Karin Knapp, un calcio alla sfortuna

Interviste

Karin Knapp, un calcio alla sfortuna

“Ho passato brutti momenti, ma adesso ci coccoliamo tutti questo ginocchio!”. Operato per la quinta volta a febbraio, Karin è già tornata ad allenarsi: “Quando rientro? Sono scaramantica!”

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Se il futuro del tennis femminile italiano non sembra suggerire orizzonti soleggiati, forse, qualche colpa da attribuire ai piani alti esiste. Certo il materiale su cui lavorare potrebbe anche non essere il migliore disponibile su piazza. La pancia piena del “movimento” dopo la sbornia dei successi degli ultimi anni, una sorta di appagamento nato nella comoda ombra di quattro finali Slam – con due vittorie – e quattro Fed Cup, è una possibile altra interpretazione. Ma non è retorica credere che alla fine la lezione più importante da imparare per le nuove leve – e per la federazione – sia che nulla è dovuto. Nulla piove dal cielo. Difficilmente l’erede di Francesca Schiavone ci verrà portata in dote da una complessa alchimia di preghiera e fortuna. Un rovescio migliora solo se provato e riprovato allo sfinimento. E bisogna imparare a voler bene al tennis.

Una che non ha mai smesso un secondo di voler bene a questo sport è Karin Knapp. Nell’epoca d’oro del tennis rosa italiano si è dovuta accontentare di appena sette partite in Fed Cup, tre singolari – con due vittorie – e quattro doppi. L’unico vinto risale alla finale del 2013 (stesso anno degli ottavi raggiunti a Wimbledon) quando sulla terra di Cagliari a trofeo ormai conquistato Karin scendeva in campo in coppia con Flavia Pennetta per segnare il punto del 4-0 e partecipare al quarto trionfo della gestione Barazzutti. Nel biennio d’oro 2009-2010, quando le nostre ragazze sembravano imbattibili, lei veniva rallentata dalla sfortuna. Prima un aritmia cardiaca ricomparsa alle soglie dell’Olimpiade 2008 poi le prime noie al ginocchio destro, che non ha praticamente mai smesso di tormentarla. Fino all’ultima operazione di questo febbraio.

È stato il mio quinto intervento al ginocchio destro. Si è trattato di una procedura abbastanza invasiva perché mi hanno inserito della cartilagine artificiale cercando di creare un cuscino tra la rotula (già fratturata nel 2009, ndr) e il femore” racconta con dovizia di particolari propria a chi, se queste cose non le ha studiate, può conoscerle solo per sfortunata esperienza diretta. Eppure a tre mesi dall’intervento Karin ha già rimesso piede in campo. Con estrema cautela, come dimostrano i video la ritraggono sui campi del “suo” Circolo Tennis Anzio. Lei che è nata a Brunico ma a sentirla parlare viene il sospetto che l’aria di Roma abbia contagiato anche il suo accento.

VIDEO

In compagnia dell’ormai consolidato “team Piccari“, titolare di un accademia nata proprio sui campi di Anzio. Coppia di fratelli da cui Karin ha “pescato” anche per scegliere la sua dolce metà. Ha iniziato ad allenarsi con Alessandro 8 anni fa, e a tal proposito rivela tra rabbia e ironia: “Più che altro era il mio accompagnatore da una clinica all’altra e da un fisioterapista a quello successivo!“. Poi nello staff è entrato anche Francesco, finché Karin non lo ha scelto come compagno anche fuori dal campo e i due sono convolati a nozze  due mesi fa, il primo di aprile. L’attività di accompagnamento nei tornei è sempre stata divisa equamente tra Alessandro e Francesco, ma come gestisce Karin il rapporto con il suo coach-marito?

Il segreto? Io e Francesco abbiamo grande rispetto l’uno per l’altro. Quando siamo in campo rispettiamo i nostri ruoli… anche se non è sempre facile! Una grossa mano ce la dà proprio Alessandro che in alcuni periodi ci permette di “staccare”. Ma non cambierei mai questa situazione, è bella perché puoi condividere emozioni, momenti, viaggi con una persona cara”.

Nonostante una sfortuna che avrebbe tagliato le gambe a molte delle sue colleghe Karin ha la sua ricetta per trovare l’equilibrio sul campo. È così che risponde quando le chiediamo come proverebbe a risolvere la crisi delle sue giovani colleghe, e cosa consiglierebbe loro. “Credo sia molto personale, ognuno ha bisogno di cose diverse per riuscire a lavorare bene. Io ad esempio ho bisogno di assoluta tranquillità per allenarmi come si deve. Amici, amiche, condividere il lavoro e le fatiche con altri atleti. È questo che mi fa fa trovare il giusto equilibrio“. Quello necessario per affrontare una lunga stagione di tornei.

I tornei, appunto. Karin, quando tornerai a giocarne? “L’operazione è stata più complessa del previsto e i tempi si sono allungati. Non ho una data precisa di rientro, vado con calma perché la situazione è molto delicata”. Qui le ricordiamo di una sua intervista a fine 2016 in cui aveva dichiarato “non posso fare altro che vivere alla giornata, è già una vittoria continuare a fare quello che amo” e in molti si erano preoccupati che potesse essere quasi un addio al tennis. Specie dopo l’infortunio di Melbourne. “Sì, ricordo bene. Ma quando convivi giornalmente con dolori, non riesci nemmeno a scendere le scale, 4 volte su 5 entri in campo e non riesci a giocare per i dolori diventa difficile avere pensieri positivi. Adesso, invece, siamo tutti molto positivi. E ci coccoliamo tanto questo ginocchio!“. Se c’è una cosa che Karin non ha perso è la voglia di lottare per tornare in campo.

Mi mancano tante cose, ma soprattutto le emozioni che vivo dentro questo rettangolo. Sono uniche. E mi fanno sentire viva“. Proviamo ad insistere sulla data del rientro, dopo che il suo nome era comparso per qualche giorno tra le alternates di Wimbledon prima di essere cancellato. Al momento della compilazione delle liste Karin era ancora tra le prime 200 del mondo, ma la scadenza dei punti del Roland Garros (130) e della vittoria all’ITF di Brescia (80) del 2016 l’hanno costretta a un crollo in classifica. Ora è alla posizione 338. Wimbledon era davvero troppo presto. Ma le cose stanno andando bene. Non dico di più perché sono scaramantica!”Pazienza, attenderemo. Ma non troppo Karin, eh!

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