Nadal cannibale Re a New York per la terza volta (Cocchi), Tutto facile Nadal re di New York per la terza volta (Semeraro), Festeggi con me? Us Open, Sloane batte Madison. L'amicizia è più forte della rivalità (Piccardi), E adesso Slo è contenta (Azzolini)

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Nadal cannibale Re a New York per la terza volta (Cocchi), Tutto facile Nadal re di New York per la terza volta (Semeraro), Festeggi con me? Us Open, Sloane batte Madison. L’amicizia è più forte della rivalità (Piccardi), E adesso Slo è contenta (Azzolini)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Nadal cannibale Re a New York per la terza volta

 

Federica Cocchi, la gazzetta dello sport del 11.09.2017

 

Sorridi Rafa, New York è tua. Per la terza volta nella tua incredibile carriera, portando a 16 il bottino dei successi più preziosi. Kevin Anderson, solo comprimario in questa prima finale Major del suo percorso tennistico, cede in tre set senza mai mettere in difficoltà il feroce mancino che non concede nemmeno una palla break. Il sudafricano soffre da subito, anche per la tensione della prima volta, un’ansia da prestazione che lo porta a commettere errori decisivi (40 gratuiti contro 11 del cecchino Rafa) nei momenti importanti, come il dritto incrociato fuori misura che manda in vantaggio il maiorchino nel settimo gioco. E come nel nono, quando consegna a Rafa il primo set dopo 58 minuti. Nel secondo Anderson non si abbatte, anzi, per la prima volta tiene il servizio a 15. I1 cannibale Rafa che, statistiche alla mano, quando ha conquistato il primo set ha vinto 23 match del Grande Slam, si porta però in vantaggio nel sesto gioco strappando la battuta ad Anderson che chiuderà con una percentuale di prime palle molto al di sotto dei suoi standard da cannoniere (59% con appena 10 ace, e 4 doppi falli). Nel terzo parziale, Anderson ricade ‘nella brutta abitudine di concedere palle break in avvio, ma Rafa ha fretta di andare a cena e si porta subito a casa il vantaggio mantenendolo fino alla fine, soffrendo solo nel game decisivo con Anderson che annulla un match point. DA SOLO E’ il momento della festa, dei ringraziamenti al team, a Moya e allo zio Toni che da gennaio non sarà più fisicamente al suo fianco. Il burbero creatore di questo atleta dalla straordinaria perseveranza, forza, applicazione ha scelto di vivere, di smettere di girare il mondo 12 mesi l’anno, dedicandosi solo alla nuova creatura di Rafa, l’accademia di Maiorca dove cercherà di forgiare nuovi fenomeni della racchetta. «E’ la persona più importante della mia vita», ha detto più volte il numero uno al mondo, a volte anche con gli occhi velati di malinconia. Toni che ha fatto da papà, mamma, maestro di tennis, psicologo, che però non si lascia travolgere dalla nostalgia: «La malinconia? Non c’è spazio per questo sentimento. Ora bisogna solo godersi il momento, la malinconia, se ci sarà, la affronteremo più avanti». Il passaggio del testimone è nelle mani di Carlos Moya: «Un grande tennista, un ottimo coach e soprattutto uno dei miei più cari amici, che ha portato nuova energia nel team», dice il ragazzo di Manacor. Un amico, con cui prima di entrare in campo palleggiava, per scaricare la tensione. Non con la racchetta bensì coi piedi, col calcio, la grande passione di Rafa, che una volta ha anche detto di sognare un futuro da presidente del Real Madrid. SORPASSO Sempre passo dopo passo potrebbe proprio arrivare sotto Moya il sorpasso a Federer. Un’impresa non impossibile per il maiorchino, di cinque anni più giovane di Roger, a quota 19 titoli dello Slam, due conquistati proprio quest’anno tra Australia e Wimbledon. Due a due il parziale Slam di questa stagione *** incredibile dei due più grandi del tennis moderno, tornati a dominare con il calare degli altri due Fab Four, Andy Murray e Novak Djokovic, fermi ai box tra anche doloranti, spalle acciaccate e mancanza di motivazioni. Rafa la motivazione non l’ha mai persa, la «garra• come si dice in spagnolo, la voglia di lottare senza lasciare nulla all’avversario, come successo nella semifinale con Del Potro e come ieri, davanti a un avversario non impossibile, contro cui avrebbe potuto permettersi Rafael Nadal. 31 anni. vince il 16 Slam in carriera e il 74″ torneo. il primo sul cemento da quello di Doha del 2014 qualche momento di distrazione. Ma il cannibale, davanti alla preda, non sbaglia. «Rafa aveva iniziato il torneo un po’ teso, nervoso – spiegava Moya prima della finale — aveva faticato più del dovuto e in un giocatore del suo livello i primi giorni di uno Slam sono i più importanti. Pian piano è salito di rendimento». I soldi non danno la felicità, disse colui che di soli premi ha guadagnato 90 milioni di dollari, le vittorie nemmeno. Quando c’è la salute c’è tutto: «Per me non dipende dalle vittorie, per me la felicità è stare bene. Essere in forma e quindi quindi vincere.. La felicità è un sistema complesso.

 

Tutto facile Nadal re di New York per la terza volta

 

Stefano Semeraro, la stampa del 11.09.2017

 

Da oggi i numeri 1 del mondo sono spagnoli, fra le ragazze Garbine Muguruza e fra i maschi l’infinito Rafa Nadal che come previsto ha vinto il suo terzo Us Open, e il 16 Slam, sconfiggendo in una finale senza storia (6-3 6-3 6-4) il sudafricano Kevin Anderson. Ma la vera gara riparte ora: quella fra Nadal e Federer per il n.1 di fine anno in un 2017 in cui i due vecchi rivali hanno dominato i tornei che contano. Occhioni da cerbiatta, sorriso travolgente, simpatia a presa rapida. Non chiamatela la terza delle Williams: lei è Sloane Stephens numero 1, 24 anni, la nuova campionessa degli Us Open. In campo si era fatta prendere dalla commozione sussurrando all’amica-rivale Madison Keys appena schiantata in due set: «Forse dovrei ritirarmi: non posso giocare meglio di così». In conferenza stampa, fra un «wow» e uno sbattere di ciglia, ci aveva già ripensato. «Ehi, avete visto l’assegno che mi ha allungato quella signora? Certo che voglio vincerne altri di Slam». II 31 luglio scorso, dopo 11 mesi di stop per infortunio, era n.934 del mondo, oggi vuole conoscerla anche Chelsea Clinton. Nell’Under 18 a New York fra l’altro in finale è andata ancora un’afro-americana, la 13enne meraviglia Corey Gauff: 60 anni dopo le sofferenze di Althea Gibson, 20 dopo le Williams, il nero, nello sport dei gesti bianchi, è il colore che fa sorridere l’America.

 

Festeggi con me? Us Open, Sloane batte Madison. L’amicizia è più forte della rivalità.

 

Gaia Piccardi, il corriere della Sera del 11.09.2017

 

«Se nel mio destino era scritto che dovessi perdere la finale dell’Open Usa da qualcuno, sono felice che quel qualcuno sia tu». I 178 centimetri d’altezza di Madison Keys, 22enne dell’Illinois, sono sprofondati dentro l’abbraccio con Sloane Stephens, 24enne della Florida, che l’ha appena battuta senza appello per il titolo del torneo più ricco e importante: 6-3, 6-o. Ma il match più brutto — miracoli del tennis — ha prodotto la storia d’amicizia più bella. Come Flavia Pennetta e Roberta Vinci, finaliste a New York nel derby all’italian del 2015, Madison la sconfitta e Sloane la regina si conoscono da una vita. Insieme ai centri federali, a braccetto nella trafila da junior e poi nella giungla del circuito professionistico. «Slo è una delle mie persone preferite sul pianeta» dice Madison. «Maddie è la mia migliore amica» risponde Sloane. L’una ha sostenuto l’altra quando, all’inizio della stagione, è stato necessario andare sotto i ferri: la Keyes è stata operata al polso, saltando l’Australian Open, il primo Slam; la Stephens ha avuto una frattura da stress al piede: undici mesi out, era sprofondata al numero 957 del ranking mondiale (da oggi sarà n.17). Occhi da gatta, simpatia contagiosa, figlia di un’ex nuotatrice della Boston University e di un giocatore di football americano (scomparso in un incidente d’auto nel 2009), Miss New York non si è limitata a ricevere la coppa, l’assegno (3.700.000 dollari: ecco spiegata l’espressione attonita della vincitrice quando ha aperto la busta) e gli applausi scroscianti di uno stadio innamorato. Ha fatto di più. Si è seduta accanto alla Keys per chiacchierare durante i preparativi della cerimonia di premiazione e poi l’ha coinvolta come se a trionfare fossero state in due: «Avrei preferito che nel tennis esistesse il pareggio — le ha detto —. Perché avremmo meritato di vincere insieme». Gli Usa sorridono: passano dal dominio delle sorelle Williams, Venus orgogliosa semifinalista all’Open Usa a 37 anni suonati (sconfitta proprio dalla Stephens) e Serena neomamma (promette di tornare in campo a gennaio), all’epopea delle migliori nemiche, impossibilitate a volersi male come certe rivalità dello sport impongono. «Se a perdere fossi stata io, sono certa che Maddie mi avrebbe consolata. La vera amicizia è fatta di queste piccole cose…» ha spiegato Sloane, travolta dai messaggi dei tifosi (Chelsea Clinton su tutti: «Adesso vorrei proprio conoscerla») e sconvolta dalla presenza dell’attore James Spader in tribuna, protagonista di II’he blacklist», la sua serie tv del cuore. La nuova campionessa è attesa sul tetto della Trump Tower per le foto di rito. Ma prima la festa. Madison è la prima invitata. «Ha confermato che ci sarà, evviva». E, nel dirlo, Slo ha il sorriso più strepitoso di tutta questa storia.

 

E adesso Slo è contenta!

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 11.09.2017

 

Il lungo abbraccio, le parole sussurrate all’orecchio, quel modo da ragazzine di consolarsi. È l’amicizia a rendere bella una finale che bella non poteva essere. Troppo tesa, forse anche troppo americana. Slo e Maddie fanno come Flavia e Roberta, e sono immagini che vanno dritte al cuore. Sloane va a sedersi sulla panca dell’amica in lacrime, e poco dopo sono lì che ciacolano e ridacchiano, il magone di Madison è già passato. Vi saranno altre occasioni, forse, e comunque «se proprio dovevo perdere, preferisco sia stata lei a battermi», fa sapere Maddie, tirando su con il naso. Già, stavolta ha vinto Slo, che ha due anni di più, è matura e posata, e ne ha passate così tante nella vita che, non fosse fatta di acciaio, sarebbe finita sotto un treno. Madison Keys non ha saputo giocare una palla decente, bloccata dall’emozione. Una finale vera non c’è stata. Ma l’abbraccio delle due amiche valeva da solo il prezzo del biglietto. A 24 anni Sloane Stephens ha vinto il primo Slam. Lo scorso febbraio l’hanno operata al piede per una frattura da stress. Ha portato il gesso fino a giugno, ha provato a rientrare a Wimbledon. Aluglio la sua classifica è scivolata al numero 957. Quando è scesa in campo a Toronto, ai primi di agosto, per il tennis era considerata da buttare. Ed è tornata a vincere… Ha eliminato Kvitova e Kerber prima di perdere in semifinale dalla Wozniacki: 350 punti guadagnati, e altri 350 a Cincinnati, con una nuova semifinale. Agli Us Open è giunta da numero 83. Oggi è la giocatrice di classifica più bassa ad averli mai conquistati, ma lei nelle finali ci sa fare. Ne ha giocate cinque, e le ha vinte tutte. «Ora mi chiedete se ci credevo. Ovviamente no. successo tutto in questo torneo, ogni giorno ho avvertito un pizzico di fiducia in più. Ho un bel team, nessuno mi ha messo pressione. Kamau (Murray, il coach) ha pensato solo a farmi stare tranquilla». Non è facile esserlo quando ti mettono in mano un assegno da 3 milioni e 700 mila dollari. «Ma dai, davvero mi date tutti questi soldi?», è statala sua reazione. «Se vuoi li prendo io», si è fatta sentire Madison, al suo fianco. Ma non sono mai stati i soldi il problema di Slo. La vita le ha preparato ben altre trappole. Ha conosciuto il padre che era già una tennista. John Stephens, discreto running back nella NFL. Lui la cercò quando scoprì di essere malato, voleva conoscerla. Lei accettò. Sibyl, la madre, non era contenta: John aveva subito due processi per stupro. Preferì informare Sloane. Pochi mesi dopo John morl in un incidente. E di ll a poco se ne andò anche il secondo marito di Sibyl, Sheldon Smith. Sloane lo considerava il suo vero padre. «Davvero Jozy ha segnato due gol?». Slo lo ha chiesto in conferenza stampa. SI, Jozy Altidore, attaccante del Toronto di Giovinco è andato ancora in gol mentre lei vinceva gli Us Open. il suo uomo. Ora Sloane è contenta. Nella sua vita tuno procede per il meglio.

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