Federer: "36 ore lunghissime, ho vinto anche di esperienza"

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Federer: “36 ore lunghissime, ho vinto anche di esperienza”

Emozioni incontenibili per il fuoriclasse di Basilea: “Ho avuto anche un po’ di fortuna, ma se mi programmo bene, vivrò ancora di questi momenti”

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Finale Australian Open 2018

[2] R. Federer b. [6] M. Cilic 6-2 6-7(5) 6-3 3-6 6-1 Intervista del dopo partita a Roger Federer


Cosa stavi pensando all’inizio del set decisivo?
Stavo davvero cercando di tornare a vincere un game perché lui aveva rimontato dal 3-2 e aveva vinto quattro giochi consecutivi. Quindi per me è stato importante interrompere la sua inerzia. Ho cercato di servire bene. Ho cercato di prendermi un po’ di fortuna. Sono riuscito a prendermi quel primo gioco e muovere il punteggio. Da quel momento in poi, forse l’inerzia è cambiata leggermente ed è esattamente quello che è successo. Penso che l’esperienza mi abbia aiutato un po’, e anche un po’ di fortuna, mi sentivo come se ne avessi bisogno stasera.

 

Il numero 20 ha un significato particolare per te?
Il numero?

Sì.
No, il numero, di per sé, no. Non ho un ricordo speciale legato al numero 20. Forse ora ho tempo per pensarci, perché finora non potevo, visto che è esattamente così che le cose vanno male poi, quando pensi troppo avanti. Penso che sia stato difficile, stasera. Tutto il giorno ho pensato, “come mi sentirei se vincessi?”, “come mi sentirei se perdessi? Sono così vicino, eppure così lontano. Ho passato l’intero match in questo modo. Ho avuto questi momenti nel passato, ma forse mai così estremi come stasera. Arrivare a 20 è ovviamente molto, molto speciale, senza dubbio.

Quali sono stati i tuoi pensieri sulla decisione di giocare questa finale in condizioni indoor?
Non ero sicuro se fosse una cosa buona per me o no, giocare sotto il tetto o no. Naturalmente, mi sono formato in condizioni indoor. È lì che sono arrivati i miei primi successi. Mi viene da pensare che quando gioco indoor succedono cose buone per me. Ma non mi dispiaceva per il caldo, ad essere sincero. Ho pensato che forse per un ragazzo più grande e grosso come Marin, forse lo avrebbe stancato più velocemente durante l’incontro. Alla fine, non è una mia decisione. Mi hanno tenuto aggiornato via via. Sono stato sorpreso di sapere che avevano la heat rule in atto per una partita notturna. Non l’ho mai sentito prima. Quando sono arrivato in campo, ero totalmente pronto per giocare all’aperto. Mi hanno detto che ci stavano pensando. Mezz’ora prima, mi hanno detto che si sarebbe giocato indoor. Per me, non cambia nulla nella preparazione, ad essere onesti. Ero pronto per entrambe le condizioni.

Si tratta del tuo sesto titolo all’Australian Open. Raccontaci come ci si sente ad eguagliare Emerson e Djokovic
Si tratta di vivere le emozioni che ho vissuto stasera di nuovo, la cerimonia del trofeo, passando per una dura partita sulle montagne russe, 5 set contro Cilic, che è un grande giocatore, e poi ho ottenuto il sesto titolo qui. davvero un momento molto speciale. Difendere il mio titolo dall’anno scorso è una sorta di fiaba che continua. Questo è ciò che spicca per me, più di eguagliare Emerson o Novak. Hanno avuto le loro incredibili carriere. Ammiro quello che stanno facendo e hanno fatto nel caso di Emerson. Sì, è sicuramente si tratta di un momento molto speciale nella mia vita.

Come riesci a mantenere le tue ambizioni per i titoli del Grande Slam? Hai 36 anni. Hai vinto 20 titoli. Come riesci a mantenere viva la tua ambizione?
Penso che il segreto sia non esagerare, non giocare tutti i tornei possibili. Mi piace allenarmi. Non mi pesa viaggiare. Avere una grande squadra intorno a me, lo rende possibile. Alla fine sto vedendo che i miei genitori sono incredibilmente orgogliosi e felici di vedermi ancora giocare. A loro piace venire ai tornei. Questo mi rende felice e mi fa giocare meglio. Poi, ovviamente, mia moglie che rende tutto possibile. Senza il suo sostegno, non giocherei più a tennis da molti anni. Ma abbiamo avuto una conversazione molto aperta, le ho chiesto se sarebbe stata felice di vedermi continuare, ormai anni fa. Sono felice che sia una mia super sostenitrice, e lei è disposta a prendersi un carico di lavoro enorme con i bambini. Lo stesso per me, perché non vorrei stare lontano dai miei figli per più di due settimane. Questa vita non funzionerebbe se lei avesse detto di no. Molti pezzi del puzzle hanno bisogno di stare insieme per permettermi di stare seduto qui stasera.

Perché sei stato così emotivo dopo la partita? Puoi descrivere il momento in cui hai avuto quell’incredibile reazione della folla? Perfino Rod Laver si stava agitando…
Non ho visto a causa delle mie grosse lacrime, che stava scattando una foto di me che piangevo. Non so cosa dirti. Stavo cercando di spiegarlo prima in TV. Penso che quello che è successo è questo: sono arrivato in finale molto rapidamente. La semifinale è stata interrotta. Avevo dentro un sacco di emozioni perché non ho avuto bisogno di andare al limite come l’anno scorso contro Nishikori, Stan, e così via. A conti fatti, mi ha ricordato molto la finale contro Baghdatis, che è stata dura. Ero il favorito, sono arrivato alla finale in un modo davvero eccellente. Poi alla fine, Rocket mi ha dato il trofeo, ero in piedi di fronte alla gente, non lo so, è questo che mi emoziona davvero. Quando comincio a pensare a quello che devo dire, ogni argomento che tocco in realtà è molto significativo e molto emotivo. Ringraziando la tua squadra, congratulandoti con Marin, ringraziando la gente, ringraziando il torneo. Alla fine è come una grande festa. Ma speravo che nel corso del tempo avrei iniziato a rilassarmi un po’ durante il discorso, ma non ci sono riuscito. Vorrei che non fosse così a volte. Allo stesso tempo sono felice di poter mostrare emozioni e condividerle con le persone. Se mi emoziono, è perché c’era di nuovo lo stadio pieno. Nessuno nello stadio non mi renderebbe emotivo. Questo è anche per loro davvero.

Perché pensi di essere stato così nervoso prima di questa partita? Dall’esterno, verrebbe da pensare che l’anno scorso fosse probabilmente più snervante…
A volte non puoi spiegarlo. È solo una sensazione che avverti. È come contro Berdych, ho sentito, “probabilmente, questa la perdo”. Non ero negativo, ma mi sentivo come se fossi destinato a perdere in qualche modo. Non perché non mi sentissi bene o altro, pensavo che forse Berdych fosse davvero in forma. Oggi per la finale, non mi sono addormentato molto bene dopo la partita con Chung. Penso che mi abbia sorpreso in questa fase di una competizione, in semifinale, passare per ritiro dell’avversario, era molto strano per me. Non mi sono addormentato fino alle 3 del mattino. Tutto il giorno dopo stavo già pensando a come avrei dovuto giocare contro Marin, quanto sarebbe bello vincere il N.20, ma no, “non pensarci”, “ma quanto sarebbe orribile perdere?”. Ho avuto questi pensieri per oltre 36 ore, ad essere onesti. È stata lunga. Come ho spiegato, mi sono sentito come se la finale fosse arrivata molto velocemente non perdendo set, e avendo così tante emozioni dentro, ho dovuto gestire queste emozioni. Questo è ciò che mi ha reso nervoso. Ma va tutto bene. Ho iniziato bene la partita. Penso di aver perso il secondo a causa della tensione, ad essere onesti. Va tutto bene. Mi piace preoccuparmi. È giusto che mi importi di queste partite.

È la prima volta che ti senti così?
No, mi è successo molte volte. Quando smetterò di giocare, sarò felice di non dover più passare questi momenti.
Non lo so, è bello con il senno di poi, ma in quei momenti… Soprattutto con una finale di sera, aspetti tutto il giorno. A Wimbledon, vai in campo e ti togli il pensiero. Qui è una lunga lunghissima giornata…

Cosa hai pensato dell’ultimo challenge? Eri seccato?
Il fatto è che ho pensato che fosse finita. Quindi non so cosa sia successo. La gente ha iniziato ad applaudire. Ho pensato: “ho sbagliato a pensare che la partita fosse finita? Ho festeggiato troppo presto?” Ho quasi dovuto controllare il punteggio. Non so cosa sia successo dopo. Poi sembrava che avesse chiesto il challenge. Ero, tipo, “Oh, no. Era fuori, davvero? Sembrava assolutamente buona”. Ma, naturalmente, lui deve chiedere il challenge. Immagina di perdere una partita a causa di quella chiamata perché sei troppo educato per chiedere il challenge alla fine. Ma avevo buone sensazioni, ero 40-0. Non è stato come l’anno scorso in cui era un game lottato. Questo era 5-1, 40-0, quindi ero più rilassato.  Non ci potevo credere. Di fatto è stato come festeggiare due volte. È arrivato in due ondate. Non me la prendo per queste cose. Lui doveva chiamarlo.

Hai 36 anni, stai giocando contro ragazzi che sono più grandi, più forti, più giovani. Quanto pensi di poter continuare a giocare a questo livello?
Non ne ho idea. Onestamente, non lo so. Ho vinto tre Slam in 12 mesi. Non ci posso credere nemmeno io. Devo solo mantenere un buon programma, restare affamato, allora forse possono accadere ancora cose buone. Quindi non penso che l’età sia un problema, di per sé. È solo un numero. Ma devo fare molta attenzione nella mia pianificazione, decidere veramente in anticipo quali sono i miei obiettivi, quali sono le mie priorità. Penso che sia questo che determinerà quanto sarò in grado di ottenere. Davanti a me ci sono altri momenti emozionanti. Come professionisti è questo che facciamo. Ma sono felice di essere in questa situazione adesso.

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Roland Garros, Sabalenka: “Grandi progressi sulla terra battuta. Entusiasta di tornare a Wimbledon”

Dopo la sconfitta con match point contro Muchova, Aryna Sabalenka è esausta: “Certo, dopo aver perso un match così…”

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Aryna Sabalenka - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Aryna Sabalenka è arrivata a un punto dalla vittoria, ma in finale c’è andata Karolina Muchova che, sotto nel terzo 2-5 e match point, ha tirato fuori quello che le era rimasto (non tanto dal punto di fisico, ma parecchio tennis) ed è volata a prendersi la sua prima finale Slam – con grossa complicità dell’avversaria. Una sconfitta che, unita al sofferto successo di Iga Swiatek su Haddad Maia, non le permette di spodestare la polacca dal trono del ranking. L’analisi del match da parte di Aryna parte da due concetti semplici ma che ben ne fotografano l’andamento: “Lei ha giocato un tennis incredibile. Io ho comunque avuto tante occasioni e non le ho colte”. Via alle domande.

D. Hai avuto il match point sul 5-2. Quando hai sentito che il tuo gioco cominciava a lasciarti? In quel momento o dopo?

“Penso dopo che ho perso la battuta servendo per il match. Dopo quel gioco, lei è rientrata e a cominciato a giocare un po’ più aggressiva e io ho perso il ritmo, non c’ero.”

 

D. Lei è stata un po’ fuori dai radar, tanti infortuni. Com’è giocare contro di lei rispetto a com’è contro Iga ed Elena?

“Fuori dai radar ma gioca sempre un gran tennis, viene a rete, è aggressiva. Appena vede una palla più corta, prende la rete, quindi è un po’ complicato costruire il punto contro di lei.”

D. Quest’anno hai parlato spesso delle tue emozioni in campo. Come ti sei sentita oggi? C’era ulteriore pressione?

“Non tantissima di più, mi sentivo bene, ho lottato per ogni opportunità. Mi sentivo bene dal punto di vista emotivo, ma è difficile dire qualcosa su questo incontro” (sorride).

D. Hai fatto un lavoro incredibile nel superare le avversità in questa stagione. Quella scorsa è stata dura. Quest’anno hai vinto l’Australian Open, hai messo a segno una striscia di 12 vittorie Slam. Oggi è stata dura, ma la vedi come un’altra sfida che supererai?

“Hai sempre sfide da affrontare e certo devo imparare qualcosa da questo match e tornare più forte. Ma penso che quello che stavo facendo quest’anno e spero continuerò a fare sia incredibile, a un livello superiore. Non vedo questo torneo come negativo, ho fatto grandi progressi sulla terra battuta ed è il mio miglior risultato qui.”

D. Ci hai detto che sono state due settimane difficili dal punto di vista emotivo e che volevi prenderti cura di te stessa e della tua salute mentale. C’è stato un momento in cui sentivi di non voler giocare a tennis?c’è stato un periodo in cui hai pensato che le emozioni non ti avrebbero permesso di giocare al meglio?

“No, niente del genere. Mi sono sentita male emotivamente dopo una conferenza stampa, non sono riuscita a dormire. Ma l’unica cosa che so fare bne in questa vita è giocare a tennis, così cerco di concentrarmi sulle cose che posso controllare.”

D. Qualche settimana fa avevi detto di non avere ancora il visto per il Regno Unito. E adesso?

“Sì, ora ce l’ho. Yopi, posso festeggiare (sorride). Vado a Wimbledon, ottima notizia.”

D. Quanto non vedi l’ora di tornare a Wimbledon?

“Sono entusiasta, mi piace davvero giocare là, l’atmosfera. Mi è mancato l’anno scorso, non sto nella pelle.”

D. Gli Slam sono piuttosto estenuanti nel migliore dei casi. Hai detto che a volte fatichi a dormire e oggi è stato un match molto fisico. Quanto esausta ti senti?

“Adesso sono davvero esausta (sorride), ma credo solo perché ho perso un match che è stato duro perdere. Ma è normale essere spossati dopo due settimane non stop sulla terra battuta. Quindi penso che per i prossimi due giorni saranno feste selvagge. Scherzo” (risata).

D. Se ho ben capito, l’altro giorno hai detto che ora non sostieni il presidente del tuo Paese. Ti senti al sicuro dopo questa affermazione?

“Non voglio parlare di politica oggi. Ho fatto le mie dichiarazioni, parliamo solo di tennis. Datemi tregua, per favore.”

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Roland Garros, Muchova dopo la vittoria su Sabalenka: “Nel terzo set ho cercato solamente di tenerla lì e metterle pressione”

“All’inizio del terzo set ero molto stanca, ma anche grazie al pubblico sono riuscita a reagire”. Queste le parole della ceca, che sabato giocherà la sua prima finale in uno Slam

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Karolina Muchova - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Tutti erano in attesa della finale tra Swiatek e Sabalenka, rispettivamente numero 1 e 2 della classifica WTA, che si sarebbero contese non solo il titolo del Roland Garros, ma anche il primato del ranking. Questo, però, non è successo. A dire di no è stata Karolina Muchova, numero 43 del mondo, che da lunedì otterrà il suo best ranking di numero 16 (se dovesse vincere il torneo salirebbe al decimo posto). Trovatasi sotto 2-5 nel terzo parziale, la ceca ha dovuto fronteggiare un match point a favore di Sabalenka. Dopo averlo annullato, non ha più perso un game e si è garantita un posto per la sua prima finale Slam in carriera, dove se la dovrà vedere, tanto per cambiare, con Iga Swiatek.

Qui sotto le sue dichiarazioni in conferenza stampa:

D: Hai avuto molti infortuni durante gli anni. Questo risultato, secondo te, è arrivato in ritardo? Senti che questi sono risultati che avresti dovuto raggiungere in passato, se solo avessi potuto mantenere un buono stato di forma come quello che hai adesso?

 

Muchova: “Io non la penso così; chi lo sa che cosa sarebbe potuto succedere. Penso che ogni cosa necessiti del proprio tempo. Sicuramente in passato non è stato facile, ma è proprio questo che mi fa apprezzare questo risultato ancora di più. Essere in finale in uno Slam è un sogno”.

D: Sei stata in difficoltà fisicamente durante il match? Come ti sei sentita oggi? E infine, pensi che le prossime 24-48 ore siano abbastanza per recuperare?

Muchova: “E’ stato un match lungo e intenso, quindi dopo due ore di gioco il mio corpo ha iniziato a sentire la stanchezza. Correvo a destra e a sinistra cercando di giocare ogni colpo con potenza, quindi serviva molta energia. Ho avuto un piccolo calo nel terzo set, e l’ho percepito perché mi sentivo più lenta. Ma dopo la situazione si è capovolta grazie all’energia del pubblico. Adesso mi sento parecchio stanca, ma domani avrò un giorno libero, quindi cercherò di recuperare e spero di sentirmi bene per sabato”.

D: Quando devi fronteggiare un match point, come ti comporti?

Muchova: “In questo caso ero al servizio, quindi ho semplicemente cercato di mettere a segno un buon servizio, e ha funzionato. Dunque, non ho pensato al match point come un momento in cui avrei dovuto mettermi pressione, ma come un punto qualsiasi in cui però dovevo rimanere concentrata. Poi nell’arco della partita ho potuto fare affidamento sul mio servizio, e questo mi ha aiutato a uscire da momenti difficili”.

D: Nel terzo set, quando hai iniziato a recuperare, hai più avuto l’impressione che il tuo gioco stesse aumentando di livello o che lei stesse calando?

Muchova: “All’inizio del terzo set c’è stato un mio calo, ma poi è arrivato il suo. Ho avuto quindi la chance e l’ho colta. Da lì ho iniziato ad andare forte, e nel mentre vedevo che lei faceva fatica e commetteva molti errori; quindi ho solo cercato di tenerla lì”.

D: Questo è sicuramente il picco della tua carriera. Pensando ai momenti difficili come ad esempio gli infortuni, quale credi sia stato il momento più basso che hai vissuto? Hai mai pensato magari che il tuo corpo non fosse in grado di farti allenare duramente e quindi non valesse la pena sforzarsi per giocare a tennis?

Muchova: “Ci sono stati molti cali, da un infortunio all’altro. Sicuramente quando ho saltato l’Australian Open l’anno scorso ero in un cattivo stato di salute, e stavo comunque lavorando molto per cercare di tornare a giocare. Alcuni dottori mi avevano detto che forse era meglio che non praticassi più sport, ma ho cercato comunque di rimanere positiva nella mia testa, cercando di lavorare svolgendo tutti gli esercizi necessari per tornare a competere. Ovviamente l’anno scorso, quando ho visto che la mia classifica era calata, stavo pensando di giocare dei piccoli tornei, e l’ho fatto; ci ho provato, ma lì non mi sono sentita bene. Volevo sentirmi motivata a giocare per tornare a livelli alti, ma non ci riuscivo per qualche ragione. Sapevo, inoltre, che quest’anno avrei avuto ancora qualche occasione per entrare nei tabelloni principali grazie alla classifica protetta. Mi dicevo che mi sarei chiesta come proseguire dopo Indian Wells, perché lì era l’ultimo torneo che potevo giocare con la classifica protetta. Alla fine ho constatato che avevo giocato bene a Dubai e a Indian Wells, e che la mia condizione fisica era buona”.

D: L’anno scorso qua hai battuto Sakkari e ti sei infortunata. Mi ricordo una foto di te molto arrabbiata. Quest’anno hai battuto Sakkari e poi sei arrivata in finale. Quanto è soddisfacente essere riuscita a compiere questa cavalcata dopo quello che era successo l’anno scorso? Sai, inoltre, che non hai mai perso contro una giocatrice tra le prime 3 al mondo? Che cosa ti rende, quindi, una giocatrice che performa bene in questi match impegnativi?

Muchova: “Non sapevo di questo (sorride, ndr). Penso possa essere il mio gioco e il mio spirito combattivo a mettere in difficoltà le giocatrici. Oggi è stata una battaglia molto impegnativa, e là fuori ho sicuramente dato tutto”.

D: (Microfono spento)

Muchova: “Quest’anno ho fasciato meglio le mie caviglie già dal primo turno. Dell’anno scorso, invece, non voglio parlare, perché ho passato momenti molto tristi. Ma alla fine le difficoltà ti rendono più forte, quindi il fatto di aver passato momenti difficili l’anno scorso mi fa apprezzare di più quello che sto vivendo adesso”.

D: Nel terzo set quali emozioni hai provato? Eri tesa oppure ti sentivi come se il match ti fosse scivolato dalle mani e quindi eri piuttosto “calma”? Dov’erano la tua testa e il tuo cuore quando stavi mettendo in atto quella rimonta?

Muchova: “Non saprei. Ero consapevole che si trattava della semifinale di uno Slam e mi stavo giocando l’accesso alla finale, quindi volevo dare tutta me stessa. Sotto 2-5 non sapevo se ce l’avrei fatta a rimontare. Ho pensato solo che dovevo provarci mettendole pressione, giocando punto per punto e magari inserendo qualche slice o palla complicata, perché al servizio comunque lei stava andando forte. Ogni tanto ho dovuto lasciarmi andare e tirare qualche urlo, ma in generale ho cercato di rimanere calma per tutta la durata della partita.

D: Si è sempre parlato bene del tuo modo di giocare e della varietà dei tuoi colpi. Durante gli allenamenti sei sempre stata sicura che avresti mantenuto questo stile di gioco? C’è mai stato un momento in cui magari ti sei detta che dovevi giocare come tutte le altre?

Muchova: “No, non c’è mai stato un momento del genere perché non ho mai voluto imitare qualcun altro. Questo è il modo di giocare che mi diverte, e ci credo in questo. Con il team stiamo cercando di migliorare, ma vediamo ogni giorno che il mio gioco funziona, quindi lo terrò così”.

D: Ho sentito che in passato hai cantato la canzone “If God Was One of Us”. C’è stato un momento nella partita in cui stavi pregando per te stessa o magari cercavi aiuto da un potere superiore, così che potessi imbastire una rimonta come poi hai effettivamente fatto?

Muchova: “Non prego durante le partite. Ero solamente concentrata nel gioco, e mi ripetevo che avrei dovuto giocare nel miglior modo possibile”.

D: Ti chiedo se puoi parlare di una delle tradizioni più incredibili di questo sport: il successo delle tenniste ceche. Perché, secondo te, è una bella tradizione? Questo ti ha aiutata?

Muchova: “Mi fanno questa domanda ogni volta che faccio una conferenza stampa, quindi cercherò di trovare una risposta diversa anche questa volta; lo faccio sempre (ride, ndr). Penso che ci siano molte giocatrici ceche che hanno un buon livello, e quelle più giovani cercano di imparare qualcosa di buono da noi, soprattutto quando ci alleniamo insieme. Penso, quindi, che così possano vedere che è possibile diventare una tennista professionista. Abbiamo anche buoni coach comunque. In Repubblica Ceca, in genere, mamma e papà si prendono molta cura dei loro figli, quindi anche questo penso possa essere un punto chiave”.

D: Hai ammirato una giocatrice ceca quanto eri piccola?

Muchova: “Non così tanto. Ho potuto constatare, giocando partite fuori competizione contro Kvitova e Pliskova, che avrei comunque potuto competere con loro. Al tempo non avevo classifica, ma non mi sentivo come se mi potessero battere 6-0 6-0, ma anzi, riuscivo a vedere una chance. Sentivo che potevo giocare a quel livello, e questo sicuramente mi ha dato fiducia, che poi ho portato nel tour professionistico”.

D: Siccome hai giocato 5 volte contro giocatrici tra le prime 3 posizioni del ranking e hai sempre vinto, volevo chiederti: come fai? Se giocherai in finale contro Swiatek, sarai la favorita?

Muchova: “Non penso che sarò la favorita, e non sapevo di questa statistica. Ciò comunque mi fa vedere che posso giocarmela anche con le migliori, quindi questo mi dà molta fiducia”.

Traduzione di Andrea Binotto

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Maria Sharapova: “Sinner ha il gioco per vincere uno Slam. Non vedo una mia erede nel tennis femminile”

La visione dell’ex campionessa sul futuro del tennis femminile, sulle chance di Jannik, e su Carlso Alcaraz: “di lui mi affascina lo spirito battagliero”

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Jannik Sinner e Maria Sharapova - Parigi 2021 (via twitter @MariaSharapova))

Campionessa in campo sempiterna, uno dei nomi più noti della WTA del nuovo millennio, sia dentro che fuori dal campo. Maria Sharapova, insieme a Serena Williams, ha sedimentato volti e identità nell’immaginario collettivo difficilmente replicabili. E tanto merito, chiaramente, va alle vittorie: 5 titoli Slam, tra cui 2 Roland Garros. Certamente il major parigino è quello che le ha dato più soddisfazioni, e non a caso proprio nella capitale è stata intervistata da Federica Cocchi per la Gazzetta dello Sport a pochi giorni dall’incoronazione della nuova regina del Roland Garros.

Potrà sembrare strano, ma i ricordi più forti legati al Roland Garros sono i momenti di difficoltà“, ammette l’ex n.1 al mondo, “quelli che mi hanno formato come persona. Come ad esempio la battaglia con la Halep nella finale del 2014, forse la più faticosa della mia vita. Il titolo del 2012 contro Sara Errani invece lo ricordo con gioia perché ho completato il Grande Slam della carriera“. Maria, insieme a Serena e alle controparti maschili incarnate dai Fab Four ha scandito una storia probabilmente irripetibile, un’epoca florida come poche. Ma sembrerebbe che stia ora emergendo, nel panorama maschile, un ricambio generazionale non così malvagio: “Carlos [Alcaraz] è incredibile. Quello che più mi affascina di lui è lo spirito battagliero su ogni punto. Riesce a dare spettacolo e infiammare il pubblico ogni volta che mette piede sul campo. Non vedo l’ora di assistere alla sua crescita, sono davvero curiosa di vedere dove può arrivare e cosa potrà fare“.

In parallelo ad Alcaraz, l’altro tennista del futuro, il suo ideale rivale, è considerato il nostro Jannik Sinner, altro protagonista di una crescita esponenziale. “Conosco abbastanza bene Jannik“, commenta la russa, “da Riccardo Piatti ho avuto l’occasione di condividere alcuni momenti di lavoro. È un ragazzo serio, umile, dedicato. Mi piace molto il suo stile fluido e potente, sembra quasi che non faccia fatica, e invece c’è un grande sforzo dietro il suo gioco. Spero sia pronto per vincere uno Slam. Il gioco ce l’ha e i fan aspettano il suo trionfo“. Innegabile anche che, come il tennis maschile abbia individuato giocatori che possano prendere le redini del circuito e della popolarità nei prossimi anni, non è facile affermare lo stesso per il circuito WTA. “Al momento non vedo una mia erede all’orizzonte”, interviene Sharapova, “ci sono ottime giocatrici con stili diversi. La formula del successo non è facile da raggiungere, serve un perfetto equilibrio tra il gioco, gli impegni con gli sponsor e il tempo libero“.

 

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