Racconti dal XX secolo: Jack Kramer e il tempo dei re senza corona - Pagina 2 di 4

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Racconti dal XX secolo: Jack Kramer e il tempo dei re senza corona

Prosegue il nostro viaggio nelle innumerevoli storie scritte da racchette e pallina. Ecco a voi vita e opere del Mosé del tennis, l’uomo che ha traghettato il gioco nell’epoca moderna attraverso gli anni ingloriosi della divisione ipocrita fra pro e amateurs. È stato forse il più forte di tutti, ma nessuno lo sa

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Proprio lì ha luogo, dopo quello con Vines e Skeen, il terzo decisivo incontro per la carriera di Kramer. Curiosamente l’uomo non è un professionista del tennis, tutt’altro. Cliff Roche era all’epoca un ingegnere in pensione che si godeva i frutti di un brevetto milionario. “Conosceva il gioco meglio di tutti,  sapeva come vincere e al club lo chiamavano The Coach” ricorda Big Jake, “era una persona ironica e generosa, aiutò moltissimo sia Ted (Schroeder) che il sottoscritto, oltre ad innumerevoli altri”. Roche insegna a Kramer i principi del tennis percentuale. Un match è come il poker, bisogna dosare le forze, calcolare attentamente le possibilità, proteggersi e attendere con pazienza il momento giusto per chiudere. La partita finale fra Matt Damon e un glaciale John Malkovich che mangia biscotti nel film “Rounders” del 1998 chiarisce bene questo concetto. Jack comprende immediatamente la genialità delle teorie del suo nuovo mentore e la costruzione del Big Game servizio-volée ha inizio. Il pensiero di base era che la diffusione dei campi veloci avrebbe in futuro favorito un attacco immediato della rete. Secondo Cliff l’epoca dei giocatori a tutto campo che avanzavano solo per cogliere un facile punto dopo un bombardamento era al termine. L’allievo crede ed esegue come un soldato e manda a memoria i cardini del nuovo sistema. Non puoi perdere finché difendi la tua battuta martellava Roche nei lunghi pomeriggi d’addestramento. Alternare continuamente velocità, direzione ed effetti come fa un pitcher nel baseball, allenare all’infinito la seconda palla “…il colpo più importante di un campione”, rimanere concentrati anche sullo 0-40 perché secondo le statistiche sui campi duri un buon battitore riusciva a salvarsi almeno una volta su due. Piazza la palla in un determinato punto e posizionati di conseguenza. Così la possibilità che l’avversario ti passi sono le stesse di centrare una scala a incastro con la quinta carta. Kramer attaccava sempre un destro col dritto lungolinea, perché da quella posizione “…l’avversario risponderà quasi sempre con un rovescio nella stessa direzione, oppure tenterà un passante in cross, uno dei colpi più complessi del gioco che solo Don Budge padroneggiava completamente. Ma del resto contro Don dovevi andare a rete con l’elmetto…

I punti non sono tutti uguali. Bob Falkenburg, campione di Wimbledon nel 1948, era solito dire che “…per vincere un match servono diciotto games, non venti o trenta”. Un punteggio ricorrente dei suoi incontri era 6-4 6-4 0-6 0-6 6-4 e per questo atteggiamento, che lo portava a perdere interi set senza lottare, sarà sempre inviso al pubblico fair di Londra. I concetti sono chiari e Kramer li mette in pratica. In risposta non lotta mai allo spasimo. Conserva le energie per difendere la propria battuta e rimanere lucido. Difatti, quando si avvicina il momento decisivo del set, aumenta la pressione e attacca su ogni seconda palla. Vincerà così Forest Hills 1946. Percentuali, priorità. Fra il 1936 e il 1939 la sua tecnica di gioco e la mentalità crescono silenziose e costanti come l’erba di un prato.  La famiglia arrangia gli orari scolastici in modo che le lezioni siano concentrate al mattino, così da poter dedicare l’intero pomeriggio al tennis. It wasn’t easy, and it was an hour and a half each way. But once I got there, I played till dark. It was paradise.  Era un paradiso. E in un dolce inverno californiano del 1937 il sedicenne Kramer vince un set contro il mito Tilden. “Big Bill” frequentava regolarmente il club. Giocava a tennis la mattina e dedicava il pomeriggio al bridge. All’epoca andava per i 44 ma solo tre anni prima aveva vinto undici dei primi venti incontri del tour pro contro il fenomeno Vines. Non gli importava di poter perdere contro un giovanotto del circolo, giocava solo per amore del tennis. E così sarà fino alla morte, che lo coglierà nel 1953 in un’anonima camera d’albergo mentre si apprestava a partire per l’ennesimo torneo, la borsa contenente le sue racchette pronta sul letto. Insomma, Tilden è ancora un grande campione quando Jack lo batte sotto lo sguardo sbigottito dei soci del club che si accalcano per assistere. La vittoria è una chiara dimostrazione di efficacia del tennis percentuale, Kramer vince attaccando costantemente il rovescio e la seconda palla del grande avversario, i due unici colpi che si erano indeboliti con l’età perché col dritto “…poteva colpire ancora duro quando e quanto voleva”.

Si accorge di lui il capitano di Davis Walter Pate (“I’m not still out, Cap” lo rincuorò Budge prima di risorgere al quinto e battere Von Cramm nel celebre match di Davis del 1937). È alle porte il challenge round 1939 contro gli sfidanti australiani e Pate aggrega al team Jack e Welby van Horn, trentasette anni in due, con lo scopo di testare la coppia designata per il doppio, Gene Mako e Joe Hunt. Ma i titolari non vincono mai. Quando van Horn viene messo ko da un attacco d’asma il capitano piazza Hunt al fianco di Kramer. I due ragazzini spazzano via ripetutamente i singolaristi Parker e Riggs e finalmente Pate si decide a schierarli. Così il 3 settembre, mentre i carri armati di Hitler sconfiggono eroicamente la cavalleria polacca dando inizio al secondo conflitto mondiale, Jack e Joe affrontano il miglior doppio del tempo. Adrian Quist e John Bromwich, un mancino che serviva con la destra e  colpiva il rovescio a due mani, devono lottare per avere la meglio in quattro set. I ragazzini statunitensi sprecano anche un break di vantaggio nel terzo prima di cedere. Poco male, gli USA conducono ancora 2-1 dopo la prima giornata ma il diavolo gioca a tennis e l’imponderabile avviene. Riggs ha una congestione la notte prima dei singolari decisivi e perde al quinto da Quist, poco dopo Bromwich fa polpette di Frank Parker e l’insalatiera d’argento vola via. Jack ormai è pronto. Nello US Championship del 1943 è lo stesso Hunt a strappargli la vittoria al quinto in una finale verde che promette mirabilie per il tennis USA. Ma la guerra è una falce e il luogotenente di marina Joseph Hunt, sopravvissuto a due anni sugli oceani a bordo di un cacciatorpediniere, muore in una banale esercitazione di tiro al largo di Daytona Beach. Il suo Grumman Hellcat va in looping e precipita in mare da un’altezza di 10.000 piedi.  È il 2 febbraio 1945, mancavano quindici giorni al suo compleanno e poco più di sei mesi alla fine del conflitto.

Al termine della guerra il Big Game di Kramer porta il tennis nell’epoca moderna. Nel 1946 manca Wimbledon per via di alcune piaghe alla mano causate da una nuova impugnatura voluta dalla Wilson. Perde al quarto turno 2-6, 17-15, 6-3, 3-6, 6-3 da Jaroslav Drobny, il potente mancino cecoslovacco che vincerà il torneo nel 1954.  Fino a quel punto aveva ceduto cinque games in nove set. Laurie Pignon, gran penna del tennis, classe 1918, era a bordo campo quel giorno e ricorda che “…avevano cominciato a formarsi delle vesciche al termine di quell’infinito secondo set, ed erano peggiorate in fretta. Non c’erano sedie, niente pausa al cambio campo, Kramer sanguinava e strappava secondi proibiti per alleviare il dolore con qualche cerotto. Ma al termine non accampò scuse, dichiarando che quel giorno aveva vinto il migliore”. Jack non perderà più. Poco dopo trionfa a Forest Hills. Nella finale contro Tom Brown vince il primo set e si trova in vantaggio 5-2 nel secondo. Brown serve e Jack, fedele agli schemi appresi da Roche, lascia sfilare facile il game. Inutile sprecare energie. Indica Cliff in tribuna, gli fa un cenno d’intesa e scandisce “questo è per te”. Poi tiene il servizio facilmente e chiude il terzo set per 6-0. Fatto questo vola con la squadra USA di Davis in Australia. Ed è vendetta, tremenda vendetta. I canguri vengono annichiliti per 5-0 e Kramer non perde un set in tre incontri. Il 1947 è il suo anno d’oro. Si confermerà sia a New York che in Coppa ma è il suo ritorno a Wimbledon a provocare lo stesso fragore dello Sbarco in Normandia. Non si combatte ad Omaha beach o a Remagen ma sul rettangolo d’erba più famoso del mondo e Big Jack sorvola il torneo come un caccia in missione.

Jack Kramer - La copertina di Time dopo la triplice vittoria del 1947

Jack Kramer – La copertina di Time dopo la triplice vittoria del 1947

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