Era il 7 luglio del 2013 quando sul campo n. 1 di Wimbledon Gianluigi Quinzi e Hyeon Chung si sfidarono per il titolo di Wimbledon Juniores. Un pomeriggio caldo, quasi insolito per il clima di Church Road, con l’erba ormai quasi tutta spelacchiata. Su Quinzi, quasi sconosciuto all’epoca, si accendono d’improvviso tutti i riflettori della stampa nazionale. Era dai tempi del giovane Diego Nargiso che un italiano non vinceva il titolo juniores a Wimbledon. Ben ventisette anni.
La finale è bella, vinta “all’italiana” se vogliamo concederci un clichè; Quinzi, sotto di un break nel primo set, porta a casa la coppa lottando con grande determinazione. 7-5 7-6 il finale, frutto di una sorprendente maturità del marchigiano nei momenti importanti del match. In quell’ora e quarantacinque di gioco Gianluigi sovverte ogni disegno tattico della vigilia: Chung, che doveva essere l’attaccante, inchiodato sulla linea di fondo mentre a giocare coi piedi nel campo è sempre l’azzurro che dispensa volée a ogni buona occasione. Il tie-break del secondo è l’emblema del trionfo: un vincente dopo l’altro, una vittoria legittimata col gioco e (soprattutto) con la testa. Al cross in rete del coreano Gianluigi si accascia dolcemente a terra e piange, consapevole di stare vivendo un’emozione che solo pochi atleti di questo sport hanno potuto e potranno raccontare. Quel pomeriggio sul campo 1 di Wimbledon, il campione del presente – e soprattutto del futuro – pareva uno solo.
Oggi il destino è beffardo. Sono passati quattro anni da quella sfida e cambiate tante cose, fin troppe. Quello che doveva essere il trionfo della consacrazione, se di questo si può parlare nonostante l’età, si è rivelato più abile a distruggere, almeno fino a questo momento, l’andamento di una carriera. Quinzi sembra incapace di evolvere e forse non ha mai più giocato un torneo come quello di Wimbledon 2013.
Mettendo da parte l’esito della finale, da quel giorno è iniziata la carriera di Chung e Quinzi. Per il resto del 2013 il marchigiano gioca solo ITF e Challenger, cogliendo qualche risultato importante come la seminale nel Challenger di Guayaquil (Ecuador) contro Leo Mayer. Lo stesso fa Chung, con la piccola differenza che il coreano mette già i piedi nel circuito ATP. Perde, da wild card, al primo turno di Kuala Lumpur contro Delbonis.
L’anno successivo cambia le carte in tavola. Nel circuito maggiore entrambi provano ad avvicinarsi ai tornei di qualificazione: l’italiano a Zagrabia e Kitzbuhel, il coreano all’US Open, ma nessuno dei due riesce a centrare l’ingresso in tabellone. In quello minore, però, Chung fa la differenza: vince il Challenger di Bangkok e si piazza in semi a Nanchang, Busan e Yokohama. In più vince altri tre Future. Risultati che, chiaramente, scavano un solco tra i due in classifica: a fine 2014 l’italiano è 424esimo mentre il coreano è n.173. Decisamente una base diversa sulla quale iniziare il nuovo anno tennistico. E infatti, tra i due, il divario continua ad aumentare: a fine Aprile 2015 Chung entra tra i top 100, Quinzi riesce invece solo a rientrare tra i primi 400 del mondo. Il resto è storia più o meno nota che vede il il coreano punto fermo del tennis mondiale, stabilmente nei top 100 e in grado nel 2017 di vincere almeno una partita in tre dei quattro Slam. Il nostro Gianluigi invece è ancora a caccia della sua identità.
Queste Finals, di certo, saranno un motivo di rilancio più per Quinzi (nonostante la prevedibile eliminazione) che per Chung. Il coreano non ha bisogno di altre vetrine, l’italiano invece si è guadagnato un’occasione – inaspettata – per dimostrare di poter ben figurare tra i migliori under 21 del tennis mondiale. Il coreano infatti nel 2018 raggiungerà quasi sicuramente i 100 match in carriera (è a quota 86) mentre chi l’ha battuto in quel caldo pomeriggio londinese, di match, nel circuito maggiori ne ha giocati appena due. Una miseria. Pochi ricorderanno, inoltre, che il marchigiano in quella stessa edizione di Wimbledon ha battuto anche Kyle Edmund in semifinale. Un confronto col britannico sarebbe altrettanto ingeneroso.
Meglio porsi delle domande riferite unicamente al ragazzo nato a Cittadella. Perchè un così bel talento, in grado di vincere un torneo tanto prestigioso, oggi non è neanche a ridosso della top 100? E ancora di più: perchè il tennis di Edmund e Chung si è rivelato competitivo nel circuito maggiore mentre Quinzi fatica ancora a colpire in anticipo su un campo veloce? Pesa, probabilmente, la mancanza di un coach e di un programma di crescita serio. L’italiano dalla finale di Wimbledon a oggi ha cambiato sette allenatori (mica uno), in media un coach ogni sei/sette mesi. Nemmeno Zamparini riuscirebbe a far meglio (o peggio).
La speranza è che l’ormai ex talento marchigiano tragga nuova linfa dall’esperienza milanese e possa stupirci. Un po’ già l’ha fatto, lottando contro Rublev e Shapovalov, e contro il suo antico avversario Chung (start ore 14) avrà l’opportunità di ripetersi. L’Italtennis ha proprio bisogno che Gianluigi ci stupisca, come è riuscito a fare quattro anni e mezzo fa, e che diventi finalmente un tennista professionista. Perché duole evidenziarlo, ma per l’ATP non lo è mica ancora diventato…