Pietrangeli difende la Davis classica: "La vogliono ammazzare"

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Pietrangeli difende la Davis classica: “La vogliono ammazzare”

Intervenuto con gran successo (e tanti aneddoti) alla presentazione del libro sulla Davis 1976, il capitano di quella spedizione vincente ha difeso con fermezza il formato della competizione dalle velleità innovatrici

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Ne ha di storie da raccontare, Nicola Pietrangeli. È uno dei simboli italiani del tennis che ha giocato, vissuto, “capitanato”. E che oggi difende, perché quel tennis ha fatto la storia ma ciò non lo salva dal venir messo in discussione. Proprio alla storia era legata la ragione della sua ultima apparizione davanti a un microfono, ieri pomeriggio nella sala del Circolo Magistrati della Corte dei Conti (dove il figlio Raoul è tecnico nazionale FIT) per presentare assieme agli autori e ad altri ospiti il libro “1976, Storia di un trionfo”.

L’argomento del libro è quello della storica – e unica – Coppa Davis vinta dall’Italia, conclusa dalla spedizione nel Cile di Pinochet che compie quarant’anni in questi giorni. Sul clima politico e sportivo dell’epoca, rare altre volte così intrecciato, gli autori hanno fatto luce grazie alle numerose testimonianze raccolte, tra cui quelle del nostro direttore e – appunto – di Pietrangeli. “La Coppa la hanno vinta i giocatori” ricorda come sempre lui che di quel quartetto fu il capitano, “ma il merito di averli portati in Cile me lo prendo tutto. E mi prendo anche il merito di aver trasformato in una squadra due coppie che neppure si parlavano”. Adriano Panatta e Paolo Bertolucci da una parte, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli dall’altra “che pur di non incrociarsi neppure nella corsa di riscaldamento, partivano dai lati opposti del campo di atletica”. Il primo – dice lui – a concedere ai giocatori di portare le mogli in ritiro, il più bravo – dice sempre lui, con il solito tono ironico – “a porgere bene l’asciugamano e aprire la bottiglia dell’acqua, perché questo doveva fare un capitano con a disposizione dei giocatori come loro”.

Tanti altri sono gli aneddoti raccolti nelle quasi duecento pagine messe insieme da Lucio Biancatelli e Alessandro Nizegorodcew, presenti in sala assieme a Mario Giobbe e Giuseppe Chisari – tra i pochissimi inviati a Santiago – e a Gigi Oliviero, alla cui incoscienza giovanile e pesantissima cinepresa dobbiamo le uniche immagini di quella mitica trasferta. Al termine della presentazione c’è stato spazio per chiedere una dedica sulla propria copia del libro, e soprattutto per fare qualche domanda. Cosa ne pensa Nicola Pietrangeli dell’idea di giocare la Coppa Davis in campo neutro, di semifinali e finale tutte insieme, argomento di dibattito negli ultimi mesi? “No, no” scuote vigorosamente la testa. “Sarebbe una schifezza, la Davis è bellissima così com’è. Se Murray contro del Potro l’avessero giocata a, mettiamo, Zagabria sarebbe stata così emozionante? E poi in Coppa Davis, con la maglietta della Nazionale, vengono cinquemila persone pure a veder giocare un cameriere. La vogliono ammazzare la Coppa Davis, da anni, ma non so proprio perché”. Più chiaro di così…

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