Madrid, spunti tecnici: Isner, c'è tanto altro oltre al servizio

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Madrid, spunti tecnici: Isner, c’è tanto altro oltre al servizio

MADRID – Lo statunitense è in un periodo di ottima forma. Non si vince un “1000” come Miami solo con la battuta. Adattare un fisico simile al tennis è complicatissimo, vediamo da vicino come fa

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da Madrid, il nostro inviato

Come sempre, dopo una lunga trasferta americana, l’estenuante ma fantastico “Sunshine Double”, benritrovati a bordocampo, stavolta da Madrid. La “Caja Magica”, scatola magica, l’impianto che ospita il primo “combined” europeo della stagione, è un impianto davvero impressionante. Modernissimo, funzionale, comodo sia per il pubblico che per giocatori e media. L’unica pecca è una certa marginalità rispetto al centro, ci troviamo infatti a diversi chilometri dal cuore della città, e una certa atmosfera un po’ asettica, con una separazione praticamente totale tra le aree frequentate da giocatori e coach, e quelle accessibili agli spettatori e pure ai giornalisti. Affascinante ma freddo, insomma. Ovviamente, questo non mi ha impedito in mattinata di razzolare tra i campi di allenamento, ovvero nella zona che comprende i campi dal 4 al 15, disposti in due file parallele separate da una passerella sopraelevata, all’esterno dell’edificio principale che ospita le tre “scatole”, il Manolo Santana (il centrale), l’Arantxa Sanchez (il grandstand) e l’Estadio 3. Il primo in cui mi sono imbattuto, e che mi sono fermato a osservare da vicino con grande piacere, è il mitico “Long John” Isner. Non ero riuscito a vedermelo per bene (match a parte) negli Stati Uniti, e visti i gran risultati di questo ultimo periodo, penso che possa essere interessante capire il suo tennis così forzatamente difficile, vista la tipologia fisica. Nelle ultime settimane vittoria a Miami, sconfitta 7-6 al terzo a Houston dal Johnson in stato di grazia poi vincitore del torneo, e nel passato prestazioni di altissimo livello anche sulla terra battuta, ricordiamo una vittoria contro Federer in Davis (2012), e una battaglia fino al quinto set al Roland Garros contro Nadal (2011), in quanti sono stati in vantaggio due set a uno a Parigi su Rafa? Pochini, direi…
Tutto questo (13 titoli ATP, oltre a diverso tempo in top-10, e da numero uno USA) non si ottiene solo con il servizio, ma come fa un omone di 2 metri e 8 centimetri per 110 chili a giocare così bene? Andiamo a vedercelo insieme.


Qui sopra, possiamo apprezzare il perfetto trasferimento del peso in avanti, il cosiddetto “pendolo con le ginocchia” che passa dalla gamba destra alla sinistra, sono due dritti tirati quasi in neutral stance (da affiancato).


Qui sopra, siamo verso la open stance (postura frontale), sempre ottimo il modo in cui John gestisce gli appoggi e la simmetria tra braccio-racchetta e arto non dominante.


Qui sopra, dall’altro lato, accelerazioni in open stance piena, con sospensione e sforbiciata conseguenti alla potentissima sbracciata. Sia nei caricamenti che nelle fasi di impatto e accompagnamento finale, è impressionante come nonostante l’altezza, le leve lunghissime, e la forza scaricata sul colpo, Isner rimanga in asse di equilibrio perfettamente centrale. Come è ovvio, più si alza da terra il bericentro, più è difficile rimanere composti e centrali col peso. “Long John” ha le anche al terzo piano, un po’ come Karolina Pliskova, eppure non dà mai l’impressione visiva di essere “storto” o eccessivamente dinoccolato. Bravissimo. Si comincia a capire, immagino, come applicando una tecnica del gioco di gambe e uno swing a colpire di tale pulizia a un fisico dotato di leve non lunghe, ma lunghissime, senza perdere compostezza, ecco che escono i missili di dritto a 189 kmh come durante la semifinale con Del Potro a Miami.


Il rovescio, da sempre, è il colpo meno buono di John, che tende troppo spesso a farsi “saltare addosso” dalla palla, ovvero si trova in ritardo, come vediamo nell’immagine a destra. Ma quando azzecca bene il tempo, e riesce ad anticipare, anche da quel lato si difende senza grossi affanni, nel tempo è migliorato moltissimo. A sinistra, per esempio, vediamo un ottimo caricamento con il passo della gamba destra, il problema per uno come John è che la maggior parte degli impatti per lui sono bassi, il che lo porta a dover lavorare costantemente in flessione con le ginocchia.


Al volo, da ottimo doppista qual è (titolo un mese e mezzo fa insieme a Jack Sock a Indian Wells, battendo i gemelli Bryan), Isner gioca benissimo, vediamo in alto una bella volée bassa in avanzamento, sotto due volée di rovescio. La cosa caratteristica è che con l’altezza che si ritrova, per poter colpire raccolto e coordinato John è costretto a incassare un po’ la testa nelle spalle, lo fa praticamente sempre a rete, lo vediamo chiaramente nell’immagine a destra. Magari non elegantissimo, però di sicuro molto efficace.



Ma arriviamo, doverosamente, al pezzo forte di casa (anzi, grattacielo) Isner: il clamoroso servizio, che unito al tennis nel complesso di livello molto molto alto visto più su, lo rende un giocatore tanto forte. Anche qui, come nel dritto, tecnica esecutiva praticamente perfetta, l’altezza consente a John, come vediamo nell’immagine centrale sopra, di inclinarsi moltissimo in avanti verso il campo, dopo essere partito da una posizione praticamente di spalle (guardiamo i piedi) rispetto alla rete. Grandissima rotazione del busto e quindi ribaltamento del piano delle spalle, ingresso della testa della racchetta impeccabilmente portato di taglio fino all’ultimo millisecondo (in alto a destra), violenza della martellata e della conseguente pronazione finale che fa paura. Isner è uno dei pochi che quando allena il servizio, non mette nemmeno lo sparring a rispondere, tanto non ha importanza. Se gli entra, non torna, punto. Pazzesco davvero, visto da così vicino poi.


Per concludere, qui sopra vi ripropongo l’immagine in testa al pezzo, che fa capire un dettaglio interessante. Isner ha tirato un kick, che vi assicuro a volte è ancora più impressionante della “semplice” prima palla a 230 kmh, per quanto salta cattivo ed esterno. Come possiamo vedere bene, la palla ha talmente tanta rotazione che parte leggermente verso l’alto, per poi curvare e tuffarsi verso il campo. Il servizio liftato lo giocano così tutti, s’intende, ma da quell’altezza e con quell’ampiezza e velocità di sbracciata la curva è ancora più evidente. Traiettorie e angoli, di conseguenza, sono semplicemente impossibili da coprire per il ribattitore quando John la piazza in questo modo.

Gran giocatore nel complesso, il dottor John Isner (laurea in comunicazione all’Università della Georgia), altro che “solo servizio”. Come dicono i risultati, la terra battuta non gli dispiace affatto. Qui a Madrid non è mai andato oltre i quarti di finale, ma in forma come è adesso, e in condizioni decisamente rapide, bisognerà starci bene attenti.

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