AO interviste, Federer: "Wimbledon 2009? Lo meritava Roddick"

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AO interviste, Federer: “Wimbledon 2009? Lo meritava Roddick”

Australian Open, quarti di finale: [17] R. Federer b. M. Zverev 6-17-5 6-2. L’intervista del dopo partita a Roger Federer

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Degli otto match che hai giocato fino ad ora dopo sei mesi, qual è la cosa che ti ha sorpreso di più?
Penso sia stato vincere diversi match uno dopo l’altro al meglio dei 5 set. Per me era un grosso punto di domanda il fatto di riuscirci o meno. Avevo la sensazione di poter essere pericoloso in un singolo match, ma con l’andare avanti del torneo pensavo che la mia energia sarebbe svanita. Essere ora nelle semifinali avendo giocato così bene, e sentendomi così bene, è per me una grande sorpresa. Se qualcuno mi avesse detto che avrei giocato con Stan in semifinale non ci avrei mai creduto. Onestamente non sapevo neanche che lui fosse nella mia parte di tabellone. Mi ero reso conto che giocava nei miei stessi giorni, però non avevo dato uno sguardo ai quarti di finale perché mi sembrava impensabile per me.

Puoi parlarci di come le dinamiche ora siano cambiate con Stan, considerando che ha vinto 3 Slam?
Guarda, come molti altri, io ho avuto la fortuna di giocare con alcuni ragazzi quando erano ancora giovani e questo mi avvantaggia sugli scontri diretti. Comunque a me non interessano più di tanto i testa a testa, perché penso che ogni giorno sia un match a sé stante. Penso che lui all’inizio avesse difficoltà sui campi veloci. Ricordo di averlo incontrato a Rotterdam e aveva evidenti difficoltà con gli spostamenti e il lavoro di piedi; non era a suo agio. È per questo che per me è stato incredibile vederlo vincere il primo Slam in Australia. Io pensavo che il primo che avrebbe vinto sarebbe stato il Roland Garros, perché sulla terra si muove senza sforzo. Ora è diventato un gran giocatore su tutte le superfici e lo rispetto enormemente.

Considerando quanto stai giocando bene dopo la pausa di sei mesi, pensi che ti prenderai più spesso un break del genere?
Gioco un torneo e poi sto fermo per sei mesi (sorride). A quel punto non avrei nessun ranking perché non si può essere sempre capaci di vincere il torneo. Ho sempre pensato che le pause siano importanti per me. Se guardi indietro nella mia carriera, ho giocato sempre ma ci sono anche delle lunghe vacanze, lunghe pause. So che voi non sapete esattamente cosa faccio io durante il mio tempo libero o quando non mi vedete dopo Wimbledon, cosa faccio prima di Cincinnati o l’Open del Canada, o cosa faccio quando la stagione è finita. Ricordo alcune stagioni in cui non ho colpito la pallina per 4, 5 settimane. Credo che la cosa sia stata importante per me per sfruttare la mia longevità. Alcune volte mi sono confrontato con il mio team e ho creduto di passare troppo tempo senza giocare, perché mi sentivo in fiducia. Quando vinci uno Slam e giochi bene, se poi ti fermi è un po’ uno spreco. Però se guardo alla totalità della cosa, è stata una buona decisione e spero che questi sei mesi mi aiuteranno per il futuro. Comunque siamo ancora agli inizi del mio rientro. Voglio prima giocare un paio di mesi e girare con il tour, per riassestarmi, e poi forse ad aprile vedremo come sta andando la mia programmazione. Non sarò affatto capace di giocare 27 tornei all’anno, e questo lo sappiamo tutti, però 17 o 18 è assolutamente fattibile.

Cos’è cambiato nel rapporto che hai con Stan ora che lui ha vinto degli Slam ed ha una classifica più alta della tua?
Non ricordo quando è cominciato, ma ricordo che all’inizio davo a Stan molti consigli su come avrebbe dovuto giocare contro certi avversari. La cosa che mi piace di lui è che quando gli dico uno cosa lui la capisce ed è in grado di metterla in pratica. Ci sono alcuni giocatori che quando gli dici qualcosa non hanno idea di cosa tu stia parlando, mentre Stan è bravissimo ad imparare le cose. Poi è arrivato un periodo in cui ha iniziato a chiamarmi sempre meno, e anche io non gli davo più molti consigli perché vedevo che si era costruito la sua base di conoscenze, aveva un suo team e un suo piano di lavoro. Ad ogni modo io ero contento di come erano andate le cose e che lui fosse riuscito a seguire la sua strada. Questo è successo qualche anno prima che vincesse il suo primo Slam.

Tu gli hai mai chiesto dei consigli?
Certo che l’ho fatto. Ci parliamo sempre, soprattutto quando siamo nella stessa squadra in Davis. Parliamo degli altri giocatori, è successo. Però il 95% delle volte sono io a dargli consigli.

È strano che ora tu sia in semifinale qui mentre un ragazzo con il quale sei cresciuto, Andy Roddick, sia diventato membro della Hall of Fame? Lo hai incontrato?
No, mi è stato appena detto che è qui e la cosa è fantastica. Spero di incontrarlo, Andy è un ragazzo fantastico e un tennista grandioso. Si merita questo e spero di congratularmi con lui e che non prenda il primo volo per partire da qui. Sono felicissimo. Abbiamo avuto tante belle battagli. Forse a Wimbledon nel 2009 se la sarebbe meritata più lui, però io diedi il massimo in campo. E poi Mirka aspettava le bambine e io avevo appena vinto il Roland Garros, quindi ero molto carico. Comunque lui ha vinto l’ultima volta che ci siamo incontrati e io la prima, quindi tutto quello che c’è in mezzo lo possiamo ignorare.

Andy ha detto che per te è una fortuna che lui si sia ritirato perché altrimenti ti avrebbe battuto più spesso.
A noi due piace molto scherzare tra noi (Sorride).

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