US Open: Rafa campione quasi certo, ma con Federer non è finita

Editoriali del Direttore

US Open: Rafa campione quasi certo, ma con Federer non è finita

Se Rafa centra lo Slam n.16 potrà superare i 19 di Federer avendo cinque anni di meno? Due Slam per uno nel 2017 sono ripetibili nel 2018? Roland Garros 2018 il più facile da indovinare?

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Il commento in inglese di Ubaldo con Steve Flink

L’intervista di Ubaldo al giornalista argentino Guillermo Salatino

NEW YORK – Forse qualcuno ricorda l’esatto cammino che turno dopo turno fece Rafa Nadal per vincere l’US Open 2010 e l’US Open 2013? Ne dubito. Così fra qualche anno, se Rafa avrà questa domenica battuto per la quinta volta di fila Kevin Anderson in finale e avrà conquistato il terzo US Open e lo Slam n.16 della carriera, nessuno ricorderà più che nell’arco di questo torneo non ha battuto nemmeno uno dei primi 27 tennisti del mondo. I palmares ricordano a malapena vincitori e, talvolta, finalisti, a distanza di anni. Quindi, contraddicendo il barone De Coubertin, il quale peraltro voleva sottolineare il valore della partecipazione e dire tutt’altra cosa, l’importante è vincere.

VERSO IL 16° SLAM – E mi sembra quasi impossibile che Rafa possa perdere questo US Open a questo punto. Perché, come abbiamo accennato anche nei due video, quello in inglese con Steve Flink e quello in italiano, mi pare possibile che Kevin Anderson possa vincere un set, ma impossibile che ne vinca tre contro questo Nadal che – ho segnalato da almeno tre incontri – sta giocando benissimo. È in forma spettacolare, fisica, tecnica, mentale (e ho citato qui i tre aspetti che per l’appunto aveva citato Roger Federer – da poco sostenuto da un nuovo sponsor – l’altra sera dopo la sconfitta con del Potro, dicendo: “Non sono al meglio in nessuno dei tre aspetti”).

Su 23 finali Rafa ne ha vinte 15 e quelle che ha perse non le ha perse da degli…Anderson, con tutto il rispetto per il primo sudafricano in finale dai tempi di Kevin Curren (perse la finale di Wimbledon 1985 dal diciassettenne outsider Boris Becker, ma dopo aver messo in fila Edberg, Connors e McEnroe se non ricordo male) e in possesso di un servizio temibilissimo: di media fa una ventina di aces, e la sua seconda palla è fastidiosissima.

LUCIDO RAFA, STANCO DELPO – Oltre che in gran forma Rafa, diversamente da come si è dimostrato Roger contro del Potro è anche molto lucido nelle scelte tattiche. Ieri è stato bombardato dai servizi e dai dritti al fulmicotone di del Potro nel primo set e nel secondo ha cambiato tattica. Lo ha raccontato lui stesso: “Giocavo troppo sul suo rovescio e così lui aspettava la palla sempre in quell’angolo per girargli attorno appena accorciavo e sparare i suoi dritti, così ho deciso di giocare più sul dritto, di fare più lungolinea di dritto anziché incrociati per muoverlo di più”.

Il risultato è stato duplice. Perché oltre a spuntargli l’arma del letale dritto inside-out lo ha fatto correre anche di più. Sarebbe ingiusto…nei confronti di Federer, non ricordare che Rafa ha avuto il vantaggio di imbattersi in un giocatore più provato, mentalmente e fisicamente, da due battaglie molto impegnative sotto tutti i profili, con Thiem cui aveva annullato due matchpoint ma soprattutto …la propria intenzione di ritirarsi a metà del secondo set, e poi con Federer i cui match di per sé implicano sempre un notevole stress per tutti.

Se aveste dato un’occhiata alla video intervista realizzata prima del match Nadal-del Potro con Guillermo Salatino, uno dei principali esperti del tennis mondiale e dei più profondi conoscitori del “Palito”, avreste sentito che cosa ha detto a proposito dell’insufficiente preparazione fisica invernale di Juan Martin (tutta colpa dell’ebbrezza suscitata dalla prima vittoria argentina di Coppa Davis…) che ha comportato discontinuità di risultati durante tutto l’anno (“Non si è preparato come uno che vuol tornare fra i primi 4 del mondo come è stato”) e del suo blocco mentale a proposito del rovescio: “Il polso è guarito, il problema del rovescio è nella testa”.

E in effetti nel primo set Delpo ha giocato dei gran rovesci, anticipati e anche potenti. Ma lui, anche nel post match. Ha continuato a ripetere: “Con questo rovescio non posso vincere contro i più forti del mondo”. Sembra che nessun psicologo riesca a convincerlo del contrario.

Certo è che dopo il primo set, a prescindere dall’intelligente cambio di strategia di Rafa, Juan Martin ha avuto un calo di concentrazione. È calato mentalmente. Dopo di che mentre Nadal non aspettava altro e incasellava un game dopo l’altro, nove, è subentrato anche il calo fisico. È come se gli fossero cadute addosso improvvisamente tutte le fatiche sopportate per rimontare Thiem e battere Federer (che non dimenticherà tanto facilmente i quattro set point avuti nel terzo set).

NADAL IN FORMA – Ho già scritto che salvo che per gli incerti primi set con Lajovic, Daniel e Leo Mayer, Rafa mi era apparso assai più in forma di Roger (prima ancora che lo ammettesse lui stesso). Qualche lettore qui mi aveva subito accusato di averlo scritto perché avrei in antipatia Federer e naturalmente sarei…UbiNadal.

Mi sono stufato di rispondere a queste idiozie. Quel che credo di vedere e penso scrivo. Rassegnatevi tutti, tifosi di questo e quello.

Certo resta curioso che i due duellanti che si inseguono dal 2004 a questa parte (a Miami 2004 avvenne il loro primo scontro e lo vinse Rafa) a New York non siano mai riusciti a incontrarsi in 37 duelli.Magari accadrà l’anno prossimo.

Ma direi che è molto più sorprendente che, anche se in parte favorito dai cali e psicologici degli altri due dei Fab Four (Djokovic e Murray), questo 2017 abbia molte, moltissime probabilità di chiudersi con due Slam vinti da Federer e due Slam vinti da Nadal. I due grandi rivali sempre sulla cresta dell’onda quando sembravano finiti, o quasi finiti, entrambi. Pare di aver fatto girare l’orologio all’indietro per alcuni anni. Pazzesco.

Domenica sera Rafa dovrebbe trovarsi a quota 16 Slam – i suoi tifosi più superstiziosi tocchino legno e si riparino dietro alle più reiterate banalità (“La palla è rotonda”,” The match is never over until  it’s over” “Si comincia sempre dallo 0 a 0”, “Mai vendere la pelle dell’Orso prima di averlo abbattuto”, e via dicendo) – a Roger, con i soliti 5 anni di più, a 19.

Entrambi sottoscriverebbero – sono sicuro – di ripetere nel 2018 quanto fatto nel 2017. Anche perché ciascuno dei due ha vinto uno Slam senza perdere neppure un set, dominando l’uno Parigi e l’altro Wimbledon, senza il benchè minimo contrasto. Ma il 2018 potrà ripetere questo straordinario 2017 con 2 Slam per ciascuno? È il Roland Garros per Nadal dei quattro lo Slam dal campione più prevedibile? E se lo è, attribuendo a Rafa lo Slam n.17…è ipotizzabile nell’arco di un paio d’anni o tre il sorpasso nel totale degli Slam da parte di Rafa su Roger?

LA RIVALITÀ INFINITA – Mi sa proprio che ripartirà – ammesso che si sia mai fermata – la battaglia fra federeriani e nadaliani (per favore evitate di chiamarvi federasti e nadalioti!), come fra Coppi e Bartali, fra Rivera e Mazzola, fra Rossi e Biaggi, fra Del Piero e Totti.

Riguardo al trono del tennis al momento vi si è installato Rafa Nadal e i margini su Roger si sono ampliati. Essi sembrano favorirlo abbastanza per la corsa da qui a fine anno, ma Roger non ha mezzo punto in scadenza nei mesi che vengono fino all’Australian Open e da sempre ha saputo volgere a suo favore la stagione indoor, molto di più di quanto abbia saputo fare Rafa.

Questo 2017 ha rovesciato ogni previsione fatta a fine 2016 – dovrei mandare il Mago Ubaldo in pensione, lo so bene…ma io mi diverto e voi ancora di più se sbaglio e quanto più clamorosamente sbaglio – e sbilanciarsi sul 2018 è diventato ancora più dura. Le leggi della natura dicono che Federer dovrebbe calare, e Nadal anche, ma quanto? Chi di più considerato che uno ha 36 anni e l’altro 31? Chi di più considerato che uno gioca in fluidità, senza quasi sudare, e l’altro con molta più muscolarità e potenza?

Non lo so, non lo sanno neppure loro due. A me basta non sentire dire più che Nadal è un pallettaro, che non ha classe, che gioca di difesa. Queste sono clamorose idiozie, che non stanno né in cielo né in terra. Non vorrei più leggerle, perché farebbero torto alla vostra intelligenza e alla vostra conoscenza tecnica del tennis. E vi assicuro – nel dire quel che dico- che non mi faccio influenzare da questo US Open, né tantomeno da quest’ultimo match e sul fatto che ieri nello scontro fra i due dritti più forti del mondo (Federer aveva fatto capire che secondo lui quello di Nadal era ancora meglio di quello di del Potro…) Nadal abbia messo a segno 25 dritti vincenti e Delpo meno della metà, 11. Un match non significa niente. È chiaro che in una partita in cui un giocatore fa soltanto cinque games contro i dodici dell’altro, come è successo negli ultimi due set, tutti i dati escono fuori sballati, nel senso di poco attendibili come regola. Di sicuro nella semifinale dell’US Open 2009 in cui Delpo stracciò Nadal, annichilendolo, fece molti più dritti vincenti di Rafa.

LA FINALE FEMMINILE AFROAMERICANA – Chiudo dedicando due righe alle finaliste del singolare femminile, per la quale Steve Flink ha “votato” su Sloane Stephens e io su Madison Keys. Nessuna delle due mi pare una vera campionessa. Ma sono le prime due tenniste di colore che giocano insieme una finale d’uno Slam dai tempi delle Williams. È chiaro che devono a loro, agli stimoli che hanno dato a tante giovani afroamericane, se oggi sono dove si trovano. A qualcuno che mi ha scritto chiedendomi perché mai però tennisti maschi di colore non siano invece emersi i sono sentito di rispondere che…negli Stati Uniti il tennis è solo il quinto sport per fama e…ricchezza, dopo football, basket, baseball e hockey su ghiaccio. Ma per gli uomini che quindi da bambini scelgono quelli piuttosto che uno sport ancora molto white. Per le donne “money money” luccica molto più nel tennis che negli altri sport. E il modello Williams ha fatto la sua parte per orizzontare le prime scelte delle famiglie di colore e delle ragazzine americane. Può essere che questa finale Keys-Stephens susciti ancor più spirito di emulazione nelle giovani di colore. Perché le Williams, anche la loro statura, la loro possanza, sembrano fenomeni assai rari, quasi extraterrestri. Keys e Stephens sembrano molto piùumane. E più facilmente imitabili.

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