Il 2017 di Stan Wawrinka: l'anno che ha chiuso un ciclo

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Il 2017 di Stan Wawrinka: l’anno che ha chiuso un ciclo

La stagione appena trascorsa ha visto un Wawrinka a due facce: competitivo nei Major prima, condizionato dall’infortunio poi. E dal divorzio da coach Norman. Potrà tornare al vertice del tennis mondiale

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Sono passati quasi 4 anni da quella domenica di fine gennaio 2014 in cui è stata promulgata la Legge Stanimal – uno Slam l’anno val bene un po’ di letargo. L’edizione 2016 di Flushing Meadows, che ha visto Wawrinka incassare la quota parte di major come da normativa vigente, non lasciava presagire che nel 2017 il tennis avrebbe derogato a questa regola. Invece, qualcosa si è rotto nella potentissima macchina da tennis che il circuito ha avvistato per la prima volta quel 26 gennaio. Una forza della natura, lo Stan evoluto, cui – lo si sarebbe scoperto di lì a poco – era stata disattivata una sola funzione: il pilota automatico. Il concetto stesso di velocità di crociera non era stato contemplato, con la conseguente alternanza di picchi di gioco impossibili da arginare, persino per mostri sacri come Nadal e Djokovic, e depressioni carsiche in cui lasciare il furore agonistico temporaneamente in quiescenza.

Per dovere di chiarezza, parliamo di Stanislas the Second – per distinguerlo dall’omonimo talento non del tutto espresso, incapace di divincolarsi dal limbo che imbriglia le seconde schiere. Il campione elvetico uscito finalmente dal cono d’ombra del Maestro Federer, con l’obiettivo di rubargli per un triennio – si parva licet – il ruolo di Svizzera 1. È toccato proprio al fuoriclasse basilese, 36 mesi dopo, nello stesso stadio che ha conosciuto il nuovo Wawrinka, riportare indietro le lancette e le gerarchie là dove per tanto tempo erano rimaste cristallizzate: Roger si è ripreso il titolo di Svizzera 1, Stan è tornato a fare la riverenza. Questo l’inizio di un’annata dai toni chiaroscurali, che si è chiusa in perdita sul piano del gioco, con l’aggravante di un colpo di scena finale a rendere più incerte le ambizioni di risalita nel 2018.

ANCORA TU, ROGER (MA NON DOVEVI BATTERMI PIÙ?)

Wawrinka inizia l’anno abbandonando il fortino di Chennai per Brisbane. Nel Queensland il nativo di Losanna gioca un torneo discreto, che si conclude in semifinale quando si imbatte in Nishikori. Ma è nel primo major dell’anno che torna il purosangue da gran premio. O così almeno sembra. Sulla sua strada, sempre lui, Federer. Che lo perseguita persino quando gioca in un altro stadio, come testimonia questo scambio con un tifoso dell’8 volte campione di Wimbledon.

La semifinale con il connazionale, già in affanno nel turno precedente, sembrerebbe un match alla sua portata. In realtà, la strada per lui si fa subito molto ripida: la contesa appare segnata da uno svantaggio incolmabile. Ma Stan non demorde e, persi i primi due set, vince i successivi. Finendo per cedere nella frazione decisiva.

E FEDERER INSISTE, PROPRIO UNO STR…ANO AMICO

“Enough is enough”, sembra pensare un Wawrinka molto provato emotivamente dalla finale appena persa a Indian Wells. A batterlo, il solito, sadico amico. Cui rivolge scherzosamente un epiteto in mondovisione. Il primo Masters 1000 del calendario è ancora terreno di conquista per il suo idolo, ma Stan può comune essere soddisfatto del livello mostrato nel primo trimestre. Meno confortante il passo falso di Miami, dove, negli ottavi, è il rampante Sascha Zverev a sconfiggerlo. Ma è già tempo di volare in Europa.

https://www.youtube.com/watch?v=N_tpllLH1YM

TRAVOLTO DAL PIÙ GRANDE SPECIALISTA SUL ROSSO

Almeno potrà dire “Io c’ero”. Esser parte, seppur perdente come da copione, di uno dei momenti della storia del tennis, La Decima realizzata al Roland Garros da Rafael Nadal, non sarà stato uno dei suoi sogni di bambino. Ma, se proprio si deve scegliere un palcoscenico dove recitare la parte dello sconfitto, beh, meglio optare per la finale di un big event. Il torneo parigino rappresenta il clou (guarda caso) della stagione sul rosso di Wawrinka. Che comincia in sordina, con sconfitte a Montecarlo da Cuevas, tutto sommato accettabile, e a Madrid da Paire, il cavallo pazzo francese la cui consistenza si limita alla folta barba. Agli Internazionali lo ferma Isner. L’ouverture della bella prestazione francese è la vittoria, la prima (e anche l’ultima) dell’anno, nel 250 di Ginevra. I motori sono caldi e a Porte d’Auteuil, prima di essere triturato da Nadal in finale, spegne in una semifinale fiume le residue speranze di Murray di risollevare la propria stagione.

L’INFORTUNIO CHE DECRETA LO STOP

Le comparsate al Queens e a Wimbledon, tornei storicamente mai terreno di caccia per lo svizzero per una certa incompatibilità tecnica con la superficie, non aggiungono nulla al suo 2017. La notizia arriva invece a inizio agosto. Wawrinka si opera al ginocchio e annuncia che tornerà a giocare nel 2018. Lo US Open perde il campione uscente, l’ennesimo top player costretto a saltare la porzione finale della stagione.

E INFINE, LO SHOCK: NORMAN SE NE VA

Se per il tennis giocato c’è da attendere qualche mese, sono gli annunci a tenere banco. Comincia l’allenatore dei miracoli, Magnus Norman, colui che ha trasformato un solido top 10 nell’inarrestabile guastasogni dei mostri sacri – chiedere a Nadal e Djokovic. Il primo relatore della Legge Stanimal decide di interrompere la collaborazione con l’elvetico. La notizia coglie di sorpresa lo stesso Wawrinka, che il primo dicembre, con rinfrescante irritualità no social, affida le sue considerazioni a una conferenza stampa. L’evento, un po’ chiacchierata tra vecchi amici che non si vedono da tanto, un po’ occasione per fornire la versione ufficiale sui piani futuri, chiarisce due cose. Stan smentisce le voci di un suo imminente ritiro e rivela che il divorzio da Norman è stato deciso unilateralmente dal coach. In particolare, la tempistica scelta appare “scioccante, visto che nei momenti difficili ti aspetteresti il supporto delle persone che ti sono vicine”.

Tornerà, quindi, Stan. Ma non si pronuncia sulla data. Si è dato obiettivi di lungo termine, inutile affrettare il recupero. Può darsi che il momento magico sia finito. È probabile che, anche per via dei suoi 32 anni, il gioco “vinco uno Slam, mi rilasso e ci rivediamo in una di queste finali” non gli riuscirà più. In fondo, l’importante è che si butti nuovamente nella mischia. E se dovesse trovare la misura dei suoi traccianti per una quindicina di giorni, nella venue giusta, potrà tornare a trasformare i sogni di chi sogna in grande in altrettanti incubi.

 

 

 

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