Kyrgios, la volta buona? Che trionfo a Brisbane (Crivelli), Il tennis riparte tra infortuni e dubbi. L'antico Federer è l'unica certezza (Piccardi). Intervista a Nick Bollettieri: “Rimpiango solo Federer” (Semeraro)

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Kyrgios, la volta buona? Che trionfo a Brisbane (Crivelli), Il tennis riparte tra infortuni e dubbi. L’antico Federer è l’unica certezza (Piccardi). Intervista a Nick Bollettieri: “Rimpiango solo Federer” (Semeraro)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Kyrgios, la volta buona? Che trionfo a Brisbane

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 8-01-18

 

E’ vero, ci ha abituati a non fidarci troppo di lui: vittorie abbaglianti e subito dopo cadute fragorose, come purtroppo si conviene a chi ha sempre ammesso di giocare a tennis solo perché non sa fare altro. Eppure, sul talento di Kyrgios è stato facile scommettere fin da quando apparve con il fragore del predestinato nei tornei juniores. E se il buon anno si vede dal mattino, aspettiamoci un Kid di Canberra capace di irrompere con la forza del tuono nell’eterno duello tra Federer e Nadal o nel castello delle ambizioni di Zverev e dei più giovani (di poco) della Next Gen: del resto lui è stato in grado di battere Roger, Djokovic e Rafa la prima volta che li ha incontrati. CIE NEVI II successo sul cemento di Brisbane, il primo ottenuto in patria dei suoi quattro, forse ci consegna un Nick diverso, più maturo e meno farfallone. Innanzitutto, ha vinto le prime tre partite del torneo recuperando sempre da un set sotto e poi in finale, dopo la palla break concessa nel suo terzo turno di battuta, ha infilato 22 punti consecutivi con il servizio, affossando il povero Harrison e nonostante i fastidi al ginocchio sinistro che lo tormentano da settimane: «Più passavano i giorni, più è aumentata la fiducia. Sono nelle condizioni fisiche e soprattutto mentali ideali per affrontare gli Australian Open: amo la pressione’. Oggi sarà 17 del mondo e un pericolo ancor più velenoso per tutti i big.

 

Il tennis riparte tra infortuni e dubbi. L’antico Federer è l’unica certezza

 

Gala Piccardi, il corriere della sera del 8.1.2018

 

Domina Zverev in Hopman Cup e rilancia «Mi alleno meno ma mi alleno meglio» In Australia A 36 anni, 6 mesi e 19 Slam ha avuto voglia di caricare la tribù su un aereo privato, atterrare down under dopo Natale, sdraiarsi a pancia in giù su una spiaggia dell’isola di Rottnest (al largo di Perth) per fare un selfie insieme a un quokka, entrare e uscire dallo smoking il tempo del brindisi di Capodanno e regalarsi una Hopman Cup diciassette anni dopo quella conquistata con Martina Hingis: «Nel 2000 lei era la maestra e io l’allievo…». Roger Federer ricomincia da dove aveva gettato le fondamenta di un 2017 «surreale», trascorso a spartirsi Major con il migliore nemico Rafa Nadal, e sbarca a Melbourne — la città in cui tra una settimana scatterà il primo Slam della stagione — da doveroso favorito. Non solo perché a Perth battendo Giappone (Sugita), Russia (il Next Gen Khachanov), Usa (Sock numero 8 del mondo) e Germania (Zverev, recuperando lo svantaggio di un set e chiudendo con una smorzata da antologia) in quella Hopman Cup che già aveva scelto l’anno scorso come tappa di rientro dopo il lungo infortunio al ginocchio ha messo in mostra una forma olimpica. Non solo perché è campione in carica dell’Australian Open. Ma anche perché è l’unico abitante dell’attico del grande tennis con vista sugli Slam a non aver avuto bisogno dell’infermeria negli ultimi mesi. «Mi alleno meno, mi alleno meglio. E inutile che io alla mia età stia là fuori troppe ore a colpire palline. In questo modo ho più tempo libero: vado in campo la mattina, il pomeriggio sto in famiglia. Per l’Australian Open mi sento pronto, al di là di chi ci sarà e chi mancherà». Già, assenti e presenti. La settimana di avvicinamento all’Open, costellata di esibizioni, servirà a capire chi ha la salute per entrare nel tabellone di Melbourne con qualche ambizione. Il logorio del tennis moderno ha respinto al mittente i top players Kei Nishikori (avversario dell’Italia in Coppa Davis il weekend dopo l’Australian Open) e Andy Murray, che non riesce a venire a capo dell’infortunio all’anca che potrebbe riportarlo, a 3o anni suonati, sotto i ferri. I postumi della maternità hanno rispedito a casa Serena Williams, che dopo la ricca esibizione di Abu Dhabi ha ritenuto non avere una forma sufficiente per una credibile difesa del titolo di Melbourne, conquistato nel gennaio 2017 con la sorella Venus, ultima apparizione con la racchetta in mano prima di dediII caso • Tredici giocatori sono stati sanzionati nel 2017 dopo le indagini della Tennis Integrity Unit (Tiu), l’unità della Federtennis internazionale che combatte il problema delle scommesse • Cinque di loro sono stati squalificati (tre a vita, uno per 10 anni, uno per 7) per aver tentato di truccare delle partite. Il numero di match sospetti nel 2017 è sceso a 241 rispetto ai 292 registrati nel 2016 tarsi ad allargare la famiglia. Il resto è tutto da scoprire. Da down under postano incoraggianti foto di allenamenti sotto il sole australe sia il numero uno del mondo Rafa Nadal (per la prima volta senza zio Toni al capezzale), che il ginocchio non fa mai dormire tranquillo, sia Novak Djokovic, l’ex dominatore che nel giro di una stagione pare diventato straordinariamente obsoleto: entrambi confermeranno la presenza all’Australian Open solo all’ultimo momento utile, dopo aver sottoposto giunture e legamenti all’usura del caldo australiano. E come sta Stan Wawrinka, sparito dai radar da Wimbledon 2017, un altro dei Big Five finito sotto i ferri? Sembra incredibile dirlo, ma l’unica certezza che abbiamo all’inizio di questa stagione piena di incognite è un signore svizzero di oltre sette lustri, che non pare pronto a lasciare strada a Nick Kyrgios vincitore a Brisbane o a Andrei Rublev finalista a Doha e nemmeno a Grigor Dimitrov, maestro in carica a sorpresa. Perché nessuno ha il talento di Roger Federer e nessuno si diverte (ancora) come lui. I selfie con il quokka prima di cominciare a fare sul serio a Melbourne.

 

La mia vita con i numeri uno. Rimpiango soltanto Federer

 

Stefano Semeraro, la Stampa del 8.01.2018

 

Sapete qual è la condanna di essere un numero uno?», dice piantandoti addosso gli occhi da antico sciamano mezzo paisà abituato a sussurrare ai campioni e a stregare il pubblico di tutto il mondo, dalla Florida al Golfo Arabo. «E che lo devi essere tutti i giorni. Per questo il migliore sono sempre io…». Nick Bollettieri, il coach che ha scoperto Andre Agassi e Monica Seles, Jim Courier e Maria Sharapova, ha 86 anni e riparte dal Qatar. La settimana scorsa era a Doha per il torneo Atp e ha tenuto il suo primo stage per i maestri di tennis locali. Bollettieri, l’obiettivo è scovare un numero 1 del mondo arabo? «Mai partire con l’idea di creare campioni. Se riesci a ottenere il meglio dai tuoi giocatori, i risultati arriveranno. Con il tempo possiamo produrre molti top-player». Ma cosa ci fa un italo-americano a Doha? «Sono venuto la prima volta vent’anni fa. In campo vidi un ragazzino e gli dissi: “Boy, se non muovi quei piedi puoi anche uscire dal campo”. Mi spiegarono, preoccupatissimi, che era il figlio dell’Emiro. La scorsa estate sua sorella ad Aspen mi ha invitato di nuovo e stiamo mettendo in piedi Ora cerco talenti tra gli arabi, un coach deve essere prima di tutto un educatore La mamma di Courier mi chiese di cambiare il rovescio del figlio una collaborazione. Oggi qui ci sono strutture fantastiche». Lei ha allenato decine di campioni, fra cui dodici numeri 1: chi le manca? «Roger Federer. È un campione in tutto quello che fa, una qualità che hanno in pochissimi. Se ce ne fossero più come lui, vivremmo in un mondo migliore». Come si allena un fuoriclasse? «Capendo di cosa ha bisogno. Boris Becker diceva sempre: “Nick è un genio perché sa trattare con ciascuno in maniera molto semplice. Ad Agassi bastava un’ora e mezzo al giorno, Monica Seles mi è costata tre mogli: voleva che stessi in campo con lei fino a mezzanotte. La mamma di Courier mi chiese di cambiare il rovescio di suo figlio, che impugnava la racchetta come una mazza da baseball. Io lo guardai un po’ e gli dissi: Jim, dimenticati il rovescio, gioca 112018? Peri Fab Four la vedo dura, tra le donne può vincere chiunque. E già aspetto la figlia di Serena… Nick Bollettieri Allenatore di tennis e scopritore di campioni 55 solo di diritto». Qual è la qualità più importante di un coach? «Deve essere un educatore. Sono cresciuto in un quartiere di neri e italiani, mia nonna quando tornavo da scuola mi chiedeva se avevo dato retta alla maestra, e mi mandava a giocare. Oggi vedo i genitori assillati dai voti e dai risultati. Ma ai ragazzi bisogna far capire soprattutto che sono amati, e che se danno il massimo sono comunque dei vincenti. Sennò si rischia di perderli». Nel 2018 vinceranno sempre i soliti? «Per i Fab Four la vedo dura. Fra le donne, con Serena e Sharapova non al massimo, può vincere chiunque. Comunque ho già offerto l’iscrizione gratis alla mia Academy alla figlia di Serena: nel caso non possa permettersela…». Nadal può raggiungere il record di Slam di Federer? «Dipende dal fisico. Poi dovrà vedersela con Federer stesso e con le nuove generazioni». Allenerebbe un «bad boy» come Nick Kyrgios? «E il mio tipo! Sono abituato a caratteri del genere: o pensate forse che Agassi fosse uno facile? Nick lo inviterei a pranzo e per due ore io starei solo ad ascoltare, senza dire nulla. Alla gente non bisogna mai imporre le cose». Riuscirebbe a gestire anche Fabio Fognini? «Fabio è il tipico italiano: bello come me. Grande talento, ma non ha ancora raggiunto il suo potenziale. Lo filmerei ogni volta che perde il controllo, poi lo metterei davanti al video e uscirei dalla stanza. Le immagini spesso contano più delle parole». C’è qualcosa che si rimprovera? «Di errori ne ho fatti, non sono perfetto. Adesso gira un bel documentario su di me, si chiama “Love means zero” (L’amore conta zero), non ne esco sempre bene. Ci sono anche le immagini di quella volta a Parigi in cui Courier, che era un mio allievo, si mise a piangere in campo perché vide che ero nel box di Agassi, che stava giocando contro di lui». Nel tennis di oggi conta sull fisico? «Contano la tecnica, il fisico e l’aspetto mentale. Non puoi permetterti di avere un lato debole. Sampras era alto 1 e 85 e sembrava un gigante, oggi la media è di 1 e 90 fra i maschi e 1 e 80 fra le donne. Non vuol dire che i piccoletti non abbiano chance, ma fra il grande e il piccolo vince sempre quello grande, se ha un po’ di cervello». Qual è il segreto del suo successo? «Sono pazzo. Quando ho aperto la mia Academy mi davano del matto, poi tutto il mondo mi ha copiato. I pazzi fanno cose che la gente normale non fa perché ha paura di fallire. Non è il mio caso».

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