In questi giorni senza tennis gli appassionati si stanno consolando con l’IPTL, che regala sempre attimi divertenti e da ricordare. Proprio in occasione di questo torneo di esibizione, Marat Safin – in gara con i Japan Warriors – ha concesso un’intervista allo “Strait Times”, parlando in modo inedito della sua vita quando era nel circuito.
“Ero un po’ troppo estremo, ma non c’era cattiveria né ero contro qualcuno, era solamente un modo per esprimere me stesso. Non riuscivo a tenermi le cose perché tutto mi ribolliva dentro. Sono andato oltre i limiti e, ripensando ora a ciò che ho fatto, non mi è piaciuto ciò che ho fatto. Ho apprezzato il fatto che la gente non mi abbia giudicato per ciò che ho fatto, prendevano le cose in un bel modo anche quando superavo i limiti“. Molti hanno paragonato Nick Kyrgios, astro nascente del tennis mondiale, al fuoriclasse russo, il quale ha voluto esprimere la propria opinione anche sul ragazzo di Canberra: “È una buona persona con un gran cuore e una luce dentro“.
Secondo Marat, la vita nel tour può essere davvero dura e per avere successo sono importanti diversi aspetti: “Col tempo capisci chi è davvero importante chi ti sta intorno. Il tuo team deve dirti la verità anche se fa male e darti la possibilità di proseguire il tuo viaggio. C’è una linea sottile tra l’essere soddisfatti del nostro gioco e di ciò che facciamo. Se iniziamo a giudicare i nostri comportamenti perdiamo il controllo di noi stessi e delle nostre emozioni“. Infine una chiusura sulla vittoria di Melbourne del 2005 e su come imparare dagli errori: “Vincere il mio secondo Slam è stato più di un sollievo, credevo di un essere uno di quelli che vincono uno Slam e poi spariscono. Dopo la vittoria, mi sono seduto nello spogliatoio e ho ringraziato Dio per avercela fatta. Anziché godermi il momento, ho sofferto. Ecco perché non voglio che i ragazzi soffrano per il tennis, è solo un gioco. Bisogna accettare quello che si fa di sbagliato. A volte la verità può far male, ma quando impari da essa cresci e diventi più maturo. Nella vita si impara qualcosa fino all’ultimo giorno”.