Andrea Pellegrino, tennista col vizio del pallone, si racconta in esclusiva per Ubitennis

Interviste

Andrea Pellegrino, tennista col vizio del pallone, si racconta in esclusiva per Ubitennis

Abbiamo scambiato qualche battuta con il giovane Andrea Pellegrino, speranza del tennis italiano. Dopo un’estate entusiasmante, nella quale a suon di vittorie nelle paludi dei Future ha saputo scalare la classifica mondiale, è giunto per lui il momento del grande salto. Il talento non gli manca, la determinazione pure

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Lo stavamo aspettando con innegabile trepidazione. Sì, perché il nome di Andrea Pellegrino da Bisceglie, Puglia, è ormai da diverse stagioni che campeggia circolettato di rosso sui taccuini degli scout di maggior lungimiranza e degli aficionados da poltrona più attenti. Questione di talento. E anche di necessità contingente che ci si augura possa ben presto divenire virtù, stante uno stato generale del tennis nostrano che a definire convalescente ci si dimostra oltremodo generosi.

Sembra ieri ma sono già trascorsi tre anni da quando l’allora sedicenne Pellegrino vinceva sui campi milanesi del TC Ambrosiano – settimo azzurro di sempre a riuscire nell’impresa – il Torneo dell’Avvenire, senza dubbio uno degli appuntamenti giovanili di più grande prestigio nel firmamento mondiale. Un trionfo che sebbene non costituisse in sé una granitica polizza sul futuro tennistico – il passaggio al professionismo, si sa, implica un inevitabile rimescolamento dei valori in gioco e ciò che era ieri non è mica detto potrà esserlo pure domani – ci ha legittimato a riporre grandi aspettative nei confronti di un ragazzotto indiscutibilmente baciato dagli dei del nostro sport preferito.

Ben arrivato, sarebbe dunque il caso di dire. Ora che di primavere ne conta diciannove e che l’estate che ci lasciamo alle spalle lo ha visto protagonista assoluto di una vertiginosa scalata del ranking ATP – è bene ricordare che non più tardi di cinque mesi fa navigava abbondantemente oltre il millesimo posto ed oggi, invece, occupa già la 459ma piazza – si apre per Andrea un nuovo e si spera entusiasmante capitolo di vita sportiva, chiamato a gran voce a dar seguito alle ottime impressioni che si porta appresso da quando, non ancora dodicenne, cominciava a mietere i primi successi adolescenziali. Con la Federazione che non poté esimersi dal mettergli gli occhi addosso e dall’investire qualche risorsa su di lui. Diciannove anni sono pochi, niente forse. Magari non per un diavolo come Rafa Nadal, straordinaria eccezione di uno spaccato di mondo così complicato, che a quella stessa età trionfava per la prima di nove volte in Bois de Boulogne. Ma per noi italiani, forse davvero un po’ bamboccioni – ciò detto con molta più simpatia di quella del noto ex ministro dell’economia – e statisticamente lungi dall’essere esempi di precocità tennistica, la maturazione è per tradizione e cultura un processo assai più lento che altrove. Perché nel nostro background c’è sempre prima il dovere – la scuola per esempio, o la famiglia – poi il piacere. Racchetta e pallina in questo caso. Nell’ottica di un futuro coscienziosamente messo al riparo, per quanto possibile di questi sciagurati tempi, dalle più sgradevoli sorprese. Tempo all’orizzonte, quindi, ce n’è in abbondanza; esempi nel giardino di casa, da assumere a fruttuoso modello, pure. Il target è ben definito: occorrono adesso determinazione feroce, pazienza certosina e tanto lavoro quotidiano. Tuttavia l’atteggiamento sembra proprio essere quello giusto, grazie ad un linguaggio del corpo, sul campo e fuori, maturo e confortante. Già, questo giovane pugliese, 75 chilogrammi condensati in 185 centimetri di altezza, che adora il calcio al pari del tennis appare davvero sul pezzo. Speriamo, il movimento intero ne avrebbe bisogno come l’aria.

Impegnato con buon profitto nel circuito Challenger in questo soddisfacente scampolo di stagione, Pellegrino ha trovato il tempo ed il piacere per scambiare quattro chiacchiere con noi di Ubitennis. Al solito non ce lo siamo fatti ripetere due volte e le righe che seguono sono il risultato del nostro incontro. Si è parlato ovviamente di tennis, ma non solo. E come da radicata consuetudine gli abbiamo pure strappato una promessa che non vediamo l’ora possa essere esaudita.

Ciao Andrea, intanto grazie per la disponibilità. Sei nato a Bisceglie, in Puglia, appena diciannove anni fa. Ci vuoi raccontare i tuoi esordi con il tennis?
Ho iniziato a giocare a tennis a Bisceglie con mio padre che è maestro di tennis all’età di soli quattro anni. Poi a quattordici anni sono andato all’Accademia di Bari dove mi sono allenato per tre anni. Il resto è storia recente…

Attualmente ti stai allenando a Tirrenia sotto la guida di Coach Gabrio Castrichella ed è per te, immaginiamo, una grande opportunità di crescita tecnica ed umana. Com’è la tua giornata tipica di allenamento quando non sei in torneo? Hai modo anche di allenarti quotidianamente con altri professionisti?
Sì, mi alleno con Gabrio (Castrichella, ndr). Penso che sia una grandissima opportunità quella che la Federazione ci offre perché abbiamo a disposizione tutto ciò di cui abbiamo bisogno e soprattutto siamo a contatto con molti professionisti che ci aiutano a crescere dandoci consigli. Quando non sono impegnato in torneo mi sveglio alle 7.00, alle 8.30 faccio palestra per un’ora e mezza e poi giochiamo a tennis per due ore. Mangiamo e riprendiamo il lavoro verso le 15.00 sempre sul campo e successivamente si chiude la giornata con una seconda seduta di atletica.

Proviamo ad aiutare un po’ i nostri lettori che ancora non hanno avuto modo di vederti all’opera. C’è un giocatore a cui ti ispiri o che comunque pensi ti possa assomigliare un po’? Poi, qual è attualmente la tua miglior caratteristica e, invece, quale l’aspetto del tuo gioco su cui senti il bisogno di dover maggiormente lavorare?
Non ho un giocatore preciso a cui mi ispiro, mi piace molto Andy Murray. In generale cerco di guardare tutti i giocatori e prendere più cose positive possibili da ciascuno di loro. Sono un attaccante da fondo con i due fondamentali abbastanza equilibrati, taglio bene il campo con il rovescio che è il mio colpo naturale. In questo momento sto lavorando tanto sul servizio, che ho migliorato molto, e nel prendere più spesso la via della rete.

Se dovessi individuare il marchio di fabbrica di casa Pellegrino – e non è un segreto – cosa diresti?
Non ho un colpo particolare che mi caratterizza ma come ho già detto prima ho i due colpi abbastanza equilibrati e riesco a spingere bene da entrambi i lati.

In relazione alle tue caratteristiche fisiche e tecniche, quali pensi possa essere la superficie di gioco più adatta a te? A proposito. In questi ultimi anni le superfici sembrano essersi sempre più omologate con partite che vengono interpretate allo stesso modo su tutti i campi. È una impressione corretta o siamo solo ingiustamente nostalgici?
Ovviamente ti direi la terra battuta perché, comunque, ci si gioca più spesso su questa superficie ai livelli più bassi e quindi per ora sono più abituato. Però stiamo iniziando a inserire un bel po di tornei sul cemento, come abbiamo fatto nell’ultimo anno del resto, e sono migliorato tanto su questa superficie. Penso che le superfici siano quasi tutte uguali ormai anche perché se da una parte hanno rallentato il cemento dall’altra hanno velocizzato la terra. Anche l’erba penso sia diventata diversa rispetto a qualche anno fa…

C’è stato un momento preciso in cui hai percepito che il tennis avrebbe potuto trasformarsi anche in un lavoro? Cosa ti senti di dire ai bambini che si approcciano per la prima volta ad un campo da tennis?
All’età di quattordici anni ho deciso di fare questa scelta, cioè di lasciare casa per dedicarmi a tempo pieno al tennis. Un consiglio che posso dare è quello di impegnarsi ogni giorno e di cercare soprattutto di divertirsi sempre.

Facciamo un giochino. Ci aiuti a costruire il tuo tennista “perfetto”, associando ad ogni fondamentale il nome del giocatore che reputi più bravo?
Allora: servizio di Isner, diritto di Nadal, rovescio di Murray, gioco al volo di  Federer e la mobilità di Djokovic.

Vieni da un periodo eccezionale che ti ha visto prima sconfiggere il tuo primo Top 100 in carriera, poi trionfare nei Future consecutivi di Casinalbo e Gubbio ed infine toglierti qualche bella soddisfazione anche nei Challenger estivi. È scattato improvvisamente qualcosa nel tuo gioco o hai semplicemente cominciato a raccogliere i frutti del tuo lavoro?
Non penso sia scattato nulla ma ciò è soltanto frutto del duro lavoro che abbiamo svolto negli ultimi due anni e, soprattutto, è una questione di maturazione e di una maggior convinzione nei miei mezzi a disposizione.

Hai sconfitto di recente due tipi tosti come Zeballos e Carballes Baena. Che impressione ti ha fatto constatare di poter avere la meglio su un giocatore navigato come l’argentino e in forte ascesa come lo spagnolo?
Quelle con Zeballos e Carballes Baena sono state due partite in cui ho espresso il mio miglior tennis e come dicevo poc’anzi sentivo una grande convinzione nei miei mezzi e sapevo che se avessi giocato tutti i punti al massimo delle mie possibilità avrei potuto fare partita alla pari con questi giocatori. Bisogna però avere continuità con questi ottimi risultati…

Qual è, ad oggi, il momento più bello che hai vissuto grazie al tennis?
Ci sono tanti momenti positivi, tra questi scelgo le due vittorie nei Future di Casinalbo e Gubbio e i quarti di finale raggiunti nel Challenger di Roma Garden.

Quali sono i tuoi prossimi impegni da qui a fine stagione? Ti sei fissato qualche obiettivo preciso o per adesso vivi ancora alla giornata?
Non ho obiettivi precisi, l’unico è quello di continuare a lavorare sodo e migliorare. Poi sono sicuro che i risultati verranno da sé.

Com’è stato per te il passaggio dal mondo degli juniores a quello professionistico? In altri termini, quali sono le principali differenze che hai riscontrato passando prima ai Future e poi ai Challenger?
La differenza sostanziale tra juniores e professionisti è principalmente mentale. I Pro sono giocatori esperti che sanno gestire bene i momenti difficili e, soprattutto, hanno la capacità di lottare punto per punto. Passando ai Challenger ho quindi cominciato ad incontrare giocatori di grande esperienza e completi dal punto di vista tecnico.

Se potessi scegliere un torneo, in futuro dove ti piacerebbe vincere? E contro quale avversario?
Ovvio, il sogno di un giocatore è vincere uno Slam oppure, per un italiano, il nostro torneo di Roma. Per quanto concerne l’ipotetico avversario sarebbe bello per me vincere contro Roger Federer perché personalmente lo reputo il più grande giocatore di sempre.

Sei un classe 1997 proprio come Alexander Zverev, da molti indicato come futuro numero uno al mondo e già capace di ben figurare ad altissimi livelli. È solo una casualità o a tuo avviso c’è un motivo per cui noi italiani abbiamo forse la tendenza a maturare un po’ più tardi?
Non penso si possa fare il paragone con Zverev perché nel suo caso parliamo di un’eccezione.  Lo reputo un fenomeno e sicuramente arriverà ad occupare le prime posizioni mondiali. Credo che ognuno debba fare il proprio percorso senza la fretta di arrivare. L’importante è allenarsi bene e cercare di migliorarsi sempre. Poi se uno ha le qualità sicuramente otterrà dei grandi risultati.

Hai amici nel mondo del tennis o comunque c’è qualche collega con il quale ti senti particolarmente legato? In altre parole, è possibile crearsi delle amicizie all’interno del circuito o tra rivali ciò risulta impossibile?
Ho molti amici all’interno del circuito, sia della mia età che più grandi. Bisogna saper distinguere i momenti, nel senso che quando uno scende in campo certamente cerca sempre di vincere contro tutti. Amici e non. Fuori dal campo tra noi giocatori italiani, per esempio, c’è un bel rapporto.

Mi sembra di aver letto da qualche parte che hai giocato anche a calcio. È una passione che coltivi ancora oggi? Meglio la tua squadra del cuore che vince lo scudetto o Pellegrino che vince la Coppa Davis con la maglia azzurra?
Sì, rimane sempre uno dei miei sport preferiti, il calcio, e appena posso cerco anche di praticarlo. Oppure vado allo stadio a vedere le partite. Se devo fare una scelta, senza ombra di dubbio dico Pellegrino che vince la Coppa Davis…

Sei molto giovane e forse il Marzullo della televisione italiana fatichi a ricordarlo. Ma, alla sua proverbiale maniera, c’è una domanda che vorresti i giornalisti ti facessero e non ti hanno ancora fatto e quale la tua risposta?
(Ride) Credo che i giornalisti mi abbiano fatto tutte le domande possibili e immaginabili. Anche davvero molto strane a volte…

Non ci sono ormai più dubbi sul fatto che le nostre interviste siano sempre di buon auspicio per i tennisti italiani. Qualche esempio. Fabbiano la settimana successiva ha vinto a Zhuhai, Lorenzi addirittura ha fatto l’accoppiata Caltanissetta-Kitzbuhel e Vanni ha trionfato a Segovia dopo un lungo digiuno. Tutti, in cambio, ci hanno fatto una promessa. Andrea Pellegrino intanto dove andrà a vincere e, soprattutto, che regalo farà a noi di Ubitennis?
Te lo dicevo prima, spero di ottenere dei buoni risultati. Se avrò l’opportunità di vincere sicuramente vi dedicherò la vittoria!

Per finire vuoi ringraziare qualcuno?
Ringrazio il mio allenatore e la mia famiglia per tutto il tempo che dedicano a me e l’impegno che ci mettono nel non farmi mancare niente.

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