Daniel Evans, il Calimero di Birmingham alla seconda settimana degli AO

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Daniel Evans, il Calimero di Birmingham alla seconda settimana degli AO

Il britannico sbagliato, nel momento sbagliato, nel luogo sbagliato. Dan Evans è in ottavi a Melbourne, con una maglietta da venti dollari

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Daniel Evans è tuo cugino. No, non per davvero, ma il senso più o meno è che potrebbe esserlo, come potrebbe essere il tuo collega che ti strizza l’occhio quando passa “quella carina che lavora al piano di sopra”, come potrebbe essere il tipo contro cui ogni tanto giochi al circolo, quello che galleggia intorno alla classifica di 4.3 perché ha un gran rovescio ma un ancor più grande amore per la birra. Anzi no, non per davvero – di nuovo. Quello magari poteva essere Daniel Evans qualche tempo fa. Daniel Evans vero è un tennista britannico professionista che in primavera compirà ventisette anni, età tarda per sbocciare e forse non abbastanza avanzata per vivere una “seconda giovinezza” dal sufficiente clamore. Gli è capitata anche l’epoca sbagliata per provare ad essere il miglior tennista britannico in assoluto, perché a meno che la Scozia non decida di ricostruire il Vallo di Adriano c’è quell’Andy Murray – che guarda in basso e vede tutti quanti, guarda in alto e non vede nessuno. Gli è capitato persino il semestre sbagliato per fare il tennista britannico sopra le righe, mannaggia: la buffa avventura di Marcus Willis a Wimbledon non si batte.

La settimana passata però è stata quella giusta e Daniel Evans, “Dan”, l’ha passata a vincere. A Melbourne Park ha battuto Facundo Bagnis (vabbè), Marin Cilic e l’ultimo aussie boy ancora in gara, Bernard Tomic, lasciando peraltro un misero set al terzetto di sconfitti e tenendo gli altri nove per sé. Ma per sé veramente, visto che Dan è abituato a venire scaricato: nel 2010 la Lawn Tennis Association si ruppe le scatole del suo scarso impegno e della sua poca propensione alla routine da atleta e gli tagliò i fondi, salvo poi ripensarci e dopo dodici mesi ri-ripensarci e tagliarglieli di nuovo. “Non capisce, per lui il tennis è un breve intervallo nella vita, una delle tante cose che fa” disse di lui il suo coach Julien Hoferlin – un altro che lo ha lasciato da solo, purtroppo, passando a miglior vita nell’aprile dello scorso anno. Addirittura Evans non ha uno sponsor, visto che la Nike ha deciso di non rinnovargli il contratto. E così niente neon arancione per lui, che è andato ai grandi magazzini a comprare t-shirt bianche da venti dollari di tasca sua – e Bagnis-Cilic-Tomic li ha battuti indossando quelle.

Adesso ha una fidanzata, che lo ha convinto a fare il tennista (sul) serio e a preparare una off season più indirizzata verso la season che verso l’off. Ha di nuovo il supporto della Federazione, tant’è vero che il capitano di Davis britannico Leon Smith è quasi sempre nel suo box. E c’è quel tatuaggio con la frase di Samuel Beckett: “Every saint has a past, every sinner has a future”, ogni santo ha un passato e ogni peccatore ha un futuro, che lo ha reso semi-celebre (anche su questo è stato anticipato, da Wawrinka). Il suo futuro, da peccatore o meno, adesso passa per la sfida degli ottavi contro Jo-Wilfried Tsonga.

Alla redenzione in generale crediamo pochino, al massimo abbiamo visto tennisti vincere nonostante i bagordi e ci siamo domandati invano quanto altro avrebbero vinto con la sveglia alle sette di mattina, il pilates, la dieta macrobiotica. Di narrativa sulla rinascita abbiamo fatto il pieno l’anno scorso con del Potro, e quest’anno la moltitudine spera che Lazzaro possa essere uno tra Roger e Rafa. Per l’ennesima volta, quindi, Evans sembra essere piombato nel momento meno adatto per prendersi la sua porzione di gloria. Pare però che non gliene freghi assolutamente nulla, alleluia.

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