Garcia, Pliskova, Bertens, Kvitova: spunti da Madrid - Pagina 4 di 4

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Garcia, Pliskova, Bertens, Kvitova: spunti da Madrid

Il terzo Premier Mandatory del 2018 ha offerto alcune delle migliori partite dell’anno e molti spunti tecnico-tattici interessanti

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La semifinale Kvitova vs. Pliskova
Per Kvitova giocare a distanza di 24 ore così bene come nel secondo set contro Kasatkina era quasi impossibile, e infatti contro la compagna di Fed Cup Pliskova la qualità del tennis di Petra è stata su livelli inferiori. Con due problemi in particolare: il servizio (solo il 48% di prime in campo nel primo set), ma soprattutto un principio di appannamento fisico-tecnico che si è manifestato con la crisi del dritto lungolinea.
Non un problema da poco per Kvitova, visto che da sinistra sullo schema “servizio slice a uscire + dritto lungolinea nella spazio vuoto” costruisce tantissimi punti. Quell’uno-due si potrebbe definire il suo schema di default quando è alla battuta. Invece dopo aver sbagliato diversi dritti lungolinea piuttosto semplici, Petra ha preso atto che quella sera il colpo non funzionava, e si è arrangiata altrimenti. Dimostrando che a 28 anni compiuti è anche una tennista matura tatticamente, in grado di prendere contromisure quando le cose non girano al meglio.

Senza l’opzione dell’apertura di dritto ha dunque costruito spesso scambi insistiti sulla diagonale sinistra (ricordo che Kvitova è mancina, e quella è la direzione del suo cross di dritto), provando a variare comunque la chiusura dell’angolo, oppure a volte fintando il cambio di direzione senza però attuarlo; riuscendo così a vincere scambi grazie al contropiede. In questo probabilmente approfittando del fatto che di fronte aveva una compagna di nazionale che conosce fin troppo bene certe sue caratteristiche.

Ma l’altro aspetto a mio avviso determinante del match contro Karolina è stato quello mentale. La sensazione che dà Kvitova quando gioca contro le connazionali è quella di essere il “membro alfa” della squadra ceca, e che questo finisca per incidere sulla convinzione delle compagne che si misurano contro di lei. E’ successo ogni volta che ha giocato contro Lucie Safarova (10-0 gli scontri diretti) ed è accaduto anche nelle occasioni contro Karolina. Chissà, forse non è un caso che dopo 5 anni di imbattibilità contro giocatrici ceche, Kvitova abbia perso contro Kristyna Pliskova a Charleston. Lo dico perché non so se sia mai accaduto che Kristyna e Petra siano state compagne di Fed Cup. Forse la poca frequentazione ha giovato alla gemella Pliskova mancina.

Invece per esprimersi con la giusta convinzione, a Karolina non è bastato nemmeno il precedente semi-ufficiale del dicembre 2017 che avrebbe potuto essere importante per invertire questa tendenza. Nella finale del campionato ceco, infatti, Karolina (che gareggia per il Club di Prostejov) aveva sconfitto Petra (Sparta Praga) per 6-4, 3-6, 6-1. C’è un video disponibile con il match: dalla tranquillità con cui Pliskova tira l’ultimo dritto decisivo si capisce che l’atteggiamento non è lo stesso che si ha durante un Premier Mandatory.

Evidentemente giocarsi un posto nella finale a Madrid pesa molto di più, e i due doppi falli consecutivi con cui Pliskova ha “regalato” il tiebreak del primo set lo hanno testimoniato. Poi nel secondo set con Kvitova avanti nel punteggio e Pliskova a inseguire (probabilmente le condizioni psicologiche nelle quali danno il meglio), la qualità del tennis è salita. Malgrado, come detto, Petra giocasse con qualche limitazione nelle sue abituali geometrie, e Karolina in alcuni passaggi importanti abbia faticato a mantenere la solidità di carattere, abbiamo comunque assistito a una serie di punti eccezionali, di un tipo di tennis che si potrebbe definire “puro”.

Scambi condotti con la palla colpita a tutta, piena e tesa come solo in poche sanno fare. Tennis “giocato bene” in senso classico, con palle poco lavorate che viaggiano veloci e pulite, e che sono un autentico piacere per gli occhi. Mi verrebbe da dire: un piacere ancora maggiore per chi ha provato a tenere in mano una racchetta e sa che per colpire così occorre possedere non solo una grande coordinazione tecnica, ma anche un timing superiore. In sintesi: avere avuto ottimi insegnanti (e la scuola ceca in questo non è seconda a nessuno) ma anche essere nate con molto talento: cosa che a Petra e a Karolina non manca di certo. Saldo vincenti/errori non forzati di questo memorabile secondo set: Kvitova +7 (17/10), Pliskova +5 (10/5).

La finale Kvitova vs Bertens
Ho parlato già prima (pagina 2) della finale, ma aggiungo un paio di osservazioni. Intanto la qualità: una partita che quasi di sicuro ritroveremo tra quelle da ricordare del 2018. Per l’equilibrio, la varietà tattica e la capacità di non scendere mai di intensità da parte di tutte e due le protagoniste. Che Kvitova sapesse giocare bene i match importanti si sapeva (24 vittorie su 31 finali disputate); ma che Bertens potesse essere all’altezza era da verificare. Grande merito a lei esserci riuscita. In conferenza stampa Kiki ha faticato a trattenere le lacrime di delusione, ma è stata molto lucida nel descrivere la qualità di gioco e il livello della propria prestazione come un momento di crescita professionale:

D’altra parte Kvitova tatticamente ha condotto una partita simile a quella contro Pliskova: piuttosto bloccata sulle diagonali, sicuramente più bloccata rispetto al solito, visto che non si sentiva molto sicura nell’effettuare i cambi di geometrie lungolinea, soprattutto con il dritto. Segno che non era più freschissima fisicamente ma ancora lucida mentalmente, e dunque consapevole dei propri limiti. Va però ricordato che nei game conclusivi due dei punti più importanti li ha ottenuti prima con un lungolinea di dritto e poi con uno di rovescio, atterrati praticamente sulla riga di fondo. Ma queste sono le doti da campionessa, in grado di andare oltre le difficoltà del momento per vincere le grandi partite anche quando si è in debito di fiato.

https://youtu.be/oa47De3JVNM?t=1106

Da questa vittoria, però, secondo me non vanno tratte conclusioni affrettate sulle possibilità di Kvitova in vista del Roland Garros. È vero che ha vinto consecutivamente due tornei su terra, ma a Praga l’avversaria di classifica più alta incontrata è stata la numero 31 Zhang, mentre a Madrid Petra aveva già vinto due volte (2011, 2015) giocando probabilmente anche meglio. Nel 2011 con un livello medio di match sicuramente più alto e nel 2015 raggiungendo picchi assoluti (contro Serena e contro Kuznetsova) ancora superiori.
Ma le condizioni di Madrid non sono quelle di Parigi. Per esempio: dopo averla vista battagliare nel terzo set contro Bertens, mi sono domandato come sarebbe andata a finire se lo stesso match invece che svolgersi con una temperatura di 15-16 gradi si fosse svolto con 10-12 gradi in più. Situazione ambientale che in giugno a Parigi non è certo eccezionale. I problemi di Kvitova con il caldo sono noti, e temo sia difficile riesca a superarli.

Però ci rimangono i tornei dove il caldo influisce meno e come spettatori possiamo goderci il tennis di una giocatrice che forse, superato l’agguato che le aveva causato i danni ai tendini della mano sinistra, oggi scende in campo con più convinzione.
Ha detto in questa intervista di luglio 2017: “Probabilmente il punto più basso dopo l’operazione è stato nel momento in cui non riuscivo a muovere correttamente le dita. (…) La prima volta che ho toccato di nuovo la racchetta ho avuto una sensazione terribile. Ho pensato “OK, forse non riuscirò più a essere capace quanto prima”. Ma poi ogni volta che riprovavo le cose miglioravano (…).
So che avrei potuto perdere non solo il tennis, ma anche la vita. E questo mi ha resa oggi un po’ più coraggiosa. Sapevo di essere combattiva in campo, ma non sapevo quanto avrei potuto esserlo al di fuori. Oggi l’ho capito, e spero di essere diventata una combattente ancora più grande anche in campo”.

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