Sponsor e guerre, Cornet: "Lacoste spreca i soldi con Djokovic"

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Sponsor e guerre, Cornet: “Lacoste spreca i soldi con Djokovic”

La francese si vendica di Lacoste. In pieno tennis mercato Lacoste, Adidas, Lotto, Nike, Diadora, Asics, Joma. Ma Simona Halep, n.1 WTA, non la vuole nessuno?

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Con gli sponsor non si scherza. E neanche tra sponsor. L’off-season, assieme al consueto – per la verità quest’anno più accentuato del solito – viavai di allenatori, è stata caratterizzata da qualche sommovimento tra i marchi che assoldano e vestono i protagonisti del tennis mondiale. Su tutti il bizzarro caso di Simona Halep, numero 1 delle classifiche femminili, che si è vista appiedare da Adidas. Da arciere di punta dell’azienda bavarese, a regina orfana di un abito griffato. I rumors ormai diventati di dominio pubblico da due settimane sono stati confermati dalla diretta interessata nelle ultime ore del 2017, con tanto di ringraziamento speciale a Claus Marten, direttore del marketing per il marchio che in top 10 veste ora Muguruza, Wozniacki e Ostapenko.

Le dinamiche della separazione non sono chiare, ma le indiscrezioni più insistenti imputano il mancato rinnovo a una richiesta troppo esosa della giocatrice rumena. Vedendola da un’altra prospettiva, Adidas non ha manifestato interesse nell’aumentare il suo esborso per tenersi la finalista dell’ultimo Roland Garros. Sembra esserci una certa discrepanza tra il rendimento di Halep sul campo e il suo valore come ‘oggetto’ di marketing, anche in considerazione delle nuove strategie di Adidas che si è concentrata particolarmente sulle nuove leve assicurandosi le prestazioni di Jelena Ostapenko e Naomi Osaka, classe ’97 e potenziali crack del circuito femminile. La lettone ha già cominciato a ripagare l’investimento, quantomai provvido poiché la scelta di metterla sotto contratto si è concretizzata a Miami, a due mesi dal primo trionfo Slam di Jelena. Il 2017 di Ostapenko era infatti cominciato sotto i colori di Nike, che in questo caso non ha brillato per lungimiranza. Finora non è stata troppo felice neanche la scelta di ‘mettere il baffo‘ a Belinda Bencic, a inizio 2017; la svizzera però ha tutto il tempo (e i mezzi) per farsi perdonare il tempo sciupato a causa degli infortuni. E i segnali lanciati tra il finale di stagione e la Hopman Cup sembrano estremamente edificanti.

Tornando ad Halep, l’accordo di Simona con il marchio tedesco è scaduto con ogni probabilità proprio il 31 dicembre, tanto che Halep ha svolto i primi allenamenti, le prime sessioni di “pubbliche relazioni” con i fan e giocato il primo match di doppio a Shenzhen nella sua solita tenuta, salvo indulgere in qualche segnale di evidente ‘tensione’ tra lei e Adidas. Qui un dettaglio del marchio cancellato su un visiera, prima dell’annuncio ufficiale della separazione.

Nel frattempo un’altra top 20 abbandona Adidas per accasarsi altrove: Anastasja Pavlyuchenkova, che dal 2018 sarà vestita da Joma. Proprio l’azienda spagnola ha invece perso Dolgopolov, comparso a Brisbane in abiti firmati Diadora.

ALIZÈ CORNET LASCIA LACOSTE, PASSA A LOTTO E SI ‘VENDICA’

Sul futuro outfit della Simona Halep, comunque, non ci sono conferme. In Romania sono convinti che tornerà a vestire Lacoste, da cui si è separata nel 2014 per – pare – una vicenda di bonus pattuiti e non elargiti. Ed è proprio il marchio Lacoste al centro della polemica più recente, accesa dalla mai banale Alizè Cornet. La francese ha abbandonato da pochi giorni il coccodrillo per accasarsi con il marchio italiano Lotto, e quando ancora erano in corso gli ultimi saluti si è tolta un bel sassolino dalla scarpa. In una chiacchierata con il giornalista Ben Rothenberg, che ne ha in parte anticipato contenuti e toni con questo tweet, Alizè avrebbe contestato in modo neanche troppo velato la scelta di Lacoste di mettere sotto contratto Novak Djokovic. Il serbo ha dismesso le t-shirt di Uniqlo e cominciato a indossare quelle col coccodrillo a partire dallo scorso Roland Garros, ma i risultati non sono arrivati. Nole è rimasto in campo appena un altro mese prima di annunciare la fine anticipata del suo 2017, con rammarico di tifosi… e degli emissari Lacoste, che certamente hanno temuto di aver scelto il cavallo sbagliato. Per meglio dire, il cavallo giusto ma nel momento sbagliato.

Penso che Lacoste abbia buttato via i soldi prendendo Djokovic. Non ha giocato per un anno intero, ottimo investimento! Congratulazioni ragazzi“. Con questa forma è stata twittata la dichiarazione di Cornet, che si è premurata di rispondere a Rothenberg sottolineando come non si potesse estrapolare solo quel virgolettato da una conversazione di 15 minuti. Il giornalista ha confermato la natura enfatizzata e scherzosa di quel tweet, un’anticipazione dell’intera intervista che troverà posto in un articolo. Il ‘danno’ però ormai è fatto; le parole di Cornet hanno pervaso tutte le latitudini tennistiche e in tanti si sono chiesti se un virgolettato riportato con tanto di nome e cognome potesse, effettivamente, essere letto come uno scherzo.

In tutta onestà non si fatica a credere che Alizè abbia potuto pronunciare quelle parole, o quantomeno espresso quel concetto. La francese non appartiene alla schiera di coloro che le mandano a dire, e che (sinora) Lacoste non abbia azzeccato l’investimento-Djokovic sembra evidente a tutti. I timori per il marchio francese crescono soprattutto dopo le ultime dichiarazioni di Djokovic, a margine dei forfait per Abu Dhabi prima e Doha poi: il gomito fa ancora male, e sin quando non sentirà di poter giocare a braccio sciolto il serbo non rischierà. Scelta saggia, per chi rischia di rimetterci tendini e carriera. Ma quelli di Lacoste non staranno certo esultando, tra una piccola toppa a forma di alligatore e l’altra.

UNDER ARMOUR RIMANE CON IL SOLO MURRAY: STEPHENS PASSA A NIKE

Il Diavolo veste Nike. È senza dubbio questo l’adagio più adatto ai rapporti di forza tra sponsor, quantomeno nel mondo del tennis. Quando l’ultima vincitrice di uno Slam in campo femminile – Sloane Stephens – si ritrova a vestire i panni di un’azienda – Under Armour – che versa in cattive condizioni finanziarie e addirittura inizia a valutare l’idea di uscire dal tennis, quanto tempo pensate possa trascorrere sino al momento in cui il colosso col baffo deciderà di tentarla con le sue lusinghe, conscio di una potenza di fuoco senza eguali? Poco. Sono bastati appena quattro mesi perché la statunitense passasse alla ‘maggioranza’, come era facile prevedere dopo l’incredibile rivalutazione della sua immagine e del suo potenziale a Flushing Meadows. Va poi sottolineato che Mamma Nike detiene una sorta di prelazione sulle tenniste a stelle e strisce che mostrino di valere più di una onesta carriera da comprimaria: delle sei tenniste statunitensi che occupano la top 50, l’unica a non vestire il baffo è Coco Vandeweghe, che resiste stoicamente con le sue magliette Asics. La legge di solito è: se sei nata negli States e cominci a farti notare, finisci sotto contratto con Nike. Il target, insomma, denota una certa elitarietà. Scorrendo a ritroso la classifica fino alla 130esima posizione, si può notare infatti come siano accasate altrove Lepchenko, McHale, Brady, Riske, Gibbs, Ahn, Vickery, Mattek-Sands (addirittura priva di sponsor tecnico, ex Under Armour), Pera e Falconi; viceversa, soltanto Brengle e le futuribili Townsend e Kenin sono sponsorizzate da Nike.

Il cambio di casacca di Stephens conferma insomma che lo sponsor più forte del tennis non si fa sfuggire quasi nulla di prezioso, trend che se ristretto agli Stati Uniti diviene praticamente una certezza. L’altro risvolto della medaglia è la crisi di Under Armour che ormai sembra verticale: persa la vincitrice dell’US Open, di cavalli di razza in scuderia resta il solo Andy Murray che però, al momento, è così pieno di dubbi sul suo futuro tennistico da apparire piuttosto un ronzino spelacchiato.

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