Racconti dal XX secolo: il Mago e il Cavaliere. Norman Brookes e Tony Wilding - Pagina 2 di 2

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Racconti dal XX secolo: il Mago e il Cavaliere. Norman Brookes e Tony Wilding

Con questo articolo diamo il via ad una nuova rubrica: racconti dal XX secolo vi farà compagnia ogni terzo martedì del mese e verrà curata da Raffaello Esposito. Si comincia con qualcosa che cercando sul planisfero non troverete di certo. Ma il Reame d’Australasia è esistito veramente in un tempo lontano e la magica storia dei suoi campioni più grandi vale la pena di essere raccontata. E tramandata

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Gran Bretagna e Stati Uniti fanno la parte del leone e la Coppa Davis inaugurata nel 1900, pur essendo formalmente aperta a tutti, è un fatto esclusivamente loro. Ed ecco che nella primavera del 1905, dall’angolo più lontano del mondo, sbarca in Inghilterra questo australiano di 27 anni che fa strage di rivali nei tornei preparatori e fra altisonanti articoli di giornale arriva dritto filato al challenge round sulla sacra erba del Centre Court. Un fastidioso stiramento non gli consente poi di giocarsela alla pari contro Laurie Doherty, forse ancora superiore al tempo. “Little Do” lo batte in tre set ma il passaggio di consegne è già avvenuto. Due anni dopo nessuno può fermare Lo Stregone e la sua racchetta lievemente appiattita in testa dalla quale escono parimenti folgori e carezze. La battuta lascia sempre esterrefatti, la maestria nel gioco a rete e nella tattica pure. L’inglese Arthur Gore, che sarà tre volte campione a Wimbledon, viene massacrato in finale con il punteggio di 6-4 6-2 6-2 e l’australiano diventa il primo non britannico, e il primo mancino, a trionfare a Londra. Prima di Johnny Mac e Jimbo, prima di Laver e Drobny c’è stato lui.

Anthony Wilding nasce sei anni più tardi a Christchurch, Nuova Zelanda, il 31 ottobre 1883. Il padre Frederick era stato una promessa di cricket e atletica leggera prima di dedicarsi alla professione legale e certamente tutto il suo talento fisico venne trasmesso al figlio. Tony cresce forte, felice e… scalzo esplorando senza posa i dintorni della grande casa fuori città. “…nessuno di noi indossava mai scarpe o calze in gioventù e i vetri per terra dovevano essere molto affilati per destare in noi una qualche impressione”. L’amore per la vita all’aria aperta lo accompagna anche in età adulta, quando preferirà sempre utilizzare la sua veloce motocicletta Bat Jap per spostarsi da un luogo all’altro, dormendo sempre con le finestre aperte se non addirittura sul balcone col fido sacco a pelo. È soffrendo come un dannato nei lunghi viaggi in treno se gli veniva impedito di abbassare i finestrini dello scompartimento. Il tennis lo rapisce all’età di quattordici anni, quando in uno dei week-end di svago organizzati a casa viene a mancare il quarto per un doppio. Gioca in coppia col padre che lo apostrofa con secchi: “Boy, what are you doing?” se Tony manca una facile chiusura o commette doppio fallo. È amore. Wilding gioca e migliora costantemente, a diciassette anni vince i campionati della provincia di Canterbury sconfiggendo al quinto set di una durissima finale proprio Mr. Hartman, abituale compagno di doppio del padre. “Mi ero allenato duramente per quel torneo, come se avessi dovuto correre una maratona. Mi fu subito chiara l’importanza di una forma fisica perfetta per vincere incontri importanti” ricorderà anni dopo.

Tony Wilding e la fedele Bat al termine della "Land's End to John o'Groats"

Tony Wilding e la fedele Bat al termine della “Land’s End to John o’Groats”

I tempi sono maturi e nel 1902 un Wilding diciannovenne si imbarca sul piroscafo Delphic, direzione Cambridge, Inghilterra. Nelle sei settimane di traversata si dedica allo studio del greco, materia a lui ignota ma necessaria per l’ingresso nell’ateneo inglese. Il vascello attraversa una tremenda tempesta nel doppiare Capo Horn e forse a questo si deve la diffidenza perenne che sempre ebbe per il mare. Ormai alea iacta est e il suolo europeo sarà d’ora in avanti il principale teatro delle sue imprese. Studia con profitto ma la testa è altrove, un momento negli spazi aperti della campagna inglese e l’altro su un rettangolo di gioco con i corridoi. A Cambridge il biondo e atletico Tony è subito una celebrità, il suo spirito fair unito a gentilezza e signorilità ne fanno un idolo dovunque vada e numerose foto lo ritraggono circondato da gentili damigelle adoranti quasi fosse un attore. Dove Brookes è dotato, Wilding è metodico.

Consapevolmente privo dell’enorme talento dell’amico, Tony costruisce mattone su mattone un gioco che diverrà solido come una fortezza, condotto con potenza instancabile dalla riga di fondocampo grazie ad un fisico da superuomo. Saranno anni splendidi, eroici e tragicamente brevi quelli che lo vedranno sfrecciare attraverso l’Europa sulle amate due ruote vincendo tornei su ogni superficie e quattro Wimbledon consecutivi fra il 1910 e il 1913. Ma il tennis non gli basterà mai. Nel 1908 si aggiudica una medaglia d’oro alla “Land’s End to John O’Groat’s”, massacrante raid motociclistico di quasi 1400 chilometri fra la Cornovaglia e la Scozia attraverso brughiere e torrenti. Due anni dopo progetta un raid da Londra a Damasco che non riuscirà a completare. Era la norma vederlo arrivare ai tornei e nei circoli più esclusivi d’Europa impolverato e felice, con le racchette e un essenziale bagaglio legato dietro, pronto ad aprirsi nel suo magico sorriso che incantava le folle e a scendere in campo.

Tony Wilding con Lord Balfour a Nizza, 1914

Tony Wilding con Lord Balfour a Nizza, 1914

La squadra d’Australasia, che comprenderà fra gli altri anche Alf Dunlop diventa imbattibile, arriva alle soglie della finale subito nel 1905 perdendo netto dagli USA ma da quel momento in poi per gli altri restano solo le briciole. Sei vittorie e tre finali fra il 1907 e il 1922, con l’intermezzo della Grande Guerra, sono il segno di un dominio assoluto. Gli Stati Uniti sono fieri antagonisti ma vengono sconfitti in quattro occasioni, l’ultima delle quali nel 1914, quando già nella vecchia Europa i cannoni facevano sentire la propria voce. Quell’anno lo stregone andava per i trentasette anni e poche settimane prima del Challenge Round di New York aveva regalato uno degli ultimi prodigi, forse il più incredibile.

Tutti dicono che Wilding è imbattibile a Wimbledon. Sono venuto a vedere se è vero” aveva dichiarato alla stampa sbarcando in Inghilterra quella primavera. Il suo compagno trionfava da quattro anni consecutivi sconfiggendo ogni rivale, da Arthur Gore al giovane statunitense Maurice Mc Laughlin detto “La Cometa” per lo scintillio del suo potente gioco d’attacco. Tony ha trent’anni, è al picco della forma mentre Norman dedica ormai gran parte del suo tempo agli affari. Ma il talento non ha età e Brookes non conosce la paura. Perde un paio di incontri preparatori con l’amico, mai nettamente, ed entra in forma al momento giusto. Iniziano i Championships e lo stregone marcia sicuro verso la finale All Comers in una delle estati più calde che si ricordino in Inghilterra. Contro il tedesco Otto Frontzheim ha bisogno della chiamata amica di un giudice di linea in un quinto set che lo vedeva sotto di un break. Rimonta, chiude 8-6 e arriva al Challenge Round contro Wilding.

Il grandissimo forehand drive Tony Wilding

Il grandissimo forehand drive Tony Wilding

Sono pochi a credere nell’impresa ma il carisma e la mano fatata di Norman operano il miracolo. Il mago mancino non concede quartiere, attacca all’arma bianca un avversario che non riesce ad essere incisivo, lo ferisce col servizio e lo finisce senza pietà in tre set secchi e senza storia, 6-4 6-4 7-5. Il dottor Eaves è in tribuna e prorompe in un urlo di gioia quando l’allievo chiude l’ultimo punto. E ricorda che Wilding appariva strano, passivo quasi. …ha consentito a Brookes di prendere sempre la rete. Ad un certo punto doveva provare ad attaccare per primo ma non l’ha fatto ed è stato battuto nettamente”. Tony, nell’amaro momento della sconfitta inaspettata, non perde un grammo della sua sportività e rende onore al vincitore con lealtà dichiarando: “Non sono riuscito mai a capire o a far fronte al gioco di volo di Brookes”.

Il campione neozelandese però è scosso, il forte legame con l’amico forse soffre per questo smacco ma non è tutto. Il tennis non è più al centro dei suoi pensieri dopo infiniti trionfi. Il suo animo nobile e leale non può rimanere indifferente agli eventi che precipitano in Europa, la sua abilità di motociclista provetto può essere utile. Pensa di arruolarsi. Ma c’è ancora una Davis da conquistare e così la squadra australasiana attraversa l’Atlantico alla volta del Nuovo Mondo, dove distrugge nell’ordine Canada, Germania e Gran Bretagna senza perdere un punto. I tedeschi, fra i quali ancora Frontzheim, dichiarano che se fosse arrivata la chiamata alle armi avrebbero abbandonato il campo seduta stante e allora durante la semifinale contro l’Australasia gli organizzatori staccano tutti i telefoni. E fanno bene perché il giorno del doppio la Germania dichiara guerra alla Russia e la parola passa definitivamente alle armi. Si imbarcheranno subito dopo la sconfitta i tedeschi ma la loro nave verrà catturata dagli inglesi e dirottata a Gibilterra, dove loro trascorreranno il periodo bellico in un campo di prigionia.

Mentre questo accade Brookes, Wilding e soci si allenano per lo scontro finale con i padroni di casa statunitensi, che schierano Mc Laughlin e Williams, uno che due anni prima era scampato al naufragio del Titanic. Si gioca sull’erba irregolare del West Side Tennis Club di New York e dopo la prima giornata il punteggio è in parità. Tony vince facile, Brookes perde contro “La Cometa” 17-15 6-3 6-3 e i cronisti dell’epoca descrivono quel primo set come il migliore mai giocato su un campo da tennis. Sarà il doppio a decidere e la coppia Brookes-Wilding non tradisce trionfando tre set a zero. Il giorno seguente lo stregone è in gran forma e straccia 6-1 6-2 8-10 6-3 il povero Williams prima che Tony perda l’ultimo inutile singolare. I cavalieri hanno fatto l’impresa. Sarà l’ultima insieme.

Subito dopo il termine della sfida Wilding salpa per l’Inghilterra, si arruola e le sue capacità lo portano ad essere distaccato come pilota presso l’unità armata motorizzata comandata da un suo amico, il duca di Westminster. Ma nella guerra di trincea la motocicletta non serve e i componenti dell’unità vengono presto mandati al fronte. Tony si distingue anche lì per coraggio e abilità, verrà promosso capitano. Brookes e Wilding passeranno un’ultima spensierata serata insieme, a Boulogne, in Francia, nell’autunno del 1914, a poche miglia dalla linea del fuoco e con il suono dei cannoni chiaramente udibile. È la moglie dello Stregone, Dame Mabel, a ricordare nelle sue memorie che “…il giorno dopo ci svegliammo presto per vedere Tony partire verso il Belgio. All’alba ci affacciammo al balcone, lui mise in moto, si girò a salutare sorridente e poi salutò ancora appena passato il ponte. Non lo avremmo più rivisto”.

Il 9 maggio 1915 il capitano Anthony Wilding dirige come di consueto l’artiglieria della sua trincea presso Neuve Chapelle, nel nord-ovest della Francia. A metà pomeriggio si prende una pausa ma la ridotta dove sta riposando insieme ad altri compagni viene centrata in pieno da un proiettile tedesco. Anthony Frederick Wilding muore sul colpo, il viso da attore rimane intatto. Quel giorno altri undicimila soldati solo fra gli alleati perdono la vita al fronte come lui. Una parte di Norman Brookes morì certamente allora, la restante si spense molto dopo, il 28 settembre 1968 nella grande Casa dell’Olmo di South Yarra, stato di Victoria, Australia. Il Flower Power e i capelloni erano davvero troppo per il suo antico cuore vittoriano.

Tony Wilding e Norman Brookes, stretta di mano al termine della finale di Wimbledon 1914

Tony Wilding e Norman Brookes, stretta di mano al termine della finale di Wimbledon 1914

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