https://soundcloud.com/ubitennis/andy-murray-numero-uno-e-campione-a-bercy
Non ho nulla contro John Isner, ma sono contento che Andy Murray abbia vinto il torneo di Parigi-Bercy. Sono contento perché in passato è successo qualche volta che un giocatore fresco numero uno perdesse in finale dal colui che aveva appena detronizzato. Accadde a Wimbledon quando Sampras battè Agassi, ma Andre, che aveva fatto peggio negli ultimi dodici mesi, diventò ugualmente numero uno del mondo privando l’americano di sangue greco della prima posizione del ranking. Ed era fastidioso spiegare ogni volta che chi vinceva non era il numero uno del mondo. Se Murray avesse perso da Isner, un giocatore meno conosciuto alla gran massa dei lettori, sarebbe stato ancora più seccante doverlo spiegare.
Murray è il più anziano numero uno del mondo della storia del tennis. Tutti, noi compresi, ci siamo basati su ciò che ha comunicato l’ATP, dicendo che il più vecchio a salire sul gradino più alto del ranking era stato John Newcombe quando detronizzò Nastase nel ’73, ma tutto questo era successo perché il computer dell’ATP era nato solo qualche mese prima, nell’agosto del 72. In realtà John Newcombe aveva già vinto Wimbledon nel ’67, nel ’70 e nel ’71, aveva in bacheca più di dieci tornei e poteva essere considerato molto probabilmente almeno per qualche mese il numero uno del mondo.
Mi preme poi sottolineare, perché la memoria storica manca a quasi tutti coloro che oggi commentano il tennis, che ho ascoltato oggi Francesca Schiavone commentare la finale e riferire che Barazzutti le avesse detto di aver vinto tre volte a Bercy. Non è corretto: Barazzutti non ha mai vinto Bercy, perché all’epoca Bercy non esisteva ancora. Si giocavano tornei molto diversi con soli 50.000 dollari di montepremi, come Palermo o Firenze. Corrado vinse a Parigi nel ’77 (il suo anno migliore, che gli consentì pochi mesi più tardi di raggiungere la settima posizione del raking. Un traguardo importante, anche più della vittoria di un semplice torneo) battendo in finale Gottfried, un ottimo giocatore, ma nei turni precedenti dovette vedersela con avversari modesti quali l’americano Sylvan, sconosciuto o quasi e in semifinale affrontò invece Jeff Boroviak, altro statunitense non irresistibile. Arrivò nuovamente in finale nel ’79 perdendo da Solomon. Anche quello non fu un torneo di livello eccelso.
Andy Murray, come ripeto da giorni, merita la vetta del ranking. A dire il vero l’avevo già detto qualche settimana fa, quando avevo sostenuto che meritasse il numero uno del mondo semplicemente perchè negli ultimi sei mesi lo scozzese ha vinto molto più di Djokovic. Magari tra una settimana a Londra, dove Ubitennis sarà presente con quattro inviati, la classifica cambierà nuovamente ove Novak riuscisse a risorgere da questo mesi che non son stati per il suo livello certo brillanti. Io stesso ho scritto in passato che dei Fab Four Murray fosse il meno forte, che lo scozzese fosse Ringo Starr. Oggi questo non si può più dire, non si può più parlare di Murray accostandolo al batterista dei veri Fab Four, perchè Ringo Starr non era solo il più scarso dei Beatles, ma era anche più scarso di molti altri batteristi dell’epoca, mentre Andy Murray, se non è oggi per numero di titoli vinti all’altezza dei primi 3, è comunque decisamente il più forte dei numeri 4, e questo se continueremo a considerarlo tale. La sua carriera parla per lui: due volte Wimbledon, la coppa Davis, le due Olimpiadi, la caterva di Master Mille. Sono contento che ce l’abbia fatta, se lo meritava.
Bravissima, straordinaria la madre, che ieri ha twittato “You’ve come a long way baby“. Avere due figli, uno numero uno in singolare, l’altro in doppio, non può non voler dire essere una madre meravigliosa. Per il resto va detto anche che Murray ha avuto il coraggio di riprendere un allenatore dal quale si era separato, Ivan Lendl. Con lui ha raggiunto i migliori risultati ed è pure riuscito a strappargli un sorriso quest’anno a Wimbledon, Lendl che veniva considerato il Buster Keaton del tennis, colui che aveva sense of humor, ma non sorrideva mai. Ivan ha dimostrato di saperci fare, è riuscito a riacciuffare la carriera di un giocatore che era andato in crisi, anche per il problema alla schiena. Lo ha ritirato su fino a fargli raggiungere il numero uno del mondo.
Quarantatre titoli vinti non si discutono. Murray è un degnissimo campione, un giocatore che già 7 anni fa era numero due del mondo (la prima volta nel 17 agosto del 2009), e dopo 76 settimane consecutive da numero due meritava di salire sul trono del tennis. Se ci starà a lungo non lo so, potrebbe anche durar pochissimo, come è accaduto a Carlos Moya che è rimasto lì due settimane o Pat Rafter che mi pare non abbia trascorso più di sette giorni da numero uno. Con il declino anagrafico di Federer e i problemi fisici di Nadal era inevitabile che prima o poi Andy Murray salisse sul trono del tennis.