Andrea Arnaboldi, il leone di Cantù ruggirà ancora più forte

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Andrea Arnaboldi, il leone di Cantù ruggirà ancora più forte

Alla scoperta di Andrea Arnaboldi: “Voglio entrare nei primi 100. In Italia giovani promettenti, io punto su mio cugino Federico”

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Andrea Arnaboldi è uno dei più interessanti giocatori del circuito, non solo come tennista ma anche come persona, sempre gentile ed educato, un po’ schivo e di poche parole, sebbene quando si esprime lo faccia sempre con molta sicurezza nelle sue considerazioni mai banali. Ha 28 anni, ne compirà 29 a fine anno, ed attualmente è numero 252 del mondo, con un best ranking ottenuto esattamente un anno fa al numero 153. È mancino e sicuramente un tennista molto completo.

Andrea è di Cantù ed è soprannominato il leone canturino per la sua grande capacità di stare nella lotta, di non arrendersi mai pur non avendo atteggiamenti aggressivi o esagerati. Nel 2015 in un match di qualificazione al Roland Garros gioca un match di 4 ore e 30 minuti battendo il francese Herbert 27-25 al terzo set, che gli vale il record dell’incontro di 3 set più lungo della storia. Ciò che più piace di Andrea è la sua curiosità, che lo porta ad approfondire le conoscenze sul tennis al di là del suo gioco, e che gli consente di avere chiare quali siano le dinamiche anche psicologiche durante i match. Non è da escludere che diventerà un grande coach. Attualmente e da circa 3 anni è seguito da Fabrizio Albani come Coach e dal Mental Roberto Cadonati, e si allena vicino Bergamo. Andrea nel corso di questi anni è cresciuto sul piano umano, è maturato, il lavoro con il suo staff sta dando ottimi risultati e la sua è una crescita costante, anche se c’è stato un piccolo calo nel ranking: “Arna” ha però scelto spesso tornei importanti, facendo quali negli Slam, e dimostrando di avere il livello giusto per entrare nell’olimpo del tennis.

Lo abbiamo incontrato a Roma, al BFD Challenger organizzato presso il Due Ponti Sporting Club, dove Andrea è arrivato al secondo turno stoppato dal sorprendente Mikael Ymer soltanto 7-6 al terzo set anche a causa di crampi sul finire del match e ci ha concesso di dato l’opportunità meglio il suo tennis e i suoi obiettivi.

Ciao Andrea, come ti sei trovato al BFD Challenger e come è andata?
Mi sono trovato bene, torno sempre volentieri a Roma, l’organizzazione è ottima ed ho anche giocato un buon tennis.

Primo turno con Adam Pavlasek, tennista in grande ascesa, numero 80 del mondo e testa di serie numero 2 del seeding, battuto con una grande prestazione.
Sì, la partita con Pavlasek sapevo sarebbe stata complicata, lui gioca bene, e quindi l’avevo preparata sulla solidità, perché in genere il ceko regala poco e non volevo dargli sicurezze. Ho cercato la regolarità per poi accelerare nel momento giusto nel corso dello scambio.

Poi la sfida con il fratello piccolo degli Ymer, dove sei stato bloccato alla fine dai crampi.
Purtroppo sì, il primo set non è andato benissimo, ho fatto qualche errore di troppo e lui quando sta bene fisicamente è una roccia sebbene molto giovane. Nel secondo set ho imposto un ritmo superiore e ho preso in mano il set, vinto 6-1, poi nel terzo set è stata una lotta, e alla fine purtroppo i crampi hanno fatto pendere l’ago della bilancia a suo favore. Qualche rimpianto può starci ma il tennis è questo.

Come hai cominciato a giocare a tennis?
Grazie a mio papà che è un appassionato e giocava, quindi a circa 5 anni ho cominciato a Cantù, poi mi sono allenato a Montecarlo verso i 12 anni e a 16 anni e mezzo sono andato in Spagna, dove sono rimasto per 7 anni e mi sono affermato come giocatore professionista. Finalmente poi sono tornato ed eccomi qui, si viaggia tanto e si sta poco a casa, avere una base in Italia non è male.

Che giocatore è Andrea Arnaboldi?
Sono mancino, i fondamentali sono buoni, sono abbastanza completo, tatticamente credo di cavarmela bene nel senso che preparo un piano di gioco e lo applico. Atleticamente adesso sto bene, dopo un periodo da giugno ad agosto in cui le sensazioni non erano granché. L’aspetto mentale è quello che ritengo più importante per un pro e col mio coach Fabrizio Albani e il preparatore mentale Roberto Cadonati lavoriamo anche molto su questo, che alla fine può fare davvero la differenza.

Sul piano tecnico su cosa lavori principalmente?
Su tutto, curiamo ogni dettaglio, cercando di sviluppare e migliorare tutte le “armi” che possiedo. Ad esempio il servizio negli ultimi anni è diventato una buona arma, ma anche la risposta, o il rovescio in top, e poi bisogna stare bene fisicamente e si cerca di avere una buona tenuta durante tutta la stagione.

Obiettivo?
L’obiettivo è sempre dare il massimo. Mettere in campo il mio bagaglio tennistico, cercando di essere più continuo possibile. Obiettivo di classifica entrare nei top 100, si può fare, ora ho qualche punto in scadenza ancora, e andrò quattro settimane in Asia perché è una esperienza che voglio fare, cercando di trovare gioco e punti, poi vediamo se fare Brescia e Andria sul veloce indoor italico.

Qual è la tua superficie preferita?
Credo di avere un tennis adatto a tutte le superfici, si tratta solo di approcciarsi tatticamente in modo diverso e di studiare strategie differenti, e poi applicarle. Per alcuni versi potrei dire che il veloce si adatta bene al mio gioco, però alcuni dei migliori risultati sono arrivati proprio sulla terra come le qualificazioni raggiunte due volte al Roland Garros, che restano emozioni indelebili. Un tennista che comincia a fare il pro vede raggiunto un obiettivo quando gioca a Parigi.

Chi sono i giovani più interessanti in giro per il circuito?
Oltre a Thiem e Zverev che ormai conoscono tutti, aggiungerei Edmund, Fritz e Kachanov. Penso che tutti e tre abbiano un potenziale da top 10. In Italia credo che abbiamo diversi ragazzi giovani che potranno fare bene, io punto tutto su mio cugino Federico.

Ringraziamo Andrea Arnaboldi per la disponibilità e la grande gentilezza. Sta crescendo davvero tanto Andrea e sta raggiungendo la piena maturità, sia sportiva sia umana, e ricordiamo sempre che le due cose vanno di pari passo. Non c’è crescita professionale dell’atleta senza prima uno sviluppo delle proprie potenzialità umane a 360 gradi. Batti il 5, Leone Canturino.

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