Judy Murray: "Dipinta come un mostro, c'è misoginia nei media"

Interviste

Judy Murray: “Dipinta come un mostro, c’è misoginia nei media”

La “first mum” del tennis britannico si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Respinte le accuse e le critiche sulla gestione dei figli Andy e Jamie, punta il dito contro i media

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Dopo tanti anni, Judy Murray sente di aver concluso il suo lavoro. Due figli tennisti, entrambi arrivati al numero uno del ranking ATP (Andy in singolare, il fratello Jamie in doppio), non sono un risultato che è stato raggiunto spesso. Ma c’è un altro risultato di cui Judy va quasi altrettanto fiera, ovvero l’essere riuscita, alla fine, a far cambiare la percezione che il pubblico, sia quello inglese che quello internazionale, hanno avuto di lei praticamente da sempre. Percezione totalmente sbagliata (nel mio piccolo confermo, ci ho scambiato due parole e tre convenevoli in croce, e posso assicurare che Judy è una donna carinissima, sorridente e disponibile), che a suo dire è stata figlia di un modo di rappresentarla dei media profondamente ingiusto, e prevenuto in senso maschilista.

Sono molto felice adesso“, racconta la signora Murray, “i ragazzi sono entrambi dove volevano essere, e io non ne potevo più di viaggiare per 11 mesi all’anno. E poi sono sempre molto tesa quando li guardo giocare, se non sono sul posto in televisione non li guardo quasi mai. È stata dura, per anni, quando negli articoli, nelle foto dei tabloid, nelle trasmissioni sportive continuavano a focalizzarsi solo su dettagli che mi facessero sembrare brutta e cattiva. Con metodo, facendolo palesemente apposta. Io di solito applaudo i bei punti dei miei figli con le mani sopra la testa perché così loro, che dal campo danno un’occhiata verso la tribuna, mi vedono subito, sono lì per quello, per sostenerli. E ancora ricordo quando la BBC fece un servizio in cui mandarono ripetutamente il replay di un mio applauso, indossavo una camicetta senza maniche, evidenziando il tremolio della pelle sotto le mie braccia. In slow motion. Se non è orribile una cosa del genere…

Non avrei mai voluto che i ragazzi potessero essere turbati da queste cose, e non ho mai reagito pubblicamente, ingoiavo il rospo e andavo avanti. Si è dovuti arrivare al 2011, quando sono stata nominata capitano di Fed Cup, perché qualcuno si accorgesse che ero una brava allenatrice di tennis, e non solo la mamma di Andy e Jamie. Dopo che per anni avevo tenuto in piedi da sola l’intero movimento tennistico in Scozia, creato la Scuola Tennis di alto livello lì, da dove sono usciti quattro giocatori di Coppa Davis, una giocatrice di Fed Cup, e due vincitori Slam. E per me è stata una gioia e un sollievo quando Andy si è affidato a Ivan Lendl, ho potuto tirare il fiato“.

Ma l’etichetta di mamma iper-competitiva, aggressiva, severissima, truce mi è rimasta appiccicata addosso. E c’è stata tanta misoginia in questo approccio dei media nei miei confronti. La quasi totalità dei fotografi, dei giornalisti, degli editori di tennis sono maschi, era come se vedere una donna che riusciva a fare questo lavoro altrettanto bene rispetto a un uomo fosse difficilmente accettabile. Il momento peggiore è stato quando Boris Becker, una leggenda di Wimbledon e del tennis, dichiarò che se Andy voleva iniziare a vincere di più, la prima cosa che doveva fare era liberarsi di sua madre. Liberarsi di sua madre! Ma lui non sapeva nulla di noi, della nostra famiglia… Tanto per cominciare, io non allenavo Andy, c’era uno staff tecnico per questo, lo accompagnavo solo in giro per i tornei. Mi ha fatto molto male quell’affermazione, tanto più quando, qualche anno dopo, ho avuto modo di affrontare Boris e chiedergliene conto, e lui mi ha risposto che aveva avuto ragione, infatti con Lendl erano arrivati i successi Slam per Andy. Niente da fare, i pregiudizi rimangono“.

“Ora però mi sto davvero rilassando, quello che dovevo fare l’ho fatto, mi sono divertita un mondo a partecipare a Strictly Come Dancing (la versione inglese di Ballando con le Stelle, n.d.r.), ho scritto un’autobiografia, mi sono perfino fatta un piccolo tatuaggio dietro il collo, a 57 anni! Però la cosa che più mi importa è che alla fine la gente è riuscita a vedermi per quella che sono, ci è voluta una vita, ma adesso sono tranquilla“.

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