Petra Kvitova: nessuno si allena meno di lei. "Mai nei tornei" - Pagina 3 di 3

Al femminile

Petra Kvitova: nessuno si allena meno di lei. “Mai nei tornei”

La vittoria nel torneo di Wuhan ha parzialmente risollevato il 2016 di Petra Kvitova, ma non ha risolto tutti i problemi emersi nella stagione

Pubblicato

il

 

Rimane da analizzare la settimana di Wuhan, che ha lasciato spazio ad ulteriori riflessioni.
La prima riguarda il match contro Angelique Kerber: forse il miglior sorteggio che potesse augurarsi per provare a dare una svolta alla stagione. Avere “la rivincita” a breve distanza ma contro una giocatrice diventata nel frattempo la nuova numero uno del mondo secondo me le ha dato il vantaggio di poter avere meno pressione dell’avversaria, affrontando più leggera i punti importanti.
Era scontato che il match non sarebbe stato facile, ma che sia riuscita a rovesciarlo dopo avere perso un primo set malgrado quattro set point a favore, testimonia a mio avviso come dentro di sé avesse un carico inespresso di risorse mentali, che avevano bisogno di una scossa per emergere (6-7(10), 7-5, 6-4). Non penso abbia mostrato il suo miglior tennis, e lei stessa lo ha confermato in una intervista alla WTA, ma la differenza sostanziale con il recente passato è stata proprio la capacità di alzare il livello sui punti da vincere assolutamente. Ciò che da sempre conta nel tennis.

Dopo tre ore e 20 minuti di battaglia, e con la prospettiva di dover scendere in campo un giorno dopo l’altro, la questione si è spostata dall’aspetto mentale a quello fisico-tecnico. Nel match successivo, contro Johanna Konta, Petra ha dosato le forze residue, e in questo le è stato di fondamentale aiuto il servizio: ha vinto un match (6-3, 6-4) in cui non ha mai perso la battuta e ha servito con il 60% di prime malgrado spingesse molto il colpo.

Contro Simona Halep, dopo avere recuperato sul piano fisico, ha finalmente vissuto la giornata perfetta, quella in cui vanno a posto tutti i gli aspetti del proprio gioco, e ci si esprime sulle ali dell’entusiasmo. Sono le giornate in cui anche le soluzioni più difficili rimangono in campo, e si può colpire a braccio libero. Ricordo che Kvitova non aveva mai sconfitto Halep (0-3 i precedenti), e che nel match ha messo a segno 34 vincenti, con 5 su 5 a rete. Considerato che i game sono stati 15 (6-1, 6-2) una media superiore ai due vincenti per game.
In conferenza stampa è stato chiesto a Simona se le fosse già capitato di sentirsi così in deficit di potenza contro un’avversaria. E lei ha risposto che nemmeno contro Serena si era mai sentita tanto impotente. Eppure Halep era reduce da una striscia di ottimi risultati con due tornei vinti e due sole sconfitte: una da Kerber a Cincinnati e una da Serena agli US Open.

La finale tutto sommato è stata più semplice, visto che Cibulkova aveva alle spalle una settimana di turni superati dopo dure lotte al terzo set, per di più affastellati in poche ore a causa della pioggia. Kvitova aveva da gestire la pressione di una finale da affrontare da favorita; ma la differenza di rendimento è stata tale da non metterla completamente alla prova (6-1, 6-1).

E così la mancanza di un coach non si è fatta sentire. Nella stessa intervista alla WTA Petra ha raccontato come abbia preparato la tattica dei match di Wuhan da sola, in parte studiando le avversarie su youtube, in parte rivedendo i filmati dei suoi incontri del passato contro di loro.
Kvitova “autodidatta” non mi sorprende, perché penso che negli anni abbia compiuto una notevole maturazione tattica, pur all’interno di un tipo di tennis ad alto rischio; un gioco che, nelle giornate in cui le cose non funzionano bene, tende a far sembrare sconsiderato chiunque lo pratichi. In realtà ridurre il giudizio sul tennis di grande attacco e aggressività a un generico esercizio da “sparapalle”, secondo me denota scarsa capacità di analisi, come se anche con questa impostazione non ci fossero scelte da compiere, opzioni da riconoscere e comprendere.

In estrema sintesi, a mio avviso la chiave della vittoria di Wuhan è duplice: da una parte la spinta mentale derivata dalla vittoria contro Kerber, dall’altra il grande rendimento al servizio. Ma su quest’ultimo aspetto temo che si debba essere molto meno ottimisti. Come era già accaduto nel 2014, a Wuhan Kvitova ha approfittato di condizioni di gioco perfette per la sua battuta. Campi veloci, ma secondo me anche palle molto veloci. Già nel 2014 aveva avuto un rendimento  “alla Sampras”: era cioè riuscita a vincere molti set grazie a un solo break, poi difeso concedendo pochissimo nei propri turni di servizio.
Questa facilità nel tenere la battuta, l’ho già scritto più volte, si ripercuote in modo estremamente positivo su tutto il resto del suo tennis: le consente di spendere poco sul piano fisico e mentale, e di conseguenza essere più lucida e incisiva durante gli scambi e nei game di risposta, migliorando quindi l’efficacia in tutte le altre aree di gioco.

Però le condizioni di Wuhan probabilmente sono quasi uniche nel circuito WTA. Nemmeno a Wimbledon Petra ha mai mostrato tanta facilità nel tenere la battuta.
Sono invece convinto che proprio la scarsa incisività della prima di servizio sia stato uno dei maggiori problemi in questa stagione. Tante, troppe volte ha dovuto affrontare match in cui dalla battuta ha ricavato pochissimo, con avversarie che si potevano giocare in risposta (e quindi nello scambio) praticamente tutti i quindici. Alla lunga dover sudare ogni punto finisce per pesare sulla sua lucidità, aggravando ulteriormente gli inevitabili passaggi a vuoto.
Per questo penso che, al di fuori di Wuhan, i casi sono due: o riuscirà ad aumentare la velocità della prima (ma alla sua età mi pare difficile possa farlo), oppure dovrebbe provare a rendere la battuta più varia e imprevedibile, in particolare lavorando sulla soluzione che le riesce meno bene, cioè quella in kick.

Chiudo con un’ultima notazione, anche se mi rendo conto che esprimerla dopo un torneo in cui ha spazzato via avversarie di grande livello potrebbe sembrare un paradosso: ho il dubbio che alcuni problemi di Kvitova nelle più recenti stagioni dipendano dal progresso dell’insieme del circuito femminile nella velocità media dello scambio. Un progresso che si verifica anno dopo anno, in modo quasi impercettibile ma costante, e che si può apprezzare solo a distanza di tempo, riguardando le immagini del passato.
Quando si è affermata, nel 2011, a colpire e far viaggiare la palla come lei c’era forse solo Serena Williams. Spesso capitava che la sua “velocità di crociera” da fondo campo fosse di per sé sufficiente a fare la differenza. Oggi secondo me non è più così. La concorrenza si è attrezzata, e in più sono emerse nuove giocatrici in grado di tirare molto forte.
Ho l’impressione che oggi diverse avversarie di Petra, dopo le difficoltà tipiche dei primi game, riescano a prenderle le misure e a gestire piuttosto bene i suoi colpi abbastanza piatti. Per cui o trovano la Kvitova in versione incontenibile, in grado di tirare a un palmo dalle righe ogni colpo, oppure riescono ad appoggiarsi alla palla e a reggere il ritmo con (relativa) tranquillità. In questi casi o Kvitova è in grado di aumentare ulteriormente la velocità (rischiando però di finire fuori giri, e di infarcire il match di errori gratuiti), oppure occorrerebbe disporre di soluzioni alternative.
Dato che non penso che possa puntare su una costruzione dello scambio più prudente e attendista (dovrebbe crescere di molto nella tenuta atletica, e questo richiederebbe un diverso modo di allenarsi…), penso avrebbe senso ragionare su una evoluzione tecnica, sviluppando ulteriormente le variazioni di spin e quelle sulla verticale.
Il tennis evolve anno dopo anno, costantemente, e chi non progredisce e rimane fermo rischia di perdere i vantaggi che aveva in passato.

Pagine: 1 2 3

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement