Binaghi, ma che fretta c'era? Tempi sospetti per l'assemblea. E chi affitterà un'ora di campo dovrà tesserarsi FIT!

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Binaghi, ma che fretta c’era? Tempi sospetti per l’assemblea. E chi affitterà un’ora di campo dovrà tesserarsi FIT!

Una lettera al direttore evidenzia la (quasi) impossibilità a candidarsi contro il presidente deciso a modificare lo statuto per far cassa a spese di circoli e soprattutto appassionati

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Il direttore di Ubitennis ha ricevuto e deciso di pubblicare questa lettera di Massimo Rossi che vorrebbe provare a “far voltare pagina alla Federazione”.

Se farà a tempo a raccogliere un numero sufficiente di adesioni, pur sapendo quanto sia dura trovare in pochissimo tempo, tanti adepti di abbastanza coraggiosi da esporsi al rischio di inimicarsi Binaghi, mai tenero con chi lo mette in discussione, Massimo Rossi proverebbe, nonostante le circostanze e le sospette scadenze imposte dalla Fit, di candidarsi in alternativa ad Angelo Binaghi, sulla poltrona Fit da 16 anni e evidentemente dimentico di quando si era candidato nel 2000 con una campagna in cui auspicava, dopo il ventennio di Galgani  “massimo due quadrienni per ogni presidente federale “. I club affiliati da anni sono già assurdamente obbligati a tesserare anche chi gioca a burraco (per incrementare …all’italiana il  numero dei tesserati, millantare credito mediatico ed ottenere maggiori finanziamenti dal CONI). Ora dovrà farlo anche chi prenota per un’ora un campo affiliato per giocare con un amico e non è già socio. Di questo passo si farà tesserare anche chi guarda una racchetta in un negozio?

 

Pubblichiamo qui di seguito la lettera di Massimo Rossi

Caro Direttore,
come da te anticipato su Ubitennis il prossimo 11 settembre si terrà a Roma l’assemblea nazionale n. 58 della Federazione Italiana Tennis .
È stata indetta dal Consiglio Federale lo scorso 16 luglio e si terrà in seduta sia ordinaria che straordinaria: la prima per eleggere presidente e consiglieri, la seconda per votare rilevanti modifiche dello Statuto proposte dall’attuale Consiglio .

Le modalità di convocazione di questa assemblea mi inducono alcune perplessità, soprattutto in ordine alla tempistica .
Premesso infatti che non si intravedono motivi di urgenza, appare quantomeno singolare che si decida in pieno luglio (i Circoli stanno ricevendo in questi primi giorni di agosto la raccomandata) di convocare un’assemblea elettiva per l’11 settembre lasciando così meno di un mese a chiunque voglia presentare la propria candidatura, da formalizzare entro il 31 agosto, per raccogliere le 300 firme di  appoggio occorrenti per la carica di presidente o le 30 per la carica di consigliere, tutte comunque spalmate su almeno 5 regioni .

Una fretta, insomma, un po’ sospetta, e di certo poco rispettosa della regola democratica che vorrebbe vedere tutti messi nella condizione di potersi candidare con un minimo di possibilità .
Se alla tempistica, decisa nel modo che si è detto da chi è in carica e si ricandiderà, aggiungiamo che questi stessi candidati potranno contare sulla oliata e fidata macchina federale periferica per una “campagna elettorale” svolta sul territorio, si capisce bene che il gioco è presto fatto .
Tutta questa fretta in periodo di ferie d’agosto, però, oltre a essere anomala, rischia anche di sollevare un caso diplomatico, se non proprio politico o regolamentare (cosa, quest’ultima, che andrà comunque approfondita) considerato che lo Statuto federale impone che l’assemblea elettiva deve “tenersi dopo la celebrazione dei giochi olimpici estivi, fra il primo settembre dell’anno olimpico e il 15 marzo dell’anno successivo” .

Ora, visto che le Paralimpiadi chiudono il 18 settembre, appare evidente che fare un’assemblea l’11 settembre – senza alcun motivo di urgenza e avendo tempo fino al 15 marzo 2017 per farla – suona come un bello schiaffo in faccia a tutti quei meravigliosi 4.300 atleti (in rappresentanza di 176 paesi) il cui impegno sportivo non vale certamente meno di quello dei loro colleghi normodotati .
Tutto questo, insieme al fatto che l’attuale gestione della FIT dura ormai da ben 16 anni, con modalità e risultati a mio modo di vedere non buoni, mi ha fatto venire la voglia di provare a far voltare pagina alla Federtennis candidandomi e mettendo alla prova anche le regole che attualmente consentono (seppur contro il buon senso) di racchiudere in meno di un mese una campagna elettorale che di sicuro si presenta quantomeno più in discesa per il potere costituito. Insomma, è un po’ come se in una gara di ciclismo a cronometro sullo Stelvio un corridore partisse in salita ai piedi della montagna e l’altro ……. un po’ più avanti, da in cima allo Stelvio con tutta la discesa davanti.

Ma chissà che l’esperienza di provare a raccogliere le firme necessarie a porre la candidatura non porti almeno a qualche iniezione di democrazia all’interno delle Carte Federali e soprattutto dello Statuto.
Statuto che, al contrario, il consiglio uscente (!) vuole modificare con una riforma assurda e antigiuridica. Si voterà infatti l’11 settembre anche per imporre l’obbligo a tutti i Circoli affiliati di tesserare alla FIT tutti coloro che giocheranno anche una sola ora sui loro campi, anche se non soci del Circolo stesso.

Dopo i giocatori di bocce e quelli di burraco già obbligati a tesserarsi per la FIT per il solo fatto di essere soci di un Club dove si gioca anche a tennis (grande invenzione del presidente Paolo Galgani trent’anni fa che consentì alla FIT da quel momento di presentarsi al cospetto del CONI finanziatore con un numero di tesserati pressoché raddoppiato) siamo ora all’assurdo che il Circolo deve tesserare per la FIT anche chi non è legato allo stesso Circolo dal rapporto giuridico associativo.
Lascio immaginare le conseguenze, soprattutto per quei Circoli affiliati che usano campi comunali in forza di una convenzione che li obbliga, fra l’altro, a riservare ore di gioco alla popolazione non socia a tariffe agevolate.
Insomma, è forse arrivato il momento in cui cominciare a guardare un po’ dentro alle regole della Federazione e magari a cambiare un po’ l’aria che si respira nelle stanze federali.

Massimo Rossi

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