Kiki Mladenovic, Ivan Lendl e il dilemma del rovescio - Pagina 2 di 3

Al femminile

Kiki Mladenovic, Ivan Lendl e il dilemma del rovescio

A che punto è il tennis francese? Primo articolo, dedicato a Kristina Mladenovic, di una serie che si occuperà del movimento femminile d’oltralpe

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Quali sono le sue caratteristiche? Alta 1,84 (secondo la scheda WTA), ha un repertorio tecnico piuttosto completo, anche se non tutti i colpi hanno la stessa efficacia. Il servizio è di notevole livello, con una prima palla potente e incisiva; secondo me ha la soluzione migliore nel colpo a uscire da destra con un leggero slice. La sua pericolosità con questa traiettoria ricorda quello delle più forti mancine sul quadrante opposto; e per una tennista destra non è cosi scontato essere altrettanto efficace.

La seconda di servizio risente molto, secondo me, dell’umore: ci sono match in cui è piuttosto affidabile e altri in cui i doppi falli finiscono per appesantire i turni di battuta, tanto è vero che Mladenovic è quasi sempre presente nella classifica di fine anno delle giocatrici con più doppi falli all’attivo. Nel servizio credo abbia ancora margini di miglioramento, tenendo conto anche del fatto che non sempre il lancio di palla è stabile: è infatti portata a commettere lo stesso errore che era tipico di Ana Ivanovic, con lanci che “scappano” verso destra/avanti rispetto alla verticale più corretta.

Nei colpi da fondo la sua forza è nel dritto, che cerca di giocare il più frequentemente possibile, sia durante lo scambio (girando attorno alla palla per l’inside-out) sia in risposta: spesso in ribattuta si prende dei rischi, lasciando sguarnita la parte del dritto per spostarsi in anticipo a sinistra con l’obiettivo di evitare l’uso del rovescio. Atteggiamenti che non sorprendono perché Kiki tra le giocatrici che stanno ai piani alti del ranking è una delle più “asimmetriche”; forse solo Samantha Stosur si può paragonare a lei in quanto a differenza di efficacia tra dritto e rovescio.

Con il dritto infatti Mladenovic è in grado di ottenere punti da qualsiasi parte di campo: sia attraverso traiettorie classiche sia attraverso quelle anomale. Non solo: con il dritto è anche capace di eseguire un colpo quasi scomparso nel tennis di oggi: il back di approccio per le discese a rete. In sostanza con il suo colpo più forte può manovrare e governare lo scambio contro quasi tutte le avversarie; proprio come Stosur. Rispetto a Samantha, però, il suo dritto è meno carico di spin e tende a viaggiare più piatto, con traiettorie più raso-rete.

Il lato meno sicuro di Mladenovic è quello del rovescio. La differenza con il dritto è notevole, tanto che secondo me nel suo caso la debolezza dalla parte sinistra finisce quasi sempre per diventare il tema principale dei suoi match: non solo sul piano tecnico, ma anche su quello tattico e psicologico. Tatticamente, infatti, le avversarie sanno che quando sono in difficoltà durante lo scambio possono provare a rifugiarsi nell’angolo sinistro per evitare di essere sopraffatte dalla sua potenza: cominciare a scambiare sulla diagonale sinistra può diventare la miglior risorsa per riequilibrare il palleggio.

Va detto però che Mladenovic dispone di una efficace smorzata per punire chi si difende stando troppo lontana dalla linea di fondo. Quindi anche giocare sistematicamente sul rovescio di Mladenovic non esclude delle insidie; e se fino a qualche anno fa il drop-shot a cui faceva ricorso era quasi sempre lungolinea, nel tempo è diventato meno prevedibile grazie all’aggiunta della soluzione incrociata.
La facilità nella smorzata di rovescio è un sintomo del fatto che Kiki sa eseguire anche lo slice a una mano, un colpo a cui può ricorrere come alternativa a quello in top bimane. A proposito del rovescio potrei fermarmi qui, se non fosse che nei match di Kiki l’utilizzo di questo colpo appare più governato da ragioni psicologiche che tattiche. Lo avevo accennato sopra e, anche se mi rendo conto che a questo punto il discorso si fa complesso (e opinabile) come quasi sempre quando entrano in gioco questioni mentali, proverò a spiegare come la penso.

Secondo me Mladenovic percepisce il suo rovescio non solo come un punto debole del proprio arsenale (questo è un dato di fatto), ma valuta anche (più o meno consciamente) in modo diverso l’utilizzo tra il rovescio in top e quello in back. A mio avviso percepisce l’utilizzo dello slice come una rinuncia, un’ammissione di debolezza da non concedere all’avversaria. Quindi appena può cerca di spingere con il top bimane, perché quello è il colpo che associa alla Kiki coraggiosa e spavalda.
Quando invece proprio non riesce a utilizzare la soluzione bimane (perché la palla per lei è troppo lontana negli allunghi, o troppo bassa per le sue lunghe leve) e deve fare ricorso allo slice, si trova con uno stato d’animo insoddisfatto, perché quello è il colpo che associa alla Kiki timorosa e remissiva.

Con questi presupposti non sorprende che Mladenovic finisca per limitare le proprie opzioni tattiche: contro poche avversarie l’ho vista fare ricorso allo slice in funzione aggressiva, come una risorsa in grado di mettere in difficoltà chi non ama colpire le palle basse e sfuggenti. Eppure sappiamo che una giocatrice come Roberta Vinci è riuscita a trasformare lo stesso problema (la difficoltà a giocare il rovescio in top) in un punto di forza, grazie all’uso pungente dello slice. E anche Samantha Stosur è arrivata in finale al Roland Garros ricorrendo al back di rovescio, che nei primi anni di carriera era la soluzione che le garantiva maggiore solidità dalla parte sinistra.

Allora perché sottostimare l’efficacia del back? Difficile capirlo se non, forse, ricorrendo a questa ipotesi: può darsi che Mladenovic abbia un obiettivo particolarmente ambizioso e stia interpretando questa fase di carriera in modo simile a quanto fece Ivan Lendl.

a pagina 3: Lendl, Mladenovic e il dilemma del rovescio

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