Keys, Venus e le altre: ancora sullo US Open

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Keys, Venus e le altre: ancora sullo US Open

Da Madison Keys a Maria Sharapova, da Venus Williams a Simona Halep: le protagoniste dello Slam appena concluso, in positivo e in negativo

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Dopo l’articolo della scorsa settimana interamente dedicato a Sloane Stephens, vincitrice del torneo, come promesso torno sugli US Open appena conclusi trattando delle vicende a mio avviso più interessanti.

La finalista: Madison Keys
Per Madison Keys lo Slam di casa è stato senza dubbio positivo: non solo per l’entità dell’assegno guadagnato di 1,825 milioni di dollari (come ha sottolineato in conferenza stampa l’amica Sloane Stephens), ma anche per la conquista della prima finale Slam in carriera. Eppure ha partecipato alla premiazione con le lacrime agli occhi e l’impossibilità di mascherare una profonda delusione.

Madison era arrivata in finale da favorita (le agenzie di scommesse la quotavano 1,45 contro 2,75 di Stephens) e invece è riuscita a tenere testa all’avversaria solo per i primi game. Dopo aver subito il break sul 2-2, il suo tennis si è involuto, e ha progressivamente perso di fiducia e lucidità (6-3, 6-0). Le statistiche sono, evidentemente, tutte negative, ma una in particolare a mio avviso spiega la pessima giornata: appena 4 punti vinti nei game di risposta nel primo set. Per quanto Stephens stesse giocando molto bene, non stiamo parlando di una tennista che serve come Karlovic; quattro punti raccolti in risposta in un intero set danno l’idea di una condizione poco serena.

Keys è allenata da Lindsay Davenport, che ha sperimentato in prima persona cosa significa affrontare questo genere di match, e le difficoltà speciali che propongono. Adesso come coach è chiamata al compito forse più difficile: riuscire a far metabolizzare a Madison l’enorme delusione e provare a renderla meno fragile in queste situazioni. Sicuramente la botta per Keys è stata dura, ma prima di bollarla come perdente penso abbia diritto ad altre prove, anche perché stiamo parlando di una giocatrice di soli 22 anni. (Su questo tema vorrei tornare con un articolo specifico in futuro, perché penso meriti una analisi più approfondita).

E nel momento delle valutazioni complessive non si può dimenticare quanto ha mostrato nei turni precedenti, in particolare nella semifinale contro Vandeweghe, giocata ad altissimi livelli (6-1, 6-2). A mio giudizio forse la miglior prestazione tennistica dell’anno, vicina alla perfezione: per potenza, precisione, continuità, un tennis che ha lasciato senza possibilità di replica un’avversaria in forma come CoCo, che aveva appena eliminato in due set Karolina Pliskova.

Le semifinaliste all american: Venus Williams
Venus ha concluso la stagione degli Slam con un bilancio impressionante: finale in Australia, ottavi in Francia, finale in Inghilterra, semifinale negli USA. A 37 anni compiuti ha dato prova di grande costanza e maturità, gestendo le sue risorse al meglio. La vittoria nei quarti contro Kvitova (6-3, 3-6, 7-6) è stata forse la partita più spettacolare del torneo: con qualche alto e basso tecnico, ma di grande spessore agonistico. Due protagoniste capaci di tenere il pubblico in tensione sino alla conclusione al tiebreak, come solo a New York può accadere, visti i diversi regolamenti tra gli Slam.

Williams potrebbe avere qualche rammarico per la sconfitta in semifinale contro Stephens, dato che è arrivata a due punti dalla vittoria. In realtà non credo abbia molto da rimproverarsi, direi piuttosto che nelle fasi decisive è stata la sua avversaria a salire di livello: per vincere Sloane ha giocato una serie di punti straordinari che hanno fatto la differenza.

Nella conferenza stampa post match, pur delusa, Venus ha semplicemente detto che continuerà a giocare. Significa che potrà riprovarci l’anno prossimo. Del resto per quale motivo dovrebbe smettere se il tennis le piace ancora? Già questo secondo me sarebbe un motivo più che sufficiente per continuare, indipendentemente dal rendimento. In più nel suo caso anche i risultati sono ampiamente dalla sua parte.

CoCo Vandeweghe
Come Venus Williams, anche Vandeweghe è stata molto costante e solida negli Slam: semifinale a Melbourne, quarti a Wimbledon, semifinale a New York. Solo a Parigi è uscita al primo turno, a dimostrazione che il suo tennis non è altrettanto efficace sulla terra rossa. A mio avviso CoCo non esprime un livello sufficiente a vincere uno Slam (a meno di circostanze particolarmente favorevoli), ma non è detto che sia una impresa impossibile in futuro, visto che a 26 anni da compiere (è nata nel dicembre 1991) sta ancora migliorando.

La sua crescita di rendimento è frutto sia di una maggiore convinzione agonistica, sia di progressi tecnici. Vandeweghe non eccelle nelle soluzioni di tocco e nella mobilità, ma in compenso si sta costruendo un gioco di volo sempre più efficace. In più di recente ha allargato le proprie opzioni tattiche grazie al rovescio slice: un colpo che usa per rallentare e recuperare campo nelle fasi di difficoltà, ma anche per scendere a rete secondo la modalità tipica del tennis classico. E in questo approccio old fashion potrebbe non essere estranea la mano del coach Pat Cash, grande giocatore di attacco degli anni ’80.

a pagina 2: le protagoniste dei quarti di finale

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