Su Djokovic è allarmismo esagerato. O forse no?

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Su Djokovic è allarmismo esagerato. O forse no?

Il n.1 del mondo è reduce dalla delusione degli US Open e ha annunciato che salterà Pechino per problemi al gomito. Cosa attenderci dal finale di stagione e dal resto della sua carriera?

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Novak Djokovic non sarà in campo a Pechino, così come quest’anno aveva mancato l’appuntamento con Cincinnati. Certo, il n.1 del mondo ha piena facoltà di saltare un ATP 500 in vista del finale di stagione, ma il torneo asiatico pur non essendo un cardine della sua programmazione rappresenta per il serbo una sorta di porto sicuro. Dal 2009 l’ha giocato sei volte senza mai perdere un incontro – 29 vittorie di fila – lasciando per strada complessivamente tre set, dei quali ben due a Verdasco (2009 e 2013). Tre volte quindi Nole ha conquistato l’Open di Cina facendo percorso netto (2010, 2014 e 2015), tre volte invece ha completato la doppietta Pechino-Shanghai (2012, 2013 e 2015). Nole aveva dato forfait a Pechino anche nel 2011, provato dalla massacrante stagione del salto di qualità e dall’infortunio accusato in Davis contro del Potro, congedandosi di fatto dalla vittoria (tornerà ad alzare un trofeo a Melbourne 2012).

Juan Martin del Potro, lo stesso tennista che ha incrinato le certezze di Novak in questo 2016 stoppando la sua corsa olimpica al primo turno. Sfumato il sogno a cinque cerchi  il serbo – come detto – ha saltato Cincinnati per noie al polso sinistro, fallendo in un sol colpo la possibilità di conquistare gli unici due titoli importanti che mancano nella sua bacheca dopo il tanto agognato trionfo sul Philippe Chatrier. Cincinnati, un piccolo tabù, vuoi perché Federer ne combina sempre una delle sue (e quest’anno non ci sarebbe stato a contrastarlo), vuoi perché quel cemento veloce non è la superficie che Nole digerisce meglio, vuoi perché si innesta in un periodo della stagione in cui al n.1 del mondo può essere concesso di mollare un po’ le briglie. Le cinque finali perse dal serbo in Ohio – circa un quinto delle sconfitte complessive, più di un terzo (5 su 13) di quelle maturate nelle finali dei Masters 1000 – restano comunque una decisa stonatura in un palmares in cui “V” batte “F” 66 a 28.

Poi c’è la sconfitta di New York, che conta ovviamente di più. Le vesciche del quarto set, gli strascichi del fastidio al polso, il tennis del solito Wawrinka versione Slam e il “peso della statistica” che conferma la scarsa resa nelle finali a stelle e strisce: alla fine anche a Flushing Meadows le delusioni sono diventate 5, che sommate alle 5 di Cincinnati fanno più di un terzo di tutte le sconfitte patite da Djokovic in atti finali. Freddi numeri e paturnie statunitensi a parte, è il caso di iniziare a pensare che Novak Djokovic stia entrando nella fase discendente della sua carriera? Non ci sono ancora gli elementi per affermarlo. Certo ogni tentennamento fa più rumore quando la carta d’identità è più ingiallita e Djokovic tra non molto sarà nell’anno dei 30. A vantaggio del serbo vanno le incertezze di chi lo insegue: i giovani stanno arrivando, arriveranno, ma ancora non sono dove dovrebbero per insidiare il suo primato. Murray – che per una volta merita menzione prima di Federer e Nadal – ha accorciato sensibilmente il gap in questa stagione ma contro Nole ha vinto solo a Roma, perdendo piuttosto nettamente i due confronti diretti nei Major. Laddove Wawrinka ha invece confermato che il n.1 nei grandi appuntamenti non è (più?) infallibile. A quanto pare ci si è messa anche la pressione, che lo ha costretto a rivedere le priorità, come lui stesso ha affermato in una conferenza stampa a Belgrado. I titoli e la vetta della classifica non sono più importanti adesso: contano il benessere psico-fisico e la motivazione, che Djoker afferma non essere per nulla cambiata.

Shanghai (dove il serbo ha confermato di voler rientrare), Bercy e le Finals come ogni anno ci consegneranno le ultime righe sul report della sua stagione. Lo sguardo però è già rivolto al 2017, per il fascino dei pronostici e perché effettivamente gli appassionati da troppo tempo attendono (o temono, nel caso dei tifosi di Nole) uno scossone al vertice. Potrebbe anche non avvenire in modo così traumatico. Sì, l’esplosione di Djokovic è stata impetuosa nel 2011, ma tutta la sua carriera, il suo tennis, le sue esternazioni sono sempre stati caratterizzati da un grande equilibrio. Il rendimento simile su tutte le superfici, la continuità nel corso della stagione, la sua ossessione di apparire sempre politically correct. Il serbo è la più fulgida espressione dell’equilibrio dei fattori su un campo da tennis ed è verosimile attendersi che anche la sua discesa dal trono sarà altrettanto regolare. Quando? Aspettatevi, aspettiamoci qualche battuta a vuoto in più nella prossima stagione. Non una caduta come quella di Nadal, non una presunta fine e poi un grande ritorno come quello di Roger, ma un’armoniosa uscita di scena. Una piccola previsione c’è: Nole non sarà competitivo ancora per molto tempo ma continuerà ad esserlo anche dopo aver abbandonato la posizione di dominatore. In attesa che qualcuno dimostri di avere spalle abbastanza forti da prendere il suo posto.

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