Chili, altezza e muscoli se il Masters va a Dimitrov (Clerici), È Dimitrov il maestro della nuova era (Crivelli), Goffin battuto Dimitrov trionfa nelle ATP finals (Scanagatta), Becker, da Wimbledon alla bancarotta. Mezzo secolo di show (Semeraro)

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Chili, altezza e muscoli se il Masters va a Dimitrov (Clerici), È Dimitrov il maestro della nuova era (Crivelli), Goffin battuto Dimitrov trionfa nelle ATP finals (Scanagatta), Becker, da Wimbledon alla bancarotta. Mezzo secolo di show (Semeraro)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Chili, altezza e muscoli se il Masters va a Dimitrov

 

Gianni Clerici, la repubblica del 20.11.2017

 

Quella del Masters l’ultima conferma che il tennis è cambiato. Bisogna essere grandi almeno un metro e novanta per diventare un campione, bisogna avere novanta chilogrammi di muscoli di un tipo speciale, allenatissimi alle scivolate di terreni diversi, che ricoprono superfici durissime, che hanno già abbandonato la terra e, senza la sopravvivenza dell’erba, porteranno alla scomparsa di Wimbledon. Bisogna, poi, essere figli di un maestro e una maestra, perché un solo genitore non basta pia, ce ne vogliono due, Dimitar maestro di tennis, e la mamma, ricciolona bionda, anche lei maestra con autorevoli precedenti di pallavolo. Bisogna poi iniziare, secondo la Montessori, a tre anni, giusto come ha fatto il vincitore di questo Masters, Grigor Dimitrov, nella cui prima sillaba del nome si nasconde un ruggito. E divenuto, simile arte raffinata, che richiedeva anzitutto una mano sensibilissima, tale da poter impugnare una racchetta di legno simile alla bacchetta di un Maestro di musica, un gioco simile agli altri sport, di muscolari prima che di prestigiatori. Detto questo, un’altra cosa mi ha sorpreso, e non mi ha fatto perdere tutte le speranze riguardo a uno sport che amo pia degli altri che ho praticato a buon livello, ( calcio, sci – fondo e discesa – basket) la convinzione di un giocatore capace tre giorni fa di raccattare due soli games contro lo stesso avversario con cui è rimasto in partita togliendogliene quattordici. Goffin, dico, che nel primo incontro del Masters, era stato sommerso e ha trovato un’altra tattica, di incroci continui, di variazioni di velocità e rotazioni, che ha fatto sì che la vita di Grigor divenisse molto complicata e lasciasse tutti in dubbio sino al sesto game del terzo, quando il belga ha avuto due palle per il tre pari. È stata una buona, a tratti ottima partita, di un Masters deludente nelle prestazioni dei primi tre giocatori del mondo, uno malconcio, Nadal, l’altro che aveva probabilmente creduto di aver già vinto – con la collaborazione degli scribi, quorum ego – il terzo troppo giovane, Alexander Zverev. Un Masters che è terminato come il pia astuto dei bookmakers non è riuscito a immaginare anche se, probabilmente, l’eliminazione diretta, legge imprescindibile del tennis, avrebbe prodotto risultati diversi, con gli identici incontri. Un tennis che riprenderà agli Australian Open ( fatta salva ovviamente la finale di Coppa Davis del prossimo fine settimana a Lille, dove Goffin potrà tentare di superare la delusione di Londra contro i francesi guidati da Yannick Noah ), e nel quale temo non vedremo una finale come quella di oggi, la pia inattesa, di un gioco che, una volta l’anno, ammette le sconfitte, nonostante sia chiamato tennis.

 

Dimitrov è il Maestro

 

Daniele Azzolini, tuttosport  del 20.11.2017

 

Il giudizio dell’Inarrestabile Maria su Dimitrov, prima ancora che tagliente, appare muscoloso. A lungo studiato, ben congeniato, ma categorico. Come un jab. Ma si sa, lei è donna di poche e impetuose parole. Grigor, dice, è uno che cerca sempre di mettere cappello. Lo scrive nella sua autobiografia, Unstoppable, Inarrestabile per l’appunto, e racconta che l’amore per il bulgaro belloccio (espressione sua, non nostra) fu grande assai, meno però della sorpresa di scoprire che lui avrebbe voluto tutto e subito: matrimonio per vie dirette, e poi vita, casa e anche la mamma in comune, quella di Grigor naturalmente. Pochi confronti hanno visto la Sharapova volgere le terga e battere in ritirata. Ma quella con Dimitrov è una storia finita così, in fuga. «Sono una ragazza che vuole vivere la sua vita e divertirsi», la chiosa finale. Grigor Dimitrov è così, ha bisogno di sicurezze, di un tetto che lo protegga, di stress ridotti e di una dimensione familiare. Anche nel tennis. Qui, mettere cappello si è rivelata impresa di difficoltà solo leggermente inferiore a quella di convincere Maria al gran passo. Ma alla fine Grigor vi è riuscito. Ha dovuto aspettare il momento giusto, ha sfruttato la stagione dei lungodegenti, ma di sicuro è cresciuto, ha messo un po’ di sostanza nei pensieri, prima ancora che nei colpi. E ha trovato finalmente la porta aperta in una delle case più storiche (e ricche) del tennis, quella dei Maestri. Eppure, resta difficile chiamarlo così, Maestro. Perché i maestri hanno i titoli per esserlo, lui no. Forse è meglio dire “non ancora, ma si vedrà. Ha raggranellato un po’ di vittorie, qui e là, ma quelle grandi sono arrivate solo quest’anno, a 26 compiuti, insieme con il best ranking in classifica, battuto addirittura tre volte. Ottavo dopo la vittoria a Cincinnati, la sua prima in un Masters 1000, poi sesto dopo la finale di Stoccolma, il mese scorso; e da oggi terzo, finalmente sul podio, subito dietro Nadal e Federer. Mancano gli Slam, i titoli universitari. Ma quelli, si sa, sono a numero chiuso. Bello però vederlo crollare sulla moquette della 02 Arena, subito dopo il match point andato a segno. Bello anche vederlo sbaciucchiare la sterminata famiglia, tutta presente all’evento, fino alle cugine e ai nipoti di terzo grado. Bello veder sventolare il tricolore. Bianco, rosso e verde ovunque nella grande Arena. Bello anche per noi italiani, nonostante fosse a righe orizzontali, e sì, decisamente bulgaro. Bello (e lungo), infine, l’abbraccio con Daniel Vallverdu, il giovane coach che gli ha dato il consiglio giusto. «Hai colpi che somigliano a quelli di Federer, vuoi usarli come Federer? Abituati a lottare su tutti i punti e a tenere di più la palla in campo». Da lI è nato il nuovo Dimitrov. «Ma è stata dura, perché vedi il tempo che passa e gli altri che festeggiano. Ora tocca a me. Spero solo sia la prima volta, perché vincere è bello e mi voglio abituare». Non è stata una finale banale. Poteva sembrarlo dopo il primo set dominato da Grigor, già in vantaggio di 4 vittorie a 1 sul belga. Ma Goffin l’ha saputa raddrizzare tornando per un set a giocare come aveva fatto contro Federer, testa bassa e angoli impossibili. Colpi che restavano in campo non si sa come. Dimitrov però, ha spinto di più e meglio. Soprattutto è stato meno falloso, e meno awentato. A rete Goffin ha smarrito una miriade di punti, match point compreso. Il fatal break ha preso forma sul 3-2 per Dimitrov, nel terzo set, il belga gli ha dato una mano facendosi cogliere da uno stato passeggero di incertezza. Quello che gli è troppo spesso capitato nella sua agitata carriera. Dimitrov si è portato sul 5-2 e ha chiuso su un tentativo di passante che il belga ha pensato bene di dirottare sul nastro. Non cambierà il tennis questo Master, salvo accogliere Dimitrov nel club di quelli che contano, vedremo se per restarci a lungo. Curioso, però… La stagione quasi tutta dorata di Roger Federer si chiude con un Master vinto da Grigor Dimitrov, la sua copia meglio riuscita. Per rifarsi Goffin ha la Davis Un modo per riscattarsi c’è, David Goffin se lo trova servito su un piatto d’argento. Anzi, un’insalatiera. Perso il Master, il belga è volato questa mattina a Lille, dove da venerdì ci sarà la finale di Davis. Stadio coperto, ma campo in terra rossa. «Mi basteranno due giorni per abituarmi», assicura Goffin. II Belgio è al secondo tentativo. Due anni fa perse contro la Gran Bretagna di Murray, e giocava in casa. Ora la Francia di capitan Noah, con Gasquet, Tsonga e Mahut in doppio

 

E’ Dimitrov il maestro della nuova era

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 20.11.2017

 

Rallegratevi, perché questo figlio era perduto ed è stato ritrovato. Dimitrov, finalmente. E per una volta sorride anche la generazione di mezzo, travolta e schiacciata dalla mole leggendaria dei Fab Four e adesso minacciata dalla Next incombente degli Zverev e compagnia. Una nidiata di campioni mai veramente esplosi trova il suo principe nel ragazzo bulgaro ormai fattosi uomo che troppi, sciaguratamente per lui, paragonarono a Federer dopo avergli visto dominare Wimbledon e Us Open juniores. Era il 2008, e quell’ombra lo ha accompagnato come un macigno fino a una sera londinese quando il Masters diventa la vetrina per una nuova vita, mostrandolo per quello che avrebbe dovuto essere da tempo: il vero Grigor e non il falso Roger. EMOIIONI IN F01 0 Saranno i posteri a sentenziare se la carriera di Dimitrov, d’ora in poi, lo porterà sulle orme degli Slam da vincere oppure ricalcherà il percorso di un Davydenko, pure lui capace di vincere le Finals nel 2009 approfittando di una vacanza dei Fantastici Quattro. Intanto Grisha si prende il torneo da padrone, senza perdere neppure un match (e la piccola impresa gli permette di incassare 2.549.000 dollari) e diventando il primo debuttante a vincere l’ultimo atto della stagione da Corretja nel 1998. Era la prima volta che si affrontavano in finale due giocatori che non avevano mai vinto uno Slam e le cifre della partita, più errori che vincenti per entrambi (20 a 27 per il bulgaro, 37 a 42 per il battuto Goffin), segnalerebbero carenza di qualità assoluta. Ma nel terzo set il match è esploso, divertendo ed emozionando anche Beckham, osannato a dire il vero più dei protagonisti in campo. Le traiettorie del belga, le sue palle alte al centro per disinnescare la potenza di Dimitrov, il dritto pungente soprattutto quando può giocarlo incrociato e, dall’altra parte, la pesantezza superiore dei colpi di Grisha, le sue soluzioni eleganti, una presenza sul campo più solida e aggressiva che finisce per indirizzare la contesa nel cruciale sesto game del terzo set, quando il bulgaro ottiene il break dell’allungo decisivo. CAMBIAMENTI Ci vorranno cinque match point, a Grigor, per chiudere, e dopo i primi tre sul servizio di David, si ritroverà a inseguire la gloria sulla propria battuta, senza cremare: «Ho vissuto una settimana da sogno, non ho parole per descrivere un successo del genere». L’ottavo in carriera, decisamente il più importante, l’appuntamento che può segnare una svolta e riportarlo al centro del villaggio. Aveva tre anni, Grigor, quando prese in mano per la prima volta una racchetta su consiglio del padre allenatore, che tagliò l’impugnatura per permettergli di muoverla meglio. Il ragazzo cresce e ha talento, ma fin da subito capisce che il tennis non può essere l’unica priorità, soprattutto per chi è cresciuto nella relativamente piccola Haskovo e lì continua a vivere, legato alle radici ma al tempo stesso con il sogno di lasciarsi alle spalle un’infanzia con pochi sorrisi. Non gli fa bene il paragone troppo frettoloso con Federer, non gli fa bene la passione per le auto, i vestiti firmati e gli orologi di marca, non gli fa bene cambiare allenatori e paesi quasi ogni anno, dalla Spagna con i Sanchez alla Francia con Moratoglou fino alla Svezia con Norman, passando per il ginnasiarca Rasheed che lo riempie di muscoli e gli fa perdere elasticità. Soprattutto, non gli fa bene la storia di tre anni con Maria Sharapova, perché la personalità di Masha lo rendono « il fidanzato di». Le belle donne continuano a LA GUIDA Kontinen-Peers si confermano nel doppio La coppia Kontinen/Peers conferma il titolo in doppio.

 

Goffin battuto Dimitrov trionfa nelle Atp finals

 

Ubaldo Scanagatta, il Quotidiano Nazionale del 20.11.2017

 

Il torneo dei Maestri, che sembrava potesse essere vinto soltanto da Roger Federer per la settima volta e in seconda ipotesi da Rafa Nadal è stato vinto da un tennista bulgaro che quando nel 2008 aveva vinto il torneo junior di Wimbledon era stato ribattezzato subito Baby-Fed. Era la fluidità del suo gioco, la straordinaria capacità di giocare il rovescio in demi-volee anche dalla riga di fondocampo, ovviamente con una mano sola alla Roger, ad autorizzare quel nickname beneaugurante per Grigor Dimitrov. Un peso difficile da sopportare per un ragazzo nato in un Paese senza tradizioni tennistiche — tre sorelle di Sofia, Manuela, Ekaterina e Magdalena Maleeva erano state la miracolosa eccezione, tutte e tre top-ten — che dall’età di 12 anni per sostenere l’eccezionale talento naturale era diventato cittadino del mondo con un solo obiettivo: diventare un campione di tennis. «Ho sempre creduto in me, nelle mie possibilità, ma è stata dura, durissima». Un exploit qua e là illudevano. Magari in tornei minori. Non riusciva a essere continuo. Ma nel 2014 aveva rotto il ghiaccio. Sempre a Wimbledon. Battè il campione in carica Andy Murray, perse in semifinale e solo di stretta misura con il Novak Djokovic che si aggiudicherà il torneo. Ma a distrarre il bel ragazzo bulgaro, viso e fisico da modello, ci sono troppe belle ragazze. Fra queste una speciale, Maria Sharapova che ha 4 anni di più. Difficile concentrarsi solo sul tennis. Dopo aver fatto il suo ingresso tra i top-ten Grigor ne esce e fatica a rientrarci. A fine 2016 — nel frattempo è finita la storia con Maria e cominciata quella con la cantante americana pop Nicole Scherzinger— è soltanto numero 17: «Il mio obiettivo per il 2016 era rientrare tra i primi dieci». Oggi, e ancora prima di aver battuto per la quinta volta su sei il belga David Goffin (7-5,4-6,6-3) che gli aveva fatto il gran favore di eliminare Federer in semifinale, Grigor era già sicuro di fregiarsi del posto di numero 3 del mondo. Dietro a Nadal e Federer è quasi essere il numero 1 degli under 30. IL PREMIO gigantesco in denaro, 2 milioni e 549.000 dollari, vale meno del traguardo centrato da imbattuto nel Masters: cinque vittorie. Thiem, Carreno Busta (sostituto dell’infortunato Nadal), Sock in semifinale e Goffin due volte. E’ stata una bella partita, combattuta fino all’ultimo. Dimitrov vince il suo settimo torneo, il più importante. Il Master 1000 di Cincinnati era stato il più prestigioso. Goffin, partito bene nel primo set, un break avanti fino al 4-2, non ha però servito come contro Federer: tre break e ha perso il set d’avvio. Nel secondo un black out di Dimitrov nel settimo gioco costa caro al bulgaro. Cui va molto bene nel primo game del terzo set quando salva 4 palle break. A Goffin, che ha spesso comandato il gioco nonostante l’esile corporatura, è mancata l’incisività sotto rete. Potrà rifarsi nella finale di Coppa Davis contro la Francia il prossimo weekend. Leggi le interviste di Dimitrov e Goffin su www.ubitennis.com.

 

Becker, da Wimbledon alla bancarotta. Mezzo secolo di show

 

Stefano Semeraro, la stampa del 20.11.2017

 

Suo, il colpo più famoso della storia del Masters. «Avevo 17 anni e in quel periodo mi allenavo a casa di Lendl», dice Pete Sampras. «Ero a bordo campo e quel nastro me lo ricordo bene». Lendl era dall’altra parte della rete: «Guardo la palla e mi dico: per favore, non cosí…». Invece si. Dopo 37 scambi, sul 6-5 nel tie-break del quinto set la pallina si imbizzarrisce sul filo d’acciaio e ricasca dalla parte di Ivan il terribile. «Io non me ne rendo conto subito», dice Boris Becker, il protagonista della storia. «E rimango li, ad aspettare la reazione del pubblico prima di alzare le mani al cielo». Il Madison di New York esplode, un tifoso corre ad appoggiare una bandiera tedesca sulle spalle del wunderkind. «Una soddisfazione immensa, uno dei match più duri della mia carriera». È il 1988, in Italia la telecronaca di Rino Tommasi e Gianni Clerici la trasmette Tele Capodistria. Altri tempi, altri Maestri. Boris Becker, che mercoledi compirà 50 anni, è esploso tre anni prima a Wimbledon. Un bimbone divino che sul Centre Court a 17 anni si prende il primo dei suoi tre Wimbledon flettendo i quadricipiti alla Tomba – perché Becker è l’Alberto Tomba del tennis – e scocca pietrate usando il corpo come l’arco di Ulisse.  Unico rimpianto: «Non aver mai vinto un grande torneo sulla terra». «Ricordi la finale di Montecarlo contro Thomas Muster?», chiede Renzo Furlan, l’ex davisman azzurro che oggi allena gli under 20 in Serbia e con Bum Bum ha un conto in pareggio, una vittoria a testa. «Sul match point fece doppio fallo con una seconda di servizio ai 200 all’ora. Era il suo stile: rischiava tutto. Servizio e dritto che pesavano tonnellate, il rovescio meno. E che personalità». Omar Camporese, n. 18 del mondo che ci ha perso 4 volte, la più famosa agli Australian Open, 14-12 al quinto, è d’accordo. «Ho giocato contro i più forti, ma l’unico di cui avvertivo la presenza era lui. Se penso che oggi al Masters in finale vanno Goffin e Dimitrov, mi sento male. Fuori dal campo però Boris era quasi timido, non sembrava neanche tedesco. Ci siamo allenati tante volte insieme, ancora oggi attraverso amici comuni so che chiede di me. Una persona squisita. Il suo servizio era terribile, però avevo imparato a guardarlo negli occhi: prima di colpirlo mirava sempre». Le sfide con Edberg Come per Laver, Borg o Federer, c’è un prima e dopo Boris Becker. «Con il suo servizio ha cambiato il tennis», dice Riccardo Piatti, il più famoso dei nostri coach. «Nessuno prima di lui giocava con tanta potenza. Poi era uno che comandava: contro Voinea a Wimbledon un anno decise da solo di andarsene perché per lui era troppo buio, mentre sugli altri campi si continuava a giocare. Eredi? Nessuno». Le tre sfide consecutive con Edberg 17 anni IL PIÙ GIOVANE VINCITORE II record di Beckera Wimbledon nel 1985. Nel suo palmares 49 titoli: 3 ai Championships, 2 agli Australian Open e 1 agli Us Open CONFESSIONE «Quando vinsi a Londra sul Centre Court scioccai il mondo ma il primo a stupirmi fui io» sul Centre Court, la rivalità tutta deutsche con Michael Stich, le battaglie al Masters con Sampras, che dice di lui: «E il più forte giocatore indoor che ho mai incontrato». Per Paolo Bertolucci «è stato e rimane un animale da palcoscenico. L’artefice di un tennis verticale, fatto di potenza, di tuffi. L’unico che vagamente gli assomiglia è Shapovalov, il canadese, che ha un tennis aggressivo e creativo. Ma dobbiamo rassegnarci: di Becker, come di Federer e Nadal, non esisteranno mai copie». Oggi Boris vive a Wimbledon, collabora con la federazione tedesca, la Bbc ed Eurosport. A giugno è finito in bancarotta, «ma sono solvibile, mica fallito», si ribella. «Se cerchi pubblicità, assumi Boris Becker. Attenzione garantita». Alles gute, vecchio ragazzo.

 

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