Racconti
Racconti dal XX secolo: il Mago e il Cavaliere. Norman Brookes e Tony Wilding
Con questo articolo diamo il via ad una nuova rubrica: racconti dal XX secolo vi farà compagnia ogni terzo martedì del mese e verrà curata da Raffaello Esposito. Si comincia con qualcosa che cercando sul planisfero non troverete di certo. Ma il Reame d’Australasia è esistito veramente in un tempo lontano e la magica storia dei suoi campioni più grandi vale la pena di essere raccontata. E tramandata

Siamo ai primi del secolo scorso, due nazioni lontane da tutto ma vicine fra loro si uniscono sotto questo esotico nome per prender parte alla dispendiosa tenzone della Coppa Davis. E fino al 1923 niente sarà più come prima. Australia e Nuova Zelanda hanno appreso il tennis quasi per osmosi dalla madrepatria inglese, insieme a Rugby e Cricket. Ed è a quella stessa madrepatria che stanno per dare scacco matto con due alfieri dalla classe cristallina, un destro e un mancino diversi come il giorno e la notte.
La notizia della partecipazione alla Davis è ufficiale da poco quando, nella primavera del 1905, in Inghilterra, un tennista neozelandese di ventidue anni bello come un dio si reca a bordo della sua moto ad un torneo per conoscere quello che è appena diventato il suo compagno di squadra. Riesce ad avvicinare il collega negli spogliatoi prima della finale, “Norman Brookes, I suppose” potrebbe aver detto ricordando l’incontro fra Stanley e Livingstone. E poi “pensate di riuscire a vincere oggi?”. L’altro uomo è compunto, un viso intenso dalla carnagione olivastra e lunghe mani nervose. Gli occhi sono due lame mentre risponde con un cenno e poche parole schiette: “Vincere? Perbacco! Sarei dannatamente sorpreso se non riuscissi a vincere”. Tony Wilding e Norman Brookes, tanto solare, allegro e aperto l’uno quanto riservato, orgoglioso e riflessivo l’altro. Ma è nota la fine che fanno gli opposti. I due diventano amici e scriveranno gloriosi capitoli di storia del gioco.
Norman Brookes nacque in Australia a St. Kilda, nello stato di Victoria, il 14 novembre 1877, pochi mesi dopo la prima edizione di Wimbledon. Se non è destino questo… Figlio di un inglese partito da Liverpool con poche sovrane in tasca per divenire laggiù milionario, incarnerà perfettamente la morale calvinista e poi anglicana che interpreta il successo in terra come segno della grazia divina. Erede di un impero economico e uomo d’affari di vaglia, pratica golf e cricket ad altissimi livelli e impara tattica e colpi del tennis da completo autodidatta sul campo di casa a Brookwood. All’età di venticinque anni però il suo gioco è ancora limitato ad una grezza spinta dal fondo, fatica a migliorare e appare senza prospettive. Quando giunge l’uomo del destino.
Il dottor Wilberforce Eaves era uno di quegli inglesi “viaggiatori del mondo” tanto cari alla letteratura. Di diec’anni più anziano di Brookes, ottimo tennista e gran tecnico, chirurgo in Sudafrica durante la guerra anglo-boera, frequenta Wimbledon quasi ininterrottamente dal 1890 al 1911 con ottimi risultati e si aggiudica il bronzo nel torneo olimpico di Londra 1908. Nel 1902, in uno dei suoi numerosi soggiorni australiani, si imbatte in questo giovanotto mancino, serio, orgoglioso e duro come il legno di tek. Il suo istinto avverte qualcosa in lui. Forse è l’innata coordinazione, o più probabilmente l’insopprimibile volontà di primeggiare di quegli occhi neri come la pece che sembravano sapere sempre dove sarebbe caduta la palla. Il dottore prima lo batte al quinto nella finale dei campionati del Nuovo Galles del Sud, poi lo prende sotto la sua ala e come Michelangelo scalpella via tutto il superfluo dal blocco di marmo lasciando emergere l’opera d’arte. “It’s time I used my head as well as my racquet” pensa Norman mentre apprende ad una velocità che solo il talento puro può spiegare e quando la metamorfosi è completa il suo gioco è irriconoscibile. La battuta è ora un’arma letale. Potente o piazzata e carica di spin lo proietta a rete costantemente per chiudere il punto con volée sempre indirizzate nel palmo di campo più lontano dall’avversario. Brookes padroneggia ogni tipo di effetto, cambia istintivamente presa più volte nel corso dello stesso scambio e la sua naturalezza unita all’estrema sensibilità di mano gli valgono un appellativo che comincia a viaggiare per il mondo. Diventa per tutti “The Wizard”, lo stregone. È lo stesso Eaves che, tornato in Inghilterra, magnifica in un articolo del 1903 le lodi della scuola australiana e di un giovanotto in particolare che ha imparato in poche ore il servizio twist. Predice che un giorno vincerà a Wimbledon. E il giorno arriva in fretta.

Norman Brookes nel 1919. La racchetta è sempre quella…
Siamo in un’altra era, il tennis è ancora solo il passatempo della classe dirigente, riservato a uomini che possono permettersi il lusso di viaggiare e mantenersi a proprie spese. I fratelli Doherty regnano sul gioco,
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Flash
Match fixing, in Belgio riprende il processo alla rete criminale internazionale: sospetti su centinaia di match
Sull’Equipe le cifre impressionanti che risulterebbero dalle indagini degli inquirenti: complessivamente oltre otto milioni di euro

Sull’Equipe di lunedì 21 marzo Alban Traquet è ritornato sulla vicenda dei match truccati e del processo all’organizzazione che avrebbe gestito scommesse e pagamenti. Una rete che vede accusato principale in un processo in corso in Belgio Grigor Sargsyan, detto “il Maestro”, personaggio a capo di una rete criminale armena che avrebbe approfittato delle falle del circuito internazionale per avvicinare e corrompere giocatori francesi e non.
Una piaga che si è propagata al di sotto dei radar e dei media (la maggior parte di questi tornei non sono ripresi dalla televisione) e grazie anche all’anonimato dei gradi più bassi del tennis professionistico. L’inchiesta avrebbe permesso di identificare, secondo l’accusa, 376 incontri sospetti tra il febbraio e il 2014 e il giugno del 2018, in una rete di corruttela che implicherebbe 182 giocatori di più paesi (alcune audizioni hanno avuto luogo in Belgio, in Francia, in Germania, in Slovacchia, Bulgaria e Stati Uniti) e l’apertura di 1671 conti per l’organizzazione criminale.
Presente all’apertura del processo, il 17 marzo presso il tribunale di Audenarde, in Belgio, Sargsyan, che ha scontato 8 mesi di carcerazione preventiva dopo l’arresto, continua a negare i fatti attribuitigli. Interrogato all’uscita del Palazzo di Giustizia, ha rotto brevemente il silenzio dichiarando: “i miei demoni per i soldi facili sono morti e sepolti. Mi rimetto alla giustizia”. La ripresa del dibattito è prevista per il giorno 24 marzo.
La vicenda ha avuto inizio nel 2015 dopo un segnale dato da più operatori all’interno della Commissione per i giochi d’azzardo, in Belgio. Gli attori principali sono tennisti dai bassissimi guadagni, in generale sotto la duecentesima posizione del ranking.
La vita di chi bazzica i tornei Challenger o Futures costa cara (alberghi, trasporti, pranzi) e non è granché redditizia. In queste condizioni può essere forte la tentazione di perdere un set o un game in cambio di qualche centinaia o migliaia di euro. Il pubblico ministero belga nelle sue conclusioni evoca “un esercito di soldati facilmente avvicinabili proprio per motivi di premi bassi e alti costi di partecipazione ai tornei”.
Tra questi soldati deboli ci sarebbero parecchi giocatori francesi. Alcuni sono già stati puniti come Mick Lescure e Jules Okala, sospesi a vita da dicembre. La testimonianza di uno di questi, interrogato nell’ambito dell’inchiesta francese sullo stesso argomento, ben figura nel dossier battezzato “Oryan”.
Il giocatore in questione ha spiegato di aver partecipato a dei match truccati su richiesta del “Maestro”, e che sarebbe ugualmente servito come intermediario tra Sargsyan e altri giocatori, servigio per il quale avrebbe ricevuto una somma di denaro. Avrebbe infine riconosciuto di avere ugualmente truccato dei match di doppio all’insaputa del suo compagno di squadra.
Ha poi raccontato dei pagamenti In banconote alla Gare du Nord a Parigi, all’aeroporto di Roissy o a Forest, a sud di Bruxelles. Ha parlato dei messaggi attraverso Telegram, dei codici utilizzati e delle tariffe: 400 euro per un game perduto in ogni set per il singolare, 2.000 euro per un match di doppio perduto in due set.
Gli inquirenti hanno analizzato minuziosamente le entrate sospette sul suo conto, e hanno trovato 40.000 euro da aprile 2016 a giugno 2018, soldi provenienti da 9 conti correnti diversi.
Il Parquet Federal ha concluso che più di 560000 euro “sporchi” sono stati redistribuiti ai giocatori coinvolti, in cambio dei loro favori “racchetta in mano”. Se la combine per qualche motivo non poteva essere effettuata, il giocatore implicato dichiarava forfait, annullando così la scommessa. In totale più di 8 milioni di euro sono transitati tra giugno 2016 e il marzo 2018 su un conto numerico utilizzato dell’accusato numero 2 nel dossier belga, Andranik M. , presunto responsabile finanziario della rete criminale.
Secondo le conclusioni dell’inchiesta Sargsyan utilizzava diversi metodi per evitare di essere smascherato. Tra marzo e agosto 2017 avrebbe utilizzato 18 numeri di telefono e 8 cellulari diversi, consegnando ai giocatori con cui comunicava diverse schede SIM.
Si sono costituite parte civile la ITF, l’ITIA (International Tennis Integrity Agency) e la FFT. “E’ un grosso affare, dentro il quale si possono trovare parecchie prove; ben organizzato e con tantissimo denaro circolante” – commenta il rappresentante dell’ITIA – “la punta di un iceberg, dalla quale si ha una buona vista d’assieme del fenomeno”.
ATP
Insider Expeditions sceglie i fratelli McEnroe come icone per un viaggio in Tanzania
I fratelli McEnroe ambasciatori del tennis in Tanzania: la storia

Un progetto di integrazione tra sport e conoscenza dei territori sarà attuato da Insider Expeditions nel prossimo dicembre. L’azienda, leader nell’organizzazione di viaggi internazionali per lavoro o divertimento, ha annunciato una partnership con John e Patrick McEnroe per portare queste due leggende del tennis in Tanzania. In collaborazione con il governo, i fratelli McEnroe saranno accompagnati da ben 120 appassionati di tennis durante uno speciale viaggio di otto giorni che includerà l’inaugurazione di un nuovo campo da tennis nella pianura di Serengeti.
“Siamo entusiasti di dare il benvenuto a John e Patrick McEnroe e ai loro ospiti in Tanzania per questo evento speciale di dicembre 2023”, ha affermato Samia Suluhu Hassan, la presidente della Tanzania. “Il nostro paese – prosegue – continua a crescere grazie a sforzi come questo, tesi a mettere in evidenza i territori e le tipicità locali. L’aggiunta di un elemento speciale come il tennis ci aiuterà anche nel diffondere altre discipline sportive oltre al calcio. Serve dare nuove possibilità ai giovani, fornire loro testimonianze di altri stili di vita . E’ il calcio a farla da padrone in quelle fasce d’età, ma ovviamente l’esperienza di queste leggende potrebbe aiutarci tantissimo a far crescere uno sport come il tennis”.
John McEnroe si dice entusiasta dell’iniziativa: “Io e la mia famiglia non vediamo l’ora di fare un viaggio molto emozionante in Tanzania, dove avremo la possibilità di far consocere il tennis ai giovani, probabilmente per la loro prima volta”.
Il viaggio di lusso includerà una partita di tennis tra i fratelli McEnroe nel mezzo del Serengeti, una delle destinazioni più iconiche dell’Africa. L’itinerario comprende i migliori parchi nazionali della Tanzania tra cui il cratere di Ngorongoro e il Serengeti che ospitano numerosi uccelli e rettili.
Fauna selvatica impareggiabile, culture locali e paesaggi mozzafiato si uniscono per produrre quella che viene spesso descritta come la vacanza da sogno. Realizzare questo percorso accanto a leggende del tennis arricchirà l’esperienza in maniera esponenziale.
ATP
ATP Rotterdam: Omar Camporese nel 1991 unico italiano vincitore in Olanda, fu il primo titolo del bolognese
Prima di Jannik Sinner, solo il bolognese aveva raggiunto l’ultimo atto. Memorabile la finale vinta contro l’allora n. 3 mondiale Ivan Lendl. L’azzurro rimontò vincendo due tie-break consecutivi con tanto di match point cancellato nel terzo set

Nella storia del torneo di Rotterdam (qui l’intero albo d’oro), denominato ufficialmente con la dicitura ABN AMRO Open e appartenente alla categoria dei ‘500’, solo un tennista azzurro si era spinto sino all’ultimo atto prima di Jannik Sinner – come abbiamo già ricordato anche sulla nostra pagina Instagram. Si tratta di Omar Camporese, al quale non solo l’impresa nel 1991 riuscì ma addirittura fu enfatizzata dalla conquista del titolo. Per il bolognese, quella in terra olandese fu la seconda finale della carriera a livello ATP; la prima l’aveva disputata un anno prima vicino casa a San Marino perdendola contro l’argentino – nativo di Tandil come Juan Martin Del Potro – Guillermo Perez-Roldan. Successivamente, l’ex n. 18 ATP – suo best ranking – ottenne fino al termine della sua vita di professionista della racchetta – che appese nel 2001- una sola altra finale: nel febbraio del 1992, quando a Milano sconfisse Goran Ivanisevic alzando al cielo meneghino il secondo ed ultimo trofeo della sua carriera.
All’inizio dell’evento orange, Omar era n. 54 del ranking mondiale: vinse il primo turno in tre parziali contro il tedesco Eric Jelen, a cui invece seguirono due successi senza perdere set ai danni dell’austriaco Alex Antonitsch e del ceco Karel Novacek. Dopodiché fu la volta della grande battaglia in semifinale con l’idolo di casa Paul Haarhuis, che attualmente ricopre il ruolo di Capitano di Coppa Davis dei tulipani, sconfitto al tie-break del terzo.
In finale ad attenderlo, c’era il n. 3 del mondo e prima testa di serie del tabellone Ivan Lendl, già vincitore delle sue 8 prove dello Slam: l’ultima nel 1990 in Australia contro Stefan Edberg. Perso il primo set, Camporese vinse il secondo 7 punti a 4 nel sempre dirimente dodicesimo gioco ed infine dopo aver anche cancellato un match point sul 5-4 e servizio; si aggiudicò pure il tie-break finale – ancora per 7-4 – che suggellò il suo primo storico trionfo in carriera sublimato dall’essersi dimostrato superiore nel confronto, valevole per il titolo, con uno dei mostri sacri della storia di questo sport.
Ma soprattutto, quello storico successo italico maturato a Rotterdam 32 anni fa assunse connotati emotivamente ancora più intensi grazie alle voci che accompagnarono le gesta di Camporese nel suo straordinario cammino e che fanno riecheggiare tutt’oggi il ricordo delle emozioni vissute nel cuore di quelli appassionati che ebbero la fortuna di poter assistete all’evento o che l’hanno recuperato successivamente tramite la piattaforma di YouTube – per quei pochi che non l’avessero fatto, potrete rimediare a fine articolo -. Al commento, infatti, di quell’incredibile finale contro il campione ceco in postazione telecronaca, rigorosamente dal vivo sul posto e non da tubo – come si suol dire in gergo giornalistico – per Tele+ c’erano il Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta e il compianto Roberto Lombardi.
(match completo con commento lo trovate nel video in basso)
I followers Instagram di Ubitennis potranno seguire il “Punto di Ubaldo” in un minuto a caldo appena conclusa la finale odierna.
Circa 30 minuti dopo la conclusione, Ubitennis pubblicherà sul sito e sul canale YouTube di Ubitennis un commento più articolato del direttore.