La NextGen al passaggio tra cemento e terra

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La NextGen al passaggio tra cemento e terra

La Next Gen ATP chiude il bilancio del primo trimestre fra risultati altalenanti e scarse certezze. Chi approfitterà della stagione sul rosso?

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L’osservazione mensile dell’andamento di una classifica offre sempre il vantaggio di sollecitare valutazioni più fredde, se non di trarre indicazioni di natura generale sul momento di crescita di un tennista. Una constatazione che vale sempre ma ancor più se si tratta della Race to Milan – la classifica dedicata ai talenti della Next Gen – i cui sporadici exploit rischiano di condurre a improvvidi giudizi.

Ne è un esempio l’astro norvegese Casper Ruud, tornato alla “normalità” dopo la straordinaria avventura di Rio de Janeiro. È la normalità di un (appena) diciottenne che deve trovare continuità nel proprio rendimento, abituarsi a mantenere un certo livello di gioco (quando dalle alture di un ATP 500 si scende alle pianure di un Challenger per poi risalire alle vette di un 1000 e ridiscendere nuovamente nel circuito inferiore), adattarsi ai cambi di superficie: dopo tre tornei sul rosso, al 1° turno di Miami Ruud ha subito un sonoro 6-2 6-1 dal cinese Lu, lo stesso che al turno successivo sarebbe stato spazzato via, con tanto di bagel, da Alexander Zverev.

Quello Zverev che, dall’inizio dell’anno, rappresenta l’unica certezza nell’universo frammentario della Next Gen. Con i suoi 565 punti, il tedesco è a meno 490 dall’ottavo posto della Race: la Race to London, però, la classifica dei grandi. Si tratterebbe naturalmente di un’impresa; ma numeri alla mano, ad oggi, non è un miraggio. Del resto, a Miami Zverev si è espresso a livelli a tratti molto alti nei match vinti con Isner (tre tie break) e Wawrinka (sotto di un set).

Si è creato un solco profondo fra Zverev e il resto della Next Gen. Il secondo della classifica dedicata, Daniil Medvedev, è distanziato infatti di 260 punti: non esiste un differenziale tanto ampio dalla seconda posizione in giù della classifica. E se a partire dalla terza posizione (Ruud) siamo dinanzi a un magma nel quale è sufficiente arrivare in fondo a un Challenger per sovvertire gli equilibri, neppure Medvedev, a ben vedere, può sentirsi al sicuro. Dopo un ottimo avvio di stagione, il russo ha perso al primo turno di Miami e si prepara alla stagione sul rosso, superficie sulla quale non ha finora raccolto risultati di rilievo. Così come Karen Khachanov, altro animale da superfici dure, il cui 2017 è costellato di sconfitte al primo turno.

Zverev a parte, se il bilancio della Next Gen a Indian Wells è stato particolarmente negativo – soprattutto quello della Next Gen statunitense, accolta a suon di wild card – segnali non molto più incoraggianti sono giunti da Miami, torneo che pure era stato dai più considerato uno spazio sulla carta più aperto alle sorprese. Un rapido confronto delle performance della Next Gen ATP nei due 1000 statunitensi:

Indian Wells

  • 7 su 8 eliminati alle qualificazioni (fa eccezione Elias Ymer, poi eliminato al 1° turno)
  • 5 su 8 eliminati al primo turno (quasi tutta la Next Gen Usa)
  • 2 raggiungono il terzo turno (Zverev e Fritz)

Miami

  • 6 su 9 eliminati alle qualificazioni (fanno eccezione Tiafoe, Escobedo, Donaldson)
  • 4 su 8 eliminati al primo turno
  • 2 raggiungono il terzo turno
  • Ai QF il solo Zverev

In sostanza, il bilancio di Miami appare quasi speculare a quello di IW, con qualche timido segnale da raccogliere positivamente. Anzitutto il miglior rendimento della Next Gen statunitense, che si riflette nella classifica dedicata in cui il blocco Usa occupa dalla quinta alla settima posizione. A Miami è stato dato risalto alla prestazione di Tiafoe con Federer – testimonianza della sua lenta maturazione sotto il profilo tattico – e a quella di Jared Donaldson, avanzato fino al quarto turno complice il forfait di Milos Raonic.

Ma è sulle prestazioni di Fritz ed Escobedo che vale forse la pena di soffermarsi. Il primo, l’unico della Next Gen a stelle e strisce a essersi distinto a Indian Wells, ha preso fiducia dopo le vittorie su Paire e Cilic. E lo si è notato a Miami, nell’approccio al match con Kohlschreiber. Dopo essere stato a un passo dalla sconfitta, il tedesco ha messo sul piatto tutta la sua esperienza, ribaltando l’incontro. Tuttavia Fritz è in evidente continuità di gioco e risultati. Brevissima (e negativa) la sua esperienza sul rosso nel 2016. Volendo essere scaramantici, Fritz deve sperare di non ritrovarsi di fronte il professor Stepanek, che l’anno scorso ne ha frustrato le aspirazioni estromettendolo alle qualificazioni sia di Madrid sia di Roma.

È da sottolineare la silenziosa ascesa nella Race di Ernesto Escobedo, il messicano-statunitense dal fisico potente, il prototipo del modello tennistico (dominante) del “serve and forehand”, ma allo stesso tempo l’esempio di un percorso umile e originale, di un attaccamento alle proprie radici e di una carriera a lungo coltivata al di fuori delle grandi accademie (una storia per certi versi analoga a quella di Noah Rubin). Dopo la buona prova di Miami – dove ha prima superato due turni di qualificazione non agevoli e poi eliminato Daniel Evans al primo turno – Escobedo ha ricevuto una wild card all’ATP 250 di Houston su terra battuta. Occhi puntati quindi su di lui e su Hyeon Chung, unici esponenti della Next Gen ancora in gara in Texas. Dove è stato subito eliminato, invece, Frances Tiafoe, sul quale va però riposta fiducia per la stagione sul rosso, che il talento di Boca Raton considera la sua superficie elettiva (a dispetto dei tre titoli conquistati in carriera, tutti nei circuiti minori, tutti sul duro).

Un altro segnale da Key Biscayne è arrivato da Borna Coric, ora nella top 8 della Race. Al di là dell’occasione d’oro sprecata al terzo turno con Mannarino – in parte imputabile a un dritto che continua a tradirlo nei momenti topici – il croato sembra stia lasciandosi alle spalle l’infortunio e ritrovando profondità nei colpi. Ora ha l’opportunità di recuperare punti preziosi su una superficie a lui congeniale. All’ATP 250 di Marrakech, dove l’anno scorso aveva raggiunto la finale, è partito ancora una volta ispirato. Si gioca un posto in semifinale con la testa di serie n. 2, Ramos Vinolas.

Resta immutata la quarta posizione della Race to Milan, sempre occupata dall’imprevedibile Andrei Rublev. Tre acuti a livello Challenger in questo 2017, ripetute e banali cadute nel circuito maggiore, poi una prestazione devastante al primo turno di Miami (6-1 6-1 rifilato a Florian Mayer, prima di cedere a Berdych). Rublev ha un’attitudine al gioco sulla terra battuta forse anche superiore rispetto agli altri due elementi della triade russa della Next Gen.

Sia consentito chiudere questa puntata della rubrica “Next Gen ATP” con un paio di note che guardano in casa nostra. A prescindere dai risultati positivi conseguiti dai giovani talenti italiani, è un’attenzione che andrebbe loro tributata non fosse altro che per compensare quella inclinazione esterofila che, per onestà intellettuale, talvolta tende a sopraffarci, soprattutto quando parliamo di talenti della nuova generazione.

Grazie alla finale raggiunta con personalità a Quanzhou, Matteo Berrettini scala dieci posizioni nella Race e si piazza n. 19. Fra lui e il 7° posto neanche 100 punti, questo per ribadire la magmaticità della Next Gen e quindi la possibilità di avvicendamenti continui da qui alle finali di Milano. Berrettini ha ricevuto una delle quattro wild card per il challenger di Barletta, dove però ha dovuto cedere al primo turno dalla testa di serie n. 1, Elias. Stessa sorte per Elias Ymer, detentore del titolo e fra i più inclini della Next Gen alla terra battuta, profilo dunque da tenere d’occhio nei prossimi due mesi.

E poi c’è Gianluigi Quinzi, che partecipa alle qualificazioni di Marrakech e all’improvviso raggiunge due traguardi inseguiti da tempo. Nelle qualificazioni il marchigiano ha superato Evgeny Donskoy – eroe o antieroe, fate voi, di questo 2017 – e Duck-hee Lee, volto interessante della Next Gen. È la prima volta che Quinzi accede al main draw di un torneo ATP. Al primo turno trova Mathieu e, dopo una battaglia a suon di break e controbreak, centra la sua prima vittoria in un torneo ATP: per Quinzi è indubbiamente una settimana storica, tanto che qualcuno già vi intravede il punto di svolta della carriera. Presto per dirlo. Nel match con Mathieu qualche luce e diverse ombre, ma non è il momento dell’analisi strettamente tecnica. Oggi il derby con Lorenzi per un posto in quarti di finale.

Come sempre, sarebbe stata buona regola astenersi da giudizi demolitori – dal momento che il “successo” di un tennista è (quasi) sempre il frutto di un complesso intreccio di fattori – e sarebbe oggi buona regola astenersi da facili entusiasmi. Del resto, conosciamo unicamente carriere sfolgoranti di giovani che a 18, 19, 20 anni hanno già fatto incetta di trofei? O conosciamo, piuttosto, una miriade di carriere più lente e faticose, che hanno dato i loro frutti (se ne hanno dati) nell’età della maturità? E perché, allora, avvicinarsi alla Next Gen con l’ossessione del “fenomeno” da esaltare anziché, se mai fenomenologicamente, analizzare con maggiore equilibrio risultati e caratteristiche dei volti del tennis di domani?

Osserviamo allora i fatti. Quattro anni sono trascorsi dall’exploit di Wimbledon juniores, ma per la letteratura tennistica sembrano molti di più. Eppure Quinzi è un classe ’96, e oggi sta lì, come tanti altri, nella composita schiera della Next Gen. Per programmare o riprogrammare il percorso, il tempo non manca. Se dopo l’iniezione di fiducia di Marrakech il giovane marchigiano riuscisse a trovare una maggiore continuità di risultati, la wild card per le finali Next Gen ATP di Milano non sarebbe un’ipotesi così peregrina.

Per chiarezza, nessun criterio è stato ancora individuato per l’assegnazione dell’ottavo posto: se dovesse essere riservato a un tennista italiano (cosa per nulla scontata), su chi puntare? Sul meglio piazzato nella Race? A oggi, come detto, Matteo Berrettini. Oppure magari su chi ha conseguito buoni risultati nel corso della stagione ma che, per ragioni anagrafiche, non potrà partecipare all’edizione dell’anno prossimo? Ecco che allora per Quinzi potrebbe aprirsi uno spazio.

Ragionamenti, in ogni caso, prematuri. La stagione più ostica per molti talenti della Next Gen è appena iniziata. Se ci sarà qualcuno in grado di approfittarne, a giugno potremo vedere piazzata una nuova ipoteca sulle finali di Milano.

Claudio Tancredi Palma

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