Instancabile Fognini batte da solo il Giappone (Clerici), Maratoneta Fognini: Giappone battuto (Piccardi), La bellItalia di Fognini (Azzolini), Gladiatore Fognini cuore d'Italia (Crivelli)

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Instancabile Fognini batte da solo il Giappone (Clerici), Maratoneta Fognini: Giappone battuto (Piccardi), La bellItalia di Fognini (Azzolini), Gladiatore Fognini cuore d’Italia (Crivelli)

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Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi

Instancabile Fognini batte da solo il Giappone

Gianni Clerici, la repubblica del 5.02.2018

Fabio Fognini ha dunque battuto il Giappone per 3 a 1. Simile inizio non tiene conto dell’ottima partita in doppio di Bolelli, delle sue ribattute di rovescio, che hanno messo più volte a disagio, profondo disagio, uno dei due doppisti giapponesi, Uchiyama mentre l’altro, forse perché nato in un paese tennistico immaginario, esistito alla nascita della Davis, l’Australasia, McLachlan se la cavava meglio del suo partner. Una volta di più Fabio Fognini è stato determinante, questa volta nel bene, tanto che Corrado Barazzutti, capitano, si è spinto a definirlo “un gladiatore”, termine forse eccessivo ma dettato da un giusto entusiasmo. Non che le partite di Fabio siano state rose e fiori. Ha vinto il primo singolo contro il numero 100 del mondo Daniel, è stato determinante nel doppio contro i numeri 36 e 226 della classifica di doppio McLachlan e Uchiyama, è ritornato alla vittoria nel secondo singolare contro il 41 mondiale, Sugita, mentre il povero Barazzutti aveva forse iniziato a pensare se fosse il caso di mettere in campo il dottore mancato Paolo Lorenzi o lasciare Andreas Seppi, che nel primo singolo non aveva brillato, sbagliando addirittura un match point contro Sugita. Ma non potrò certo dimenticare Fabio, così come non dimentico sua moglie, Flavia Pennetta, e la prima volta che li vidi insieme, sorridenti, al Tennis Club Napoli, mentre Fognini si avviava da un’altra eroica Davis, nel 2014, battendo addirittura non il Giappone, ma qualcuno più noto come Andy Murray e la Gran Bretagna. Mi sono chiesto più volte se vado oltre la libertà del mio mestiere di Scriba, nell’immaginare se il matrimonio con una ragazza non soltanto bella, ma, per quel che so, saggia, come Flavia, abbia avuto qualche potere benefico su un carattere che mi è sembrato non facile come quello di Fabio. Anche nella sua felice vicenda giapponese abbiamo visto Fognini discutere vivacemente con giudice arbitro e di sedia. Impossibile, nel caso di Fabio, parlare ora di trionfi Slam ma di una carriera che, ormai giunto sui trenta, sottolinea una futura presenza tra i Primi Dieci tricolori. Sarei curioso di assistere al suo incontro con il piccolo Federico per accertarmi di una sua influenza nell’ultima vicenda patema. E resto in attesa di un match ancor più difficile di quello col Giappone, i quarti di finale con la Francia ad aprile a Genova, per definire Fognini un grande

Maratoneta Fognini: Giappone battuto

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 5.02.2018

Sotto il teschio della divisa dello sponsor (con i colori della bandiera italiana giustamente riveduti e corretti: adesso seguono la sequenza corretta, verde-bianco-rosso), un cuore grande così. Tra le nevi di Morioka, alle pendici del monte Iwate e del suo personalissimo (dis)equilibrio tra yin e yang, Fabio Fognini si conferma animalone da Coppa Davis, quello zoo imprevedibile capace di trasformare gli agnelli in leoni (ogni riferimento ai giapponesi è puramente casuale) e il Fogna nell’eroe di giornata. Italia batte Giappone — depotenziato, senza Nishikori appena tornato a giocare tornei minori dopo un lungo infortunio — 3-1 grazie allo stakanovismo del numero uno azzurro che in tre giorni sta in campo u ore e 41 minuti, il tempo che un boeing impiega ad andare da Milano a Hong Kong: 3.56′ contro Taro Daniel, 3.37′ con il sodale Bolelli contro McLachan-Uchiyama, 4.08′ ieri contro Yiuchi Sugita, il punto decisivo che consegna alla compagnia dei celestini guidata dall’eterno c.t. Barazzutti i quarti di finale per la quarta volta negli ultimi cinque anni, inclusa la semifinale del 2014 che non è utopistico pensare di ripetere. A Genova, dal 6 all’8 aprile, l’Italia ringalluzzita dalla trasferta in Asia affronterà i campioni in carica della Francia, l’eterno incompiuto Gasquet, quel Mannarino che si è fatto perdonare il k.o. nel primo singolare con l’Olanda agguantando il match point che ha fatto saltare in aria Yannick Noah, il vero valore aggiunto sulla panchina dei cugini transalpini, che in un serbatoio ben più ricco di quello azzurro possono sempre pescare la qualità di Tsonga o Monfils. Per far impantanare la Francia, c’è da scommetterci, in riva al mar Ligure verrà allestito un campo in terra rossa lento come le sabbie mobili, con corredo di tifo da stadio. «Alla Francia penseremo, intanto godiamoci questo strepitoso successo» chiosa capitan Barazza ringiovanito di dieci anni. E lunga vita a questo Fognini in forma straripante, che bene ha lavorato a Miami nella sosta allietata da Flavia e dal pupo, reduce dalla felice trasferta australiana. «È stata la sfida di Davis più dura che abbia mai giocato» confessa pancia all’aria come un ragazzino felice. Quel che conta, vinta.

La BellItalia di Fognini

Daniele Azzolini, tuttosport del 5.02.2018

C’è una Davis con Fognini, e una senza. E non sono la stessa cosa. Anzi, non sono nemmeno assimilabili. La Coppa Davis con Fognini è quella che ha un regista, un difensore, un centravanti e un capitano in campo che sa spronare gli altri. Insomma, uno che si fa in quattro. Uno che non è Federer e nemmeno Nadal, ma che ha il tennis per ricoprire i ruoli che servono, per essere al centro della squadra, e per caricarsela sulle spalle quando serve. Agli altri il compito, a turno, di sostenerlo. Bolelli, in queste giornate fredde di Morioka. E un po’ Seppi, che non avrà portato punti, ma una bella sfrigolata ai lombi del numero uno giapponese Sugita gliel’ha data. Un Fognini da lunghe distanze, da maratona tennistica (anzi, maratone…), paziente come può esserlo uno che la serena sopportazione ce l’ha nel Dna, e lui – lo sapete – non è davvero il tipo. Ma ora se la impone, e sembra di poter dire che dai tempi dell’ultima baruffa in campo, agli Us Open di settembre, con relativa squalifica, molto sia cambiata Lui al centro di quasi dodici ore di tennis assatanato in tre giornate. Undici ore e 41 minuti perla precisione. Prima Taro Daniel, poi il doppio, infineYuichi Sugita, con cui ha fatto a botte per 4 ore e otto minuti. Due rimonte (da 1-2, sia con Daniel sia con Sugita), un tie break retto con i denti (il quarto set con Sugita, 8-6), un match point salvato sul 6-5 di quello stesso tie break, e una considerevole tenuta negli ultimi set (nel quinto Fabio è scivolato fino all’1-4, ma si è scosso e riportato sul 5-4), segno che la preparazione è stata buona e lo stato di forma mostrato a Sydney (semifinale) poi a Melbourne (ottavi) regge agli sforzi prolungati. «Ho dolore dappertutto, ma va bene così. Ho vinto di nervi, le gambe alla fine erano di legno. Sono contento, e finalmente posso riabbracciare Flavia e Federico, che non vedo dal 3 gennaio». Poi partirà peri tornei del Sud America. il conto, alla fine, segna 3-1. E si va ai quarti di finale, contro la Francia che ha tostato l’Olanda. È la squadra campione, ha ottimi interpreti e un capitano (perdinci, Yannick Noah) di cui tutto tennis continuaa essere innamorato. Terra battuta, Genova, scelta giusta, lungo la Riviera che di G a poco (si gioca dal 6aprile) ospiterà il primo Masters rosso della stagione, a Monte-Caria Non siamo migliori dei francesi su alcuna superficie, anche se Fognini da qualche tempo che ripete di trovarsi meglio sul cementa Dunque, tanto vale incontrare i campioni della Davis sui campi della nostra tradizione. Un match che manca dal 1996(semifinale a Nantes, 2-0 noi poi rimontona francese) ed è fermo sul 5 pari ormai da 22 anni.
Gladiatore Fognini cuore d’Italia

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 5.02.2017

Quando porta la bandiera nel cuore, Fabio diventa un leone e nell’arena il suo spirito da battaglia si esalta per sé e per il suo paese. Dategli la Davis, e Fognini vi solleverà il mondo. E’ lì, tra le emozioni palpitanti e senza fine della più antica gara a squadre, che il genio prende spesso il sopravvento sulla sregolatezza, anche quando le gambe e i muscoli non rispondono e serve liberare il talento senza troppi pensieri. FOLLIA Tre punti portati alla causa e il Giappone è piegato, con l’Italia che trova i quarti per la quinta volta negli ultimi sei anni e torna a vincere sul veloce indoor in trasferta esattamente vent’anni dopo l’impresa di Milwaukee contro gli Stati Uniti. Ma il sigillo di Fogna contro Sugita è l’emblema dell’elogio alla follia, con la partita che passa di mano cento volte, un game (l’ottavo del terzo set) che dura 26 minuti con annessa, accesa discussione del nostro numero uno per una palla dubbia, il match point annullato da lui nel tie break del quarto, la sua rimonta da 4-1 sotto nel quinto quando ormai si viaggia solo di nervi e non più di fisico, con Fabio che scavalla le 11 ore sul campo (per l’esattezza, 11 ore e 41 minuti in tre giorni: 3h56′, 3h37′ e 4h08′), ma è più lucido e presente dell’avversario. IN FAMIGLIA Alla fine, nonostante 76 gratuiti (e 42 vincenti), il ligure può attribuirsi un’altra favolosa impresa di Coppa, dopo il successo su Murray a Napoli nel 2014, i tre punti nello spareggio per non retrocedere dell’anno dopo in Russia, il punto decisivo su Pella l’anno scorso in Argentina con la sfida inchiodata su un caldissimo 2-2. I suoi numeri, nella competizione, vanno a braccetto e spesso sono migliori di quelli dei miti azzurri, 20 vittorie e solo 7 sconfitte in singolare, ben sopra il 70 per cento. E pensare che nella mattina giapponese si era svegliato molto incerto sull’opportunità di giocare: «Sono stanco morto, ci ho messo tutto quello che avevo e mi è venuto male un po’ dappertutto, le gambe non rispondevano e è stata una vittoria di nervi. Del resto, la mattina non sapevo cosa fare, la sera prima durante il trattamento con il fisioterapista mi sono addormentato sul lettino. Ma nel riscaldamento mi sentivo bene e quindi ho parlato con Corrado (Barazzutti, ndr) e avvisato Lorenzi (il possibile sostituto, ndr) che me la sentivo di scendere in campo». Uno sforzo guidato da un pensiero volato lontano: «Chissà se mio figlio Federico a casa si è svegliato in tempo per vedermi in tv, comunque finalmente riuscirò a riabbracciare presto lui e Flavia dopo una trasferta lunga, manco da casa dal 3 gennaio e non vedo l’ora di stare con loro. Credo sia stato il match più duro che abbia giocato in Davis e l’ho giocato con il cuore». GLADIATORE Il c.t. Barazzutti, che di maratone vincenti ne ha giocate a decine, è sinceramente ammirato: «Fabio è stato veramente straordinario, disputando una partita da grandissimo giocatore, da gladiatore indomito, dopo due sfide toste alle spalle nelle due giornate precedenti. Ha giocato come si deve in Davis, con il cuore e per la squadra. Come ex giocatore è giusto riconoscergli il merito per questa prestazione: una vittoria di spessore, in condizioni difficili. Siamo un grande gruppo». Ora la Francia in casa, difficile ma non impossibile. Si giocherà a Genova, un omaggio alle radici di Fognini. L’eroe di Morioka se l’è meritato.

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