Casey Dellacqua dà l'addio al tennis

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Casey Dellacqua dà l’addio al tennis

“Sento che il momento è arrivato”. Lascia una giocatrice amatissima nel tour per la sua straordinaria umanità. Il rammarico delle sette finali slam perse in doppio

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I knew that i was done“. Nessun motivo particolare, vale a dire; nessun infortunio ulteriore, nessuna cocente delusione impossibile da smaltire. Semplicemente il momento era arrivato, e Casey l’ha colto al volo: “Sentivo di aver dato tutto, di aver ottenuto il massimo, di essere felice del ricordo che credo di aver lasciato in sedici anni di vita in giro per il mondo del tennis“. Si accomiata la mancina di Woodvale, e sarà accontentata: ma l’ottimo ricordo che certo lascerà di sé nell’ambiente sarà in qualche modo bilanciato da un profondo senso di tristezza e abbandono. Perché Casey, nel circus della racchetta, era ben voluta per davvero. Il saluto finale, che Dellacqua preferisce chiamare “arrivederci”, è affidato a un breve video sulla sua personale pagina Facebook, ma per carpire l’essenza profonda di una decisione lungamente meditata occorre scorrere la lunghissima nota, ma forse sarebbe più opportuno chiamarla “lettera aperta”, che l’atleta ha affidato al portale Players Voice.

Quando ti prepari a lasciare il mondo che per così tanti anni è stato tutta la tua vita, non puoi fare a meno di pensare a ciò che vorresti di te venisse ricordato più di ogni altra cosa. Ho pensato a quando ho conosciuto Alicia Molik. Era una top 10, all’apice della carriera e invidiata da molti, eppure era una ragazza estremamente gentile, solare, prodiga di consigli. Ha contribuito a cementare nella mia mente uno degli insegnamenti più importanti che i miei genitori hanno cercato di darmi: sii te stessa, qualunque cosa accada, anche dovessi riuscire a emergere in modo vistoso. Credo di esserci riuscita. Sono sempre rimasta la ragazzina di Woodvale, anche all’apice della mia storia con il tennis“.

Lo spareggio vinto in Fed Cup contro l’Ucraina proprio al doppio decisivo, che permetterà alla selezione Aussie di contendere all’Olanda il World Group 2019 nei playoff del 21 e 22 aprile, resterà l’ultimo capitolo della storia suddetta. Una storia in effetti costellata di risultati notevoli: se in singolare, specialità vissuta tra alti e bassi e culminata con il best ranking al numero 26 WTA nel settembre del 2014, anno in cui chiuse al quarto turno lo US Open e lo Slam di casa, il raccolto non è certo da buttare, è dal doppio che Dellacqua ha ricavato le più grandi gioie. Numero 3 al mondo nel febbraio del 2016, Casey ha conquistato sette titoli e soprattutto raggiunto sette finali Slam – l’ultima all’Open di Francia 2017 – senza tuttavia mai riuscire a trionfare. Un sapore particolarmente agrodolce avrà in eterno il famoso 2013, la stagione degli “ultimi atti” a Melbourne, Londra e New York raggiunti insieme all’inseparabile “Ash”; Ashleigh Barty, lei pure protagonista di una storia peculiare. Sempre a Parigi una delle soddisfazioni più grandi della carriera: la vittoria ottenuta in coppia con Scott Lipsky nel doppio misto al Roland Garros 2011.

Ce n’è abbastanza per dedicarsi ad altro con il sorriso sulle labbra, tutto sommato. Anche perché il cammino non è stato certo rose e fiori. Dellacqua ha dovuto fare la guerra a problemi fisici piuttosto gravi, riuscendo a rialzarsi per tre volte da guai che avrebbero messo al tappeto un bisonte: il primo fu un infortunio alla spalla, causa di un 2009 passato lontano dai campi; il secondo al piede e altri sei mesi out nella seconda metà del 2010; il terzo, più grave poiché foriero di conseguenze imprevedibili, nel 2015, a Pechino: Dellacqua, ormai certa di un posto alle Finals, cadde rovinosamente a terra nel corso della semifinale, ricavandone una complicata commozione cerebrale. Seguirono mesi di vertigini, insostenibili dolori alla testa, risonanze magnetiche poco rassicuranti e un senso di panico mai provato prima. “Ho provato più volte ad affrontare il rientro, perché so che per un tennista più i tempi lontano dal campo si dilatano, più è difficile recuperare una condizione accettabile, ma mi sentivo insicura, inadatta, ansiosa. Allora mi sono presa cura di me, senza pensare ad altro. E sono tornata solo quando me la sono davvero sentita“. Nel frattempo era passato un altro anno.

Ci mancherà Casey, mancherà a tutti, ma ora è tempo di pensare alla famiglia e ai due splendidi bimbi avuti dalla storica compagna Amanda Judd: Blake Benjamin, nato nel 2013 e Andie, venuta alla luce nel 2016. I due veri gioielli di una vita privata trascorsa anche difendendo con garbo e decisione i diritti di lesbiche, gay e bisessuali, con la serena consapevolezza di chi non ha mai nascosto la propria omosessualità (particolarmente meritorio il civilissimo ma perentorio “Margaret, enough is enough” in risposta all’ennesimo triste attacco perpetrato dalla leggenda Court ai diritti delle coppie gay).

Vivo da molti anni un rapporto di coppia felice; il destino mi ha regalato due splendidi figli e Amanda ha supportato al 110% ogni mia scelta. Avessi deciso di giocare altri cinque anni avrei avuto il sostegno della famiglia, in qualche modo ce la saremmo cavata. Ma qualcosa mi consiglia di dire basta: non tanto il tennis di per sé, quanto i viaggi, i continui spostamenti. I bambini hanno soprattutto bisogno di stabilità in questa fase della crescita“. La pallina gialla resterà il grande amore di una vita: “Ci sono molti ambiti del mio sport che mi interessano, non escludo di poterci lavorare in futuro. In ogni caso continuerò a guardare tante partite, perché prima di tutto sono stata, sono e resterò per sempre una grandissima fan del tennis“.

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