Torna in campo Marion Bartoli, campionessa dell'imprevedibile

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Torna in campo Marion Bartoli, campionessa dell’imprevedibile

Un fulmine squarcia una tranquilla serata di off-season. La francese annuncia il suo scioccante comeback. Dovrebbe tornare a Miami. Puntando a Slam, Fed Cup e Tokyo 2020

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Non serviva certo il clamoroso annuncio di un suo ritorno alle competizioni, per sottolineare lo spiccato senso del teatro di Marion Bartoli. Il personaggio è di quelli da cui attendersi colpi di testa. Ma che puntualmente ti beffa, come le star che sgattaiolano da una porticina sul retro, mentre la stampa è schierata in assetto da guerra di fronte all’ingresso principale. Stavolta, la campionessa di Wimbledon 2013 si è lasciata pescare dalla rete, quando le sue maglie sono meno fitte. Fra lusco e brusco, in una placida (leggasi piatta) serata di off-season, confluendo anche lei sul già trafficato svincolo dei comeback. Il suo è un rientro ben diverso – e ti pareva – da quelli più classici dei soliti noti, annunciati da un semestre. Si è avvalsa di un video breve, trasmesso da Eurosport France. Il tempo di scagliare una saetta che irrompe nel noioso tran tran della pre-chiusura redazionale. Stavolta, notizia vera a differenza delle voci di un paio di mesi fa. La ribalta, inevitabilmente, è il rettangolo di gioco. Energica, solare, conscia della “grande sfida che mi attende”, Marion precisa che punta a rientrare a Miami. O per meglio dire spera di essere pronta per rientrare a marzo in Florida, dove probabilmente sa (o immagina) che ci sarà una wild card ad attenderla. Segue la parte più ordinaria, la voglia di riabbracciare i tifosi, l’importanza del loro calore. E gli obiettivi che più le stanno a cuore: tornare a giocare il Roland Garros, davanti al suo pubblico, rimettere piede a Wimbledon dove ha vissuto l’emozione più forte della sua carriera sportiva, e difendere ancora una volta i colori francesi in Fed Cup.

Marion is back, dunque. E lo fa rendendo onore, ancora una volta, alla sua imprevedibilità, il fil rouge di tutta una vita. Originali gli allenamenti, che una collega esperta come la Kuznetsova, piedi piantati a terra e ripudio del fatuo divismo, include nella lista delle cose più strane cui abbia assistito nella sua lunga carriera. Diverso e un po’ opprimente il padre allenatore, ispiratore dei training di cui sopra. Ennesima riproposizione della figura del genitore-factotum se non di quello padrone, ma declinata à la Bartoli. Una famiglia costretta dalla sua peculiarità a ripercorrere strade trafficate, ma con mezzi propri. Lui, medico eletto coach a suffragio personale. Lei, rappresentante di punta degli atleti non naturali, dotata di un QI da ammissione al Mensa. Un quadro che, a suo tempo, rese il borgo natio troppo angusto per la loro irrequietezza.

Quella stessa frenesia che la transalpina esprimeva sul campo, quando mulinava colpi bimani a vuoto in attesa di rispondere al servizio dell’avversaria – a quanti secondi dev’essere impostato uno shot clock in linea con il suo sistema nervoso? O quando si piazzava a due metri dalla linea del servizio, e mica solo per far saltare la mosca al naso a rivali esterrefatte, come un Chang qualsiasi. Il suo è stato un motore a corrente alternata, dove le polarità potevano essere invertite senza alcun motivo apparente. Nel corso degli anni, il saliscendi bartoliano ha toccato vertici estatici, come nel luglio 2013 ai Championships, come abissi in cui è stata costretta a raschiare il fondo delle riserve psicofisiche, passando da rotondità solitamente non accostabili allo status di atleta a una spettrale magrezza che ha fatto temere per la sua stessa incolumità.

Ora tutto è nuovamente azzerato. Quanto la nuova Marion sia distante da quella che lasciò il mondo del tennis a bocca aperta, mentre annunciava l’abbandono dell’attività agonistica non è dato sapere. Il tempo freddamente registra un lasso di tempo neutro. Quattro anni, forse troppo, ma non è detto. Il circuito delle regine timide non può sperare che la Bartoli ricopra il ruolo vacante della tiranna, parte in commedia che il suo bioritmo rifiutò quando era top 10. Ma la speranza è di aver ritrovato un personaggio capace di guardare al tennis da scorci prospettici che sfuggono ai più. E, si spera, in grado di affrontare la competizione in modo meno ossessivo, addolcita dalle soddisfazioni (enormi) che si è già tolta. Sapendo che, comunque vada, sarà un’avventura unica. Come la sua vita.

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