C’è l’Italtennis senza Fognini: Lorenzi-Darcis prima sfida (Scanagatta). Sempreverdi azzurri, provateci voi (Cocchi)

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C’è l’Italtennis senza Fognini: Lorenzi-Darcis prima sfida (Scanagatta). Sempreverdi azzurri, provateci voi (Cocchi)

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 Davis: Lorenzi, siamo nelle tue mani (Stefano Semeraro, La Gazzetta dello Sport)

Primo comandamento: non abbattersi mai. Il primo a scendere in campo per l’Italia oggi, nel quarto di finale Davis contro il Belgio, sarà Paolo Lorenzi, il Federer dei Challenger che per esorcizzare il pronostico negativo azzarda una battuta, decisamente irriverente per i federeriani ortodossi: «Be, Roger ha vinto 18 Slam, io 18 Challenger: che differenza c’è?…». E giù una risata. Sul cemento indoor dello Spiroudrome di Charleroi, lo stesso impianto dove strappammo al Belgio la prima delle nostre quattro Fed Cup nel 2006, Paolo sfiderà il n.51 del mondo Steve Darcis nel singolare d’apertura di un incontro che per l’Italia si è complicato dannatamente (anche in doppio) per il forfait di Fabio Fognini. Dopo la semifinale raggiunta a Miami, via twitter Fabio ha spiegato che la fascite al piede e il risentimento al polso – e un erede in arrivo, aggiungiamo noi – gli hanno sconsigliato di partire per Charleroi, e al suo posto in squadra è entrato Alessandro Giannessi, n.122 del mondo. Con il Belgio non giochiamo da 17 anni; l’ultima volta, a Mestre nel 2000, i due fratelli Rochus ci fecero retrocedere per la prima volta nel Gruppo II. Nel bilancio nei precedenti l’Italia è avanti 5-3 ma Goffin e Co., sconfitti due anni fa solo dalla Gran Bretagna di Murray nella finale di Gand, sulla carta sono più forti, specie sul veloce. Per tenere viva la speranza di agguantare la semifinale oggi bisognerà portare a casa almeno un punto, e il match più a portata sembra proprio quello di Lorenzi, visto che a seguire toccherà ad Andreas Seppi, oggi n.76 del mondo e al numero 1 del Belgio, David Goffin che nel ranking mondiale occupa il 14° posto. La Davis, però, è tradizionalmente nemica delle classifiche e dei ragionamenti scontati. «La superficie è veloce», ammette capitan Barazzutti. «Ma i nostri sono abituati a giocare ovunque. Darcis in Davis si esalta, Goffin è entrato fra i top 10, ma anche noi sappiamo interpretare bene queste sfide». Darcis a febbraio ha interrotto l’attività per stare accanto alla figlia Camille, tre anni, che doveva essere operata al cuore. Ora la piccola sta bene e Darcis, 20 vittorie e 8 sconfitte in Davis, è tornato in squadra. «Al primo turno Goffin non c’era», analizza Lorenzi. «E Darcis ha eliminato quasi da solo la Germania battendo sia Zverev sia Kohlschreiber. E’ vero che la superficie e veloce e le palline rimbalzano poco, ma io sto bene e conto di dare il mio contributo». Lo conforta l’unico precedente, nel 2015, che lo ha visto vincitore a Metz, mentre nel caso di Seppi il bilancio è di 2-0 per Goffin. «L’ideale sarebbe scendere in campo sull’1-0», dice Andreas. «Con David ho perso sempre, è uno che ti fa giocare tanti scambi, ma non mi sento certo battuto. Anche noi in Coppa Davis sappiamo esaltarci e puntiamo a vincere come abbiamo fatto in Argentina al primo turno».

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C’è l’Italtennis senza Fognini: Lorenzi-Darcis prima sfida contro il Belgio (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

L’Italdavis orfana di Fabio Fognini alle prese con il Belgio di David Goffin n.14 del mondo (e n.8 della Race 2017) parte certo sfavorita ma non battuta a Charleroi, cittadina di 300.000 abitanti che si dice esser popolata per un trenta per cento da italiani, fin da quando i nostri emigranti furono fortemente incoraggiati dal Governo belga che aveva necessità di mano d’opera nelle sue miniere (l’ultima chiusa ormai vent’anni fa). Qualcuno ricorderà la spaventosa tragedia di Marcinelle, a dieci minuti da qui: per un corto circuito e il blocco degli ascensori, fra l’8 e il 22 agosto 1956, morirono asfissiate 262 persone (su 274), fra cui 136 italiani. Il Belgio, finalista in Davis due anni fa per la prima volta dal 1904, ha perso 5 volte su 8 dall’Italia, ma la sua ultima vittoria, a Mestre 2000, coincise con la prima retrocessione dell’Italia in serie B, il defenestramento di Paolo Bertolucci capitano, l’arrivo di Corrado Barazzutti che da quella sedia, come il presidente federale Binaghi che lo nominò, non s’è più mosso. Assente Fognini, malmesso a un piede come a un polso, qui allo Spiroudome, l’Italdavis si affida a due veterani, e sarà Paolo Lorenzi, 35 anni e n.38 Atp, a dover cercare il punto della speranza nel primo match di oggi contro Steve Darcis, 33 anni e n.53, sulla base dell’unico precedente a lui favorevole (Metz 2015). Seppi, 33 anni e n. 76, ieri ha ripetuto più volte: «Spero di scendere in campo contro Goffin (dal quale ha perso 2 volte su 2) sull’1-0 per noi». «Il campo è molto veloce, soprattutto con le palle nuove all’inizio» ha sottolineato Simone Bolelli che non sa ancora con chi giocherà il doppio domani. Di certo non con Giannessi (Barazzutti ama annunciare sempre il doppio che non giocherà, tanto può cambiare formazione fino a un’ora prima delle 15 di sabato).

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«Quanto ci esalta la Davis» (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Il numero due belga, Steve Darcis, è conosciuto come “lo squalo”. Forse perché la pelata gli ha garantito un’accentuata carenatura al volto, o forse perché i belgi sanno essere anche spiritosi, visto che di prede, finora, lo squalo Steve non ne ha addentate poi così tante. Buone è possibile (Rafa Nadal, Alex Zverev), ma non numerose. Il Belgio, però, è squadra tosta. Nel 2015, anno della finale persa contro Murray & c., hanno fatto fuori Svizzera, Canada e Argentina; quest’anno si sono ripetuti con la Germania (nella pratica confezione da trasferta), e ora intendono farlo con noi, in questo week end a Charleroi, luogo di una delle nostre vittorie più belle, ma al femminile (2006, prima Fed Cup azzurra). Questa Italia rabberciata di Coppa è partita lunedì da sfavorita ed è giunta a Charleroi un po’ più sfavorita di prima. Fabio Fognini ha perso l’aereo per due validissimi motivi, un guaio al polso e uno alla caviglia, entrambi rimediati sotto il sole della Florida, dove il percorso compiuto è stato lungo e faticoso. Mentre il Belgio rispolvera per l’occasione David Goffin, assente contro i tedeschi. E’ il numero uno (14 Atp, ma 10 due mesi fa), e sa giocare anche bene, soprattutto sul rapido, dato che Madre Natura non gli ha garantito i muscoli e i centimetri che servono a far sfoggio di potenza. Un tipo agile, piè veloce come pochi, che ama movimentare i suoi match con continue incursioni e quest’anno ha racimolato due finali (Sofia, persa con Dimitrov, poi Rotterdam, persa con Tonga) sui campi indoor, proprio come quello sul quale i belgi ci hanno invitato, nello “Spiroudome de Charleroi”, che Barazzutti ha ribattezzato veloce «fin troppo». E dunque, dentro Alessandro Giannessi, quinto in Argentina, quarto in Belgio, con accoppiamenti già scritti: Darcis (53 Atp) contro il nostro numero uno Lorenzi (38), Goffin opposto a Seppi (76) in prima giornata. Poi un doppio da scrivere, nel quale è possibile che Bolelli faccia coppia con Seppi, forse contro Bemelmans e De Loore (che hanno battuto i fratelli Zverev), e per finire Goffin-Lorenzi e Darcis-Seppi. Possibilità di scalare la montagna ci sarebbero pure, a dirla tutta… Ma serve l’impresa. Ci spera Lorenzi, anche se Darcis «in Davis è un tipo pericoloso, che da solo ha battuto la Germania». «Importante sarebbe partire con il piede giusto. Campo veloce e palline che rimbalzano poco sono la scelta migliore per i belgi, ma in questi giorni di allenamento anche noi abbiamo preso le misure». Ancora più convinto Seppi, che lancia lo slogan «a noi la Davis ci esalta», anche se poi aggiunge: «Ho giocato due volte con Goffin e ci ho perso, ma è uno che fa giocare molti scambi». Se non altro, permette di ragionare. Se con Seppi è 2-0 (i match sono del 2015), Goffin ha un precedente con Lorenzi ancora più lontano, una vittoria nel 2014. Darcis è 1-1 con Seppi e 0-1 con Lorenzi (nel 2015, indoor). Italia e Belgio sono 5-3, e l’ultimo match risale all’anno Duemila. Brutti ricordi: i belgi vinsero a Mestre e ci spedirono in serie B.

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Goffin, il nemico è un elfo piccolo e veloce (Stefano Semeraro, La Gazzetta dello Sport)

Il nemico numero uno dell’Italia del quarto di finale contro il Belgio è un elfo dal passo veloce che usa la racchetta come una fionda per abbattere i giganti. Si chiama David Goffin, è il n.14 del mondo e quel nome gli calza a pennello, visto che in uno sport dove circolano sempre più Golia lui sembra il Davide della Bibbia: leggero, astuto, quasi infallibile. Soprattutto leggero: se scorrete la classifica Atp scoprirete che David è l’unico top 30 a pesare meno di 70 chili (68, per un metro e 80 centimetri di altezza) insieme a Gilles Simon, l’ex n.6 Atp francese che ne pesa giusto 70 e che qualche anno fa profetizzò: «Sarà David il prossimo peso piuma fra i top-10». Una profezia avveratasi, per ora fugacemente, nello scorso febbraio. Da bambinetto David – che è nato nel ’90 a Rocourt, lo stesso sobborgo di Liegi che ha dato i natali ad un’altra meravigliosa taglia piccola del tennis belga, Justin Henin – mulinando la racchetta in giardino insieme al fratello si immaginava nei panni di Agassi. Al tennis lo ha avvicinato papà Michel, maestro al Barchon Club di Liegi, crescendo ha iniziato ad ammirare Federer («avevo la camera tappezzata di sue foto»), ed è stato proprio contro di lui, negli ottavi del Roland Garros 2012, che Goffin si rivelò perdendo in quattro set ma impressionando tutti con il suo tennis fatto di controtempi luccicanti, di tempi rubati, di spiazzanti rovesci lungolinea. Fin lì c’era arrivato da lucky loser superando tipi come Stepanek, Clement e Kubot, e da lì ha continuato ad arrampicarsi agile lungo la classifica, smentendo chi pensa che il tennis vada ormai giocato solo con la clava. Fuori dal campo è l’antipersonaggio per eccellenza, come gli elfi preferisce nascondersi che apparire; in campo ha dimostrato di essere un talento universale anche se per ora, a parte la finale di Davis a cui ha trascinato il Belgio nel 2015, e persa con la Gran Bretagna di Murray, non ha raccolto tantissimo: due tornei vinti e due quarti di finale, al Roland Garros e in Australia, come miglior risultato negli Slam. A Charleroi dovrà affrontare anche il fuoco amico, visto che i parenti della sua fidanzata Stephanie sono italiani: «Non tiferanno certo per il Belgio, anzi mi metteranno un po’ in mezzo…». Ma guai a far arrabbiare David, il re degli elfi del tennis.

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Sempreverdi azzurri, provateci voi (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Non chiamateli orfani. Fognini non c’è, è rimasto a casa a curare polso e piede, ma l’Italia che da oggi a Charleroi affronta il Belgio per il quarto di finale di Coppa Davis, è un gruppo di esperienza, unito, che si conosce ed è ben amalgamato. Oltre ai singolaristi Lorenzi e Seppi, c’è Simone Bolelli che sarà fondamentale nel doppio che quasi certamente giocherà con Seppi. L’assenza di Fognini ha fatto entrare nel quartetto titolare lo spezzino Alessandro Giannessi, alla prima in azzurro dopo che, in Argentina era stato portato come quinto uomo. Non dateli per battuti in partenza anche se Goffin e soci, sul veloce indoor dello Spiroudome, saranno avversari durissimi. I nostri, si sa, si esaltano in azzurro e poi non mancherà il tifo italiano: la comunità del nostro paese qui è molto nutrita, generazioni figlie dei minatori arrivati a Marcinelle per lavorare nella miniera del Bois du Cazier, tristemente nota per la tragedia che nell’agosto del 1956 vide morire sepolti 136 italiani. Il sorteggio ha voluto che sia Paolo Lorenzi a scendere in campo per primo contro Steve Darcis, un giocatore che quando indossa la maglia della nazionale si trasforma. Era stato decisivo per conquistare la finale poi persa contro la Gran Bretagna due anni fa, ed è stato determinante nel primo turno contro la Germania. «Sarà un match bello tosto – spiega il 35enne Lorenzi – Darcis in Davis è molto solido. A Francoforte contro non c’era Goffin, e si può dire che abbia battuto la Germania da solo riuscendo a battere sia Kohlschreiber che Zverev». Ma Paolo è in forma, e spera di aprire subito le danze con un bel punto, come aveva già fatto a Buenos Aires contro l’Argentina nella prima giornata: «Mi sento bene e spero di dare sin da subito il mio contributo, sarebbe importante partire con il piede giusto e regalare alla squadra il primo punto. Con questo campo loro sono favoriti, ma noi abbiamo iniziato a prendere le misure». Il suo avversario ha 33 anni, e ha perso buona parte di questo inizio stagione per un problema familiare fortunatamente risolto al meglio. La piccola Camille, la sua bimba di quattro anni, ha dovuto subire un intervento al cuore a causa di una malformazione congenita. Tanta paura, ma adesso il cuore è pronto a buttarlo in campo papà. Lorenzi è maturato tardi ma adesso si sta togliendo finalmente qualche soddisfazione: «Sono “esploso tardi”, ma non è un problema, anzi, molte cose le ho imparate con l’età, l’esperienza serve a questo. Nella prestazione singola l’età conta poco, il problema più complicato è recuperare dopo lo sforzo. Per questo devo fare sempre molta attenzione all’alimentazione e al riposo. Non posso fare stravizi da ventenne». Qui, dove l’Italdonne ha iniziato un lungo cammino di vittorie, centrando la prima delle quattro Fed Cup della sua storia, Barazzutti respira un’aria familiare: «Il campo è veloce – spiega – ma i nostri sono abituati a giocare su tutte le superfici e in questi giorni di allenamento si sono adattati. I nostri ragazzi poi interpretano bene le sfide in Davis, sono motivati e daranno il massimo contro un team che solo due anni fa ha raggiunto la finale». Dopo Lorenzi toccherà al 33enne Andreas Seppi giocare contro il loro n. 1 Goffin, numero 14 al mondo: «Spero che Lorenzi mi consenta di entrare in campo già sull’1-0 per noi… con Goffin ho perso due volte ma non mi preoccupo, in Davis siamo capaci di tutto, lo abbiamo dimostrato in Argentina».

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