Gigante Isner (Specchia). L'aria di casa (Zanni). Dopo calcio e F1 anche il tennis. L'invasione degli e-sport continua (Semeraro)

Rassegna stampa

Gigante Isner (Specchia). L’aria di casa (Zanni). Dopo calcio e F1 anche il tennis. L’invasione degli e-sport continua (Semeraro)

Pubblicato

il

 

Gigante Isner. Del Potro distrutto non solo col servizio. Dritti a 190 orari! (Giorgio Specchia, Gazzetta dello Sport 31/03/2018)

Keep pounding, continua a martellare. Lo scrive orgoglioso John Isner su una delle telecamere del Centrale. John il prossimo 26 aprile compirà 33 anni e continua a picchiare come un pazzo dal suo 2.08 di altezza che lo ha reso famoso insieme alla maratona di Wimbledon nel 2010, quando vinse 70-68 al quinto contro il francese Mahut. Per battere Del Potro a Miami, Isner invece ci ha messo pochissimo. Ingiocabile. Del Potro, con quel suo caracollare quasi sospetto che nei quarti aveva fatto arrabbiare Goran Ivanisevic, il coach di Raonic, stavolta non ha mai chiamato l’intervento dei medici, ma è sembrato davvero prosciugato di energie fisiche e nervose. E così John Isner, giocatore solido (4 semifinali negli ultimi 9 Masters 1000) ha fermato la corsa dell’argentino con una partita dominata dal primo scambio. Una partita che non c’è mai stata e che ha sedato il tifo dei sudamericani, arrivati in massa sul Centrale di Crandon Park per sostenere Delpo, in vantaggio 6-3 nei precedenti con Isner (4-1 sul cemento all’aperto). Ma il calore della torcida si è presto raffreddato sotto il vento delle traiettorie di quei colpi imparabili. Dopo 3 giochi il bilancio parlava già di 9 vincenti a zero per lo statunitense e in 26 minuti il primo set era chiuso. Il secondo è andato al tie-break, ma Isner ha sempre comandato il gioco. Delpo lento, impacciato e timido ha chiuso la serie di partite vincenti a 15 dopo i trionfi di Acapulco, Indian Wells e la semifinale di Miami: “Sono stanco, devo riposare. Potrei saltare i primi tornei sulla terra”. Isner, non interessato allo scambio, ha cancellato tutti i luoghi comuni sul suo tennis con una partita perfetta. A un certo punto, a inizio secondo set, dalla bocca dei tifosi argentini è uscito addirittura un collettivo “oh” di stupore che sapeva anche di resa. Del Potro, che piace a quelli di Miami anche se sono nati qualche migliaio di chilometri più a nord di Buenos Aires, l’ha comunque presa bene. A fine match l’argentino ha appoggiato sfinito la testa sul petto di Isner, quasi fosse un cuscino, per trovare subito un po’ di riposo prima di prendere la via di casa, visto che lì vicino ha un appartamento. Le 15 vittorie di fila hanno lasciato il segno. Isner ride, rivede la Top 10 e proverà a vincere il suo primo Masters 1000 della carriera dopo tre tentativi andati a vuoto a Indian Wells 2012, Cincinnati 2013 e Parigi-Bercy 2016… [SEGUE]. Il primo dritto vincente di Delpo è arrivato solo nel primo gioco del secondo set. Sì, è vero, Isner ha servito in media a 210 orari la prima e 181 la seconda, ma di dritto (uno è stato sparato addirittura a 190 orari) e di rovescio ha fatto sempre male. Del Potro, più di una volta, ha usato la racchetta per proteggere il proprio corpo anche sulle seconde di servizio. Isner non è solo l’uomo dalla battuta imprendibile. Gli Stati Uniti ritrovano un loro giocatore in finale a Miami dopo tanto tempo. L’ultimo era stato Andy Roddick nel 2010… [SEGUE].


Ostapenko e Stephens, un epilogo mai visto (v.d.s., Gazzetta dello Sport 31/03/2018)

Si tratta di una finale inedita in tutti i sensi quella tra Jelena Ostapenko, regina di Parigi, e Sloane Stephens, vincitrice degli US Open 2017 e da lunedì nella top ten. Mai si erano incontrate prima d’ora e mai erano arrivate all’atto finale di Miami. Jelena, numero 5 del mondo, ha sgretolato il sogno della statunitense Danielle Collins, numero 93, proveniente dalle qualificazioni, una laurea e un dottorato in comunicazione, protagonista di una sfilza di upset (ha piegato pure Venus Williams) che l’hanno portata a un passo dalla finale… [SEGUE]. Favola finita e Ostapenko in finale dove troverà la Stephens, oggi numero 12 ma dalla prossima settimana numero 9 (miglior ranking in carriera). L’americana ha superato prima la Muguruza e in semifinale Vika Azarenka (già battuta tre settimane fa a Indian Wells), ancora troppo incostante dopo le vicissitudini personali che l’hanno afflitta. Una finale, come detto, che non ha un pregresso ma che certifica la poderosa ascesa di Jelena Ostapenko, classe 1997, non ancora 21enne, un concentrato di potenza, energia che sta facendo del servizio un’arma letale. Dall’altra parte Sloane Stephens, un anno fa alle prese con i postumi di una operazione, ora invece in grande forma e con il “vantaggio del fattore campo”. Negli Usa infatti, nell’ultimo anno, Sloane ha vinto 17 match su 19.


L’aria di casa (Roberto Zanni, Corriere dello Sport 31/03/2018)

Ci ha fatto l’abitudine. Si può dire che sta diventando una sua caratteristica. Appare e scompare. Eccola di nuovo Sloane Stephens, 25 anni, nata a Plantation in Florida, un’altra rappresentante di quell’esercito di tennisti, uomini e donne non fa differenza, che “Sunshine State” può annoverare, più di qualunque altro territorio negli Usa. Si erano perse le tracce di Sloane, dalla fantastica vittoria agli U.S. Open in settembre, ma adesso è tornata, nuovamente, a Miami, prima finale in carriera in un Premier Mandatory. In semifinale ha sconfino Victoria Azarenka (in gran ripresa), partendo anche da un set sotto (3-6, 6-2, 6-1). E oggi la Stephens (12 del ranking) giocherà in finale con la lettone Jelena Ostapenko (5), che l’anno scorso ha vinto anche lei il suo primo, finora unico, Slam in carriera, a Parigi. Sarà anche una sfida nuova: infatti non ci sono precedenti tra la statunitense (25 anni) e la lettone (20). L’anno scorso la Stephens, dopo essere stata lontana dai campi per undici mesi a causa di un intervento chirurgico a un piede, dopo essere rientrata in giugno e piazzando poi uno straordinario 15-2, dove il secondo numero sono le sconfitte, ha trionfato agli U.S. Open. Un successo che l’avrebbe dovuta lanciare, definitivamente, ai vertici del tennis mondiale. Invece che cosa è successo? Dal momento in cui ha battuto la connazionale e amica Madison Keys all’Arthur Ashe Stadium è sparita un’altra volta. “Alla fine della scorsa stagione – ha raccontato la Stephens, che è legata sentimentalmente al bomber Jozy Altidore, star del calcio Usa e compagno di squadra di Giovinco a Toronto – dovevo e volevo giocare. Il mio cuore era lì, non il mio corpo”. Dedicata la offseason al recupero, il ritorno è stato complesso: fuori ai primi due turni sia a Sydney che agli Australian Open. Poi all’improvviso, un’altra volta, rieccola: terzo turno a Indian Wells e finale a Miami, un traguardo quest’ultimo che, a prescindere da come si concluderà l’incontro con la Ostapenko, le permetterà di esordire nelle Top Ten dopo che il suo massimo, 11° posto, l’aveva raggiunto il 21 ottobre 2013… [SEGUE]. “Come team – ha infatti spiegato Kamau Murray, coach della Stephens dal 2016 – abbiamo commesso un errore strategico. È diverso quando vinci uno Slam al quale non pensavi nemmeno. Ecco, non abbiamo passato nemmeno un minuto per valutare quello che era successo. Forse a un certo momento è arrivato anche il segnale di ‘fermarsi'”. Ma non è stato notato… [SEGUE].


Dopo calcio e F1 anche il tennis. L’invasione degli e-sport continua (Stefano Semeraro, Stampa 31/03/2018)

Si scrive Roland Garros, si scrive (anche) eTennis. Da quest’anno lo Slam parigino, insieme con il suo sponsor storico BNP Paribas, ha deciso di aprire ufficialmente gli sport elettronici: in questi giorni, e fino a maggio, verranno organizzati tornei con 32 posti in tabellone in Cina, India, Brasile, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Italia (probabilmente al Foro Italico per gli Internazionali) e Spagna, mentre il 25 maggio al Roland Garros i più forti usciti dai vari tornei di qualificazione andranno in campo – pardon, in linea – per la finale. Non è una novità assoluta, visto che fu proprio Parigi ad organizzare nel 2005 il primo torneo di tennis virtuale del mondo per giocatori fra i 12 e i 25 anni. Il fatto che sia così strutturato e con la griffe ufficiale del Roland Garros però fa sensazione. I tradizionalisti, non a torto, hanno eccepito che allevare una generazione di smanettoni sovrappeso che per sport intendono un’attività che sviluppa soprattutto i polsi e mette a rischio la vista non è eticamente (e sanitariamente) raccomandabile. Peccato che i buoi siano scappati da tempo dalla stalla reale per entrare in quella virtuale. Gli eSport, il «professional gaming», o più semplicemente i videogiochi da competizione esistono dal 1972. Hanno debuttato online intorno 1990 e dal 2000 sono un fenomeno globale, tanto che cinque videogiochisti coreani hanno portato la torcia olimpica verso PyeongChang dello scorso febbraio, a Tokyo 2020 le competizioni digitali saranno sport dimostrativo e agli Asian Game del 2022 distribuiranno medaglie. Con un’audience globale calcolata in 380 milioni di spettatori… [SEGUE]“Il tennis non si può permettere di snobbare gli eSport”, ha scritto ieri il Times, e il motivo è soprattutto economico e di marketing: il pubblico dello sport tradizionale invecchia, se si vogliono acchiappare i giovani bisogna puntare sul digitale. Videogiochi senza frontiere.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement