da Londra, il nostro inviato
La Jubilee Line, la linea grigia della Tube di Londra, ferma a North Greenwich. Il quartiere in sé dice poco, non è certo periferia ma è ben lontano dalle villette a schiera di Notting Hill o dalla frenetica vita del business della City. Appena fuori dalla metro, proseguendo verso Est, si raggiunge un molo dove è possibile imbarcarsi su un battello, che solca il Tamigi e funge da trasporto pubblico. Uno degli attracchi del battello e sul retro del Marriott Hotel di Westminster, albergo ufficiale dei giocatori delle ATP World Tour Finals, che al mattino possono optare per la traversata in barca in alternativa al consueto passaggio in auto privata. Lo scorso anno eravamo salpati insieme alla troupe di SKY per una chiacchierata con i partecipanti…
Il perno di North Greenwich è la O2 Arena, a cento metri di passeggio dalla metropolitana: un enorme spiazzo colonnato, antistante l’entrata, è addobbato con manifesti personalizzati di ogni singolo partecipante, con numero di presenze ed eventualmente trionfi. Il manifesto più ricco di aneddoti, per ovvi motivi, è quello di Roger Federer, davanti al quale i tifosi si fermano a posare per selfie e video, come per quello di Nadal. L’Arena è teatro delle Finals ininterrottamente dal 2009, quando il Masters di fine anno tornò in Europa a otto anni dalla tappa di Lisbona, vinta da Kuerten. Nel mezzo, Sydney, Shanghai e Houston hanno visto crescere e poi estinguersi il nome Tennis Masters Cup.
Sulle acque del fiume si staglia l’enorme tendone, dal diametro di 365 metri e un chilometro di circonferenza, infilzato da una dozzina di pilastri d’acciaio giallo alti cento metri ciascuno. Più di 80.000 metri quadrati di superficie creano uno spazio perfetto per qualsiasi evento di entertainement, che paga però lo scotto di non avere una destinazione fissa. Per quanto il colorito contorno di bar, ristoranti, addirittura un multisala da 11 schermi, renda il contesto vivo e vario, manca la tipicità di un luogo dedicato esclusivamente al tennis.
Nei corridoi che circondano il campo e si dipanano su quattro livelli, mancano ad esempio gli spazi caratteristici di un circolo o palazzetto che ospiti un torneo di qualsiasi livello: pochissimi stand riservati a materiale tecnico o attrezzatura, più spazio a marchi tutto sommato validi per tutto l’anno, come firme di champagne o cioccolata. Il merchandising dell’evento è costretto in una angolino appena dopo l’ingresso, sulla sinistra. Ancor di più, girovagando per le lingue di pavimento che avvolgono il campo si scorgono cartelloni pubblicitari di canali televisivi o eventi che si terranno all’Arena, per lo più concerti e conferenze. L’acustica dell’impianto è infatti da capogiro, non è un caso che tutti i migliori artisti del mondo facciano tappa qui durante i loro tour: il record di concerti in un anno spetta al compianto Prince, che nel 2007 si esibì per ben 21 volte, mentre i Take That detengono il primato per più biglietti venduti all’Arena, circa 385.000.
Anche la sala stampa risente della temporaneità del torneo, per quanto efficiente al massimo: situata al di sotto del campo, è circondata da tubi innocenti e sostegni metallici, in netto contrasto con i maxischermi e le prese elettriche che tappezzano pareti e desk. Ogni postazione reca un elegante cartellino con nome e testata giornalistica dell’occupante, insieme all’indicazione lower/upper bowl, ovvero accesso ai posti in tribuna più o meno in alto. La regina del posto è Hillary Peck, sempre sorridente e ordinata, che gestisce anche il centro media del Queen’s.
Al livello più basso, quello dell’ingresso, è un susseguirsi di club, ristoranti e locali, che fanno da cintura al cuore della struttura dove sono campo, media center e sala interviste: stona quindi il cantiere perenne che occupa alcuni tratti dell’impianto, figlio appunto della necessità di convertire il campo di gioco in palcoscenico, poi in platea, poi ancora in parquet, e di nuovo in arena concerti. Nel corso degli anni la O2 è stata infatti sede di partite NBA e NHL, ha ospitato il torneo olimpico di pallacanestro e ginnastica, e i campionati di atletica leggera indoor del 2015. Una casa dello spettacolo a tutto tondo, che sotto qualche profilo potrebbe però far storcere il naso ai puristi.
Oltre a Zverev, Dimitrov e Sock, esordio anche per Nitto, azienda giapponese che ha sostituito la banca britannica Barclays come sponsor principale della kermesse. Più di 30.000 impiegati, centinaia di uffici e vendite in 27 paesi del mondo rendono il brand nipponico un colosso nella realizzazione di vernici e prodotti plastici di alto livello, come parti di automobili, tape sportivi e pellicole usate per creare tablet e televisori. La firma appare in bella vista sui cartelloni a fondo campo e un po’ ovunque in giro per la struttura, sebbene il marchio predecessore avesse un linea grafica ben più elegante e meno elementare. Pecunia non olet, evidentemente.
Resta comunque la tradizione di un’esperienza sensoriale importante: è qui che luci, suoni e impatto cromatico sono stati sperimentati per la prima volta come parte integrante di un incontro di tennis. Non più accessori, ma colonne portanti dell’evento: l’incontro di tennis, a Londra, è stato convertito in vero e proprio show, con il battito cardiaco simulato sulla palla break o sul match point, gli stacchi musicali ai cambi di campo, l’ingresso in campo tra riflettori e boati. È una location che merita un evento sportivo così importante, e l’evento merita una location del genere. E se non piace, c’è sempre tempo per una capatina in uno dei venti bar dell’Arena. In mezz’ora, l’attrezzatura di ristorazione della O2 potrebbe spillare 33.000 pinte: buono a sapersi.