarto, ora di Greenwich.

Murray si è presentato a microfoni e telecamere dichiarando che “Ivan si è sempre trovato bene con me, può aggiungersi con successo al mio team che considero molto solido”. I due si erano parlati qualche volta durante gli ultimi anni, e dopo il Roland Garros un meeting tra i loro manager ha rivelato un grande interesse da parte di entrambi a riprendere la collaborazione. Lendl ha telefonato quindi a Murray “per testare quanto fossi motivato”“Solitamente tra allenatore e giocatore si lavora ragionando un anno alla volta, ma sarei molto felice se la partnership potesse proseguire più a lungo”, ha spiegato il finalista di Parigi, rispondendo a chi domandava se si trattasse di un esperimento temporaneo in vista di Wimbledon – dove Lendl non riuscì mai a trionfare da giocatore. Il discorso è quindi virato su Djokovic: “L’obiettivo è vincere gli Slam, e al momento per farlo è necessario battere Novak. Ma voglio lavorare al mio tennis a prescindere dagli avversari, in modo da essere pronto ad affrontare i migliori senza dover cambiare stile di gioco. Giocare l’intero torneo in un modo e poi cambiare per la finale, dopo aver lavorato allo stesso modo per due settimane” è secondo Murray poco produttivo.

Lendl potrà portare di nuovo in dote “la sua grande esperienza come campione, come la scorsa volta”, cosa che forse Mauresmo non era in grado di fare, viste le differenti dinamiche del circuito WTA rispetto a quello ATP. “Ci sono aspetti psicologici ma anche tattici e fisici”, precisa ad ogni modo lo scozzese. Di certo i termini delle due separazioni non hanno nulla in comune, dato che “Quando ci siamo separati non c’è stato alcun litigio, avrei voluto continuare a lavorare con lui e durante gli ultimi anni avrei avuto piacere a tornare a farlo. Ma essere un coach è un lavoro a tempo pieno” e probabilmente nel 2014 l’otto volte vincitore Slam decise di farsi da parte, in seguito all’infortunio alla schiena di Andy, anche perché non era in grado di dedicarsi completamente a lui. Adesso invece i due saranno in grado di passare buona parte del tempo insieme: “adesso sono più flessibile in termini di quando e dove allenarmi, non ho problemi ad allenarmi in Florida”, dove Lendl oggi risiede e si occupa della carriera nel golf delle figlie Marika e Isabelle. E “durante le settimane in cui non saremo insieme, avrò comunque il mio team col quale mi trovo molto bene”. Non è ancora chiaro, però, se le Olimpiadi di Rio de Janeiro faranno parte delle settimane in questione.

“Durante le ultime settimane un certo numero di altre persone si era proposto per farmi da allenatore, ha confessato Murray. Ma ha deciso di scegliere qualcuno di cui si fida, “un leader di personalità, con opinioni forti, ma capace di fare un grande lavoro di squadra”. Questo si traduce in atteggiamenti che allo scozzese sono sempre piaciuti: ha portato l’esempio della semifinale del primo Slam nel quale lui e Lendl hanno collaborato, quella persa a Melbourne 7-5 al quinto contro Djokovic: “È venuto da me e non mi ha detto ‘bravo, bel lavoro’ ma mi ha chiesto come pensavo di poter vincere un match del genere la volta successiva, in uno di quei momenti in cui non vuoi parlare, ma è il tuo lavoro a chiederti di analizzare l’incontro appena finito. Molti allenatori ti fanno i complimenti dopo una vittoria, a prescindere da come hai giocato, e ti dicono che hai giocato in modo terribile quando perdi a prescindere dal modo in cui hai perso”.

“Mi sento molto bene fisicamente, dopo la più lunga stagione su terra della mia carriera in termini di match”, conclude Andy, molto sicuro di sé. E se “negli ultimi tempi ho giocato bene e meno bene, forse con Ivan giocavo meglio con più continuità” è probabile che Lendl si troverà davanti un Murray nuovo, più sereno e senza dubbio più maturo. È tempo di lasciare la sala stampa e di far parlare il campo, e chissà che non sia questo ritorno di fiamma, l’elemento giusto per superare anche l’avversario più insuperabile.

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