Statistiche
Il cannibale Nadal, l’eroe Cecchinato e i rimpianti di Camila Giorgi
I numeri del Roland Garros: Rafa insostenibile con il 98% di vittorie sulla lunga distanza. Cecchinato eroe nazionale. Giorgi a un passo dall’impresa

0 – le vittorie di Marco Cecchinato in partite del circuito maggiore non giocate sulla terra battuta. L’autentico eroe azzurro dell’ultimo Roland Garros in questa sua prima fase di carriera ha preferito provare a costruire una classifica da top 100 giocando soprattutto, anche a livello Challenger se necessario, sulla terra rossa, la superficie dove è maggiormente abituato a esprimere il proprio tennis. Per tale ragione, nei tabelloni principali di tornei ATP, tra cemento e erba, sino ad oggi ha giocato appena sei partite, perdendole tutte. Ora che la nuova classifica lo premia come 27° giocatore al mondo, il 25 enne siciliano sa bene che la sfida per confermarsi degno del nuovo ranking e provare magari a migliorarlo passa dall’evoluzione da ottimo “terraiolo” a tennista completo. Nel tennis di oggi, lo è tale chi è capace di ottenere buoni risultati sull’erba e, soprattutto, sul cemento, la superficie dove si gioca la maggior parte dell’anno e che assegna la maggior parte dei punti messi in palio dal calendario. Un obiettivo difficile, ma non certo impossibile per Marco che del resto in questo 2018 ha già infranto tanti tabu della sua carriera: dallo 0 nella casella delle vittorie in partite nei Masters 1000 (contro Dzhumur a Montecarlo) e nei Majors (proprio al Roland Garros, nella sofferta vittoria contro Copil), passando per il primo torneo conquistato (l’ATP 250 di Budapest) e per la prima vittoria contro un top ten (Goffin a Parigi). Grazie Marco, tutti speriamo che il meglio debba ancora venire.
1 – i quarti di finale raggiunti da Fabio Fognini nei tornei dello Slam. Il ligure vi è riuscito nel 2011 al Roland Garros, quando, approfittando di un buon tabellone (nessuno dei suoi avversari era un top 30) sconfisse Istomin, Robert, Garcia Lopez e Montanes, prima di essere costretto per un infortunio a ritirarsi dal torneo e non giocare la partita contro Djokovic. In sole tre altre occasioni (Australian Open 2014 e 2018, Us Open 2015), nei 39 Major giocati, ha poi superato il terzo turno. Sono numeri mediocri nei tornei che contano maggiormente, per il tennista italiano che negli ultimi 40 anni ha raggiunto complessivamente i migliori risultati nel circuito: sei titoli, nove finali, due semifinali (Monte Carlo 2013 e Miami 2018) e due quarti nei Masters 1000 (Cincinnati 2014 e Roma 2018), più di cento settimane nella top 20, 11 successi contro top 10, 28 vittorie complessivi in Coppa Davis (21 in singolare), la top 10 in doppio, condita dalla vittoria degli Australian Open 2015, in coppia con Simone Bolelli. A 31 anni compiuti, Fabio per il prosieguo della carriera non può rinunciare a togliersi soddisfazioni dove meno ha fatto bene, i tornei dello Slam: nella fase più matura della carriera deve a tutti costi puntare a ottenere qualche piazzamento d’onore nei Major.
2 – i punti di distanza dalla vittoria per Camila Giorgi (sul 6-5 30-30 e servizio nel terzo set) nell’incontro di terzo turno (prima volta in carriera così avanti a Parigi) contro Sloane Stephens, poi finalista del Roland Garros 2018. La maceratese nel corso di quell’incontro è andata anche a servire per il match due volte, durante una partita da lei condotta nel bene e nel male. Un’ulteriore riprova dei passi in avanti fatti da Camila anche sulla terra rossa, superficie sulla quale, prima di quest’anno, non aveva mai raggiunto una semifinale e dove era approdata appena tre volte ai quarti. Nel 2018, invece, dopo aver bene iniziato a Charleston, sconfiggendo Gavrilova, sono arrivati i quarti a Lugano (fermata da Sabalenka) e la prima semi a Praga (semaforo rosso da Buzarnescu). Questi risultati, assieme al buonissimo inizio di stagione australiano -durante il quale aveva impressionato nel Premier di Sydney, sconfiggendo Stephens, Kvitova e Radwanska – fanno ben sperare per la parte di stagione che lei preferisce, quella sull’erba. Sui prati, infatti, ha vinto il suo unico torneo in carriera (‘s-Hertogenbosh, nel 2015), e ha raggiunto il suo primo (l’altro è arrivato a New York nel 2013 quando perse dalla Vinci) ottavo in un Major, più precisamente nel 2o12 a Wimbledon. Nel corso di quel torneo, nel quale da sconosciuta (145 WTA) sconfisse due tenniste tra le prime 20 del ranking come Pennetta e Petrova, irruppe nella top 100 per la prima volta. Ma i Championships in generale la vedono esprimersi bene: altri tre dei complessivi sette terzi turni raggiunti nei tornei dello Slam, sono arrivati a Londra. Il best ranking (30 del mondo a fine luglio 2015) inizia a non apparire così lontano..
3 – i set persi da Dominic Thiem (contro Tsitsipas, il nostro ottimo Berrettini e Nishikori) nel Roland Garros 2018 per raggiungere la prima finale Slam in carriera. Un premio meritato per il rendimento sulla terra battuta dell’austriaco classe 93, negli ultimi tre anni salito alla ribalta come possibile protagonista dei grandi eventi sul rosso. Un battesimo arrivato quando nel febbraio 2016 sconfisse Rafa Nadal nella semifinale dell’ATP 250 di Buenos Aires. Approfittando dei problemi fisici (e non) di Murray e Djokovic nelle ultime due stagioni e della contestuale decisione di Roger Federer di non giocare tornei sulla terra, Thiem, assieme a Sasha Zverev, era arrivato a Parigi con la candidatura di più credibile antagonista di Nadal. E anzi, se la candidatura del tedesco aveva dalla sua la credibilità conferita dall’aver vinto, a differenza di Thiem, due Masters 1000 sul rosso (Roma 2017 e Madrid 2018) vi erano però altri dati contrari a questa tesi. Oltre alla sinora cronica incapacità di esprimersi nei Major da parte di Zverev, pesava infatti la considerazione che il numero 3 al mondo non avesse mai sconfitto il maiorchino le cinque volte che lo ha affrontato, a differenza di Dominic, il quale, pur perdendo ben sei volte, in altre due circostanze era uscito vincitore dal confronto con Nadal. Il quarto di finale che li ha visti contrapposti ha nei fatti sancito l’attuale maggiore competività dell’austriaco sul rosso: Dominic ha vinto nettamente il quinto dei sette confronti diretti (e il terzo dei quattro giocati sul mattone tritato). Complimenti all’attuale miglior tennista sulla terra battuta (campioni straordinari provienenti da Maiorca, esclusi).
6 – gli anni trascorsi dall’ultima semifinale raggiunta sulla terra battuta da Juan Martin Del Potro. Risaliva infatti all’edizione 2012 del Masters 1000 di Madrid, quando il gigante di Tandil fu fermato in due set da Berdych, l’ultima volta che il vincitore dell’ultimo Masters 1000 di Indian Wells, si spingeva così avanti in un torneo su terra rossa. Non che, bloccato dalla sfortuna (leggasi infortuni, operazioni e riabilitazioni varie), Delpo avesse giocato poi tanto sulla terra: prima di Parigi, da quell’edizione di sei anni fa del torneo madrileno, aveva partecipato a solo altri 12 tornei sul rosso. In questo Roland Garros 2018, prima di subire una severa lezione in semifinale da sua Maestà Nadal, erano arrivate indicazioni più che positive per Del Potro, riuscito per la prima volta in carriera a eliminare due top ten – Isner negli ottavi e Cilic nei quarti – nello stesso torneo su terra battuta, vittorie che gli hanno consentito di tornare a nove anni di distanza (nel 2009 fu fermato da Federer) in semifinale al Roland Garros. Tutti segnali molto positivi in vista dei prossimi mesi, quando, a Wimbledon e, soprattutto, nell’estate sul cemento nord americano, può davvero provare a ergersi protagonista assoluto.
10 – le partecipazioni al Roland Garros di Caroline Wozniacki, dalle quali ha ricavato appena diciannove partite vinte e due soli quarti, nel 2010 e nel 2017, edizioni in cui perse da chi si sarebbe poi laureata vincitrice del torneo, rispettivamente Schiavone e Ostapenko. Ma non è in sè lo Slam parigino a portare sfortuna alla numero due del mondo: oil vero problema è il suo effettivo disagio sui terreni in rosso. Sui campi in mattone tritato la danese non vince un torneo dal 2011, quando conquistò in finale sulla Peng il piccolo International di Bruxelles. Inoltre, fa specie osservare come nelle ultime sette stagioni Caroline abbia ottenuto appena una finale in un Premier giocato su questa superficie (a Stoocarda nel 2015). Una notoria scarsa adattabilità della danese alla terra battuta confermata in questi due mesi giocati sul rosso europeo, dove solo a Istanbul e Roma ha raggiunto i quarti di finale. In questo Roland Garros era partita bene, sconfiggendo senza perdere un set Collins (42 WTA), Garcia Perez (219WTA) e Parmentier (74), prima di cedere in due parziali al primo ostacolo di un certo livello, Kasatkina, 14 WTA, avversaria che si è così aggiudicata il terzo dei quattro precedenti con Caroline. Per fortuna di Caroline, la terra rossa per un bel pò sarà per lei un lontano ricordo..
14 – le finali sulla terra rossa giocate da Simona Halep, prima di questo Roland Garros, sei delle quali vinte. La rumena negli ultimi tre anni si era mostrata la giocatrice più continua sulla terra rossa, vincendo per ben due volte (2016 e 2017) il Premier Mandatory di Madrid, arrivando in due circostanze in finale al Premier 5 di Roma (l’anno scorso e quest’anno) e in una al Roland Garros (2017). A questi risultati, vanno poi aggiunte le finali del 2014, sempre a Madrid e al French Open. Un palmares sulla terra rossa ben più ricco di qualunque attuale protagonista del circuito, ad eccezione di tre illustri over 30, le quali, per motivi diversissimi tra loro non sono state competitive con continuità negli ultimi tre anni. Si parla ovviamente di Venus Williams (9 titoli e 5 finali, sebbene l’ultima datata 2010), di Serena -13 successi tra i quali 3 Roland Garros- e Maria Sharapova, 11 titoli includenti anche due French Open. La numero 1 del mondo meritava davvero di sbloccare il suo tabu nei Major partendo da quello tecnicamente a lei più favorevole. Ha sofferto per riuscirci, perdendo per la strada ben tre set: sia all’esordio con Riske, 83 WTA, sia nei quarti contro Kerber, 12 WTA, che in finale con Stephens, ha dovuto rimontare dopo aver perso il primo parziale. Un trionfo comunque ineccepibile, visto che Simona ha mostrato la sua forza anche in semifinale, sconfiggendo nettamente Muguruza, terza giocatrice al mondo. Non va nemmeno dimenticato che la romena, oltre alle vittorie su citate, a Parigi ha anche eliminato con margine di sicurezza giocatrici sempre insidiose come Petkovic e Mertens. L’impressione, nitida, è che per Halep la conta degli Slam vinti non sia finita lo scorso sabato.
15 – i mesi trascorsi dall’ultima volta che Serena Williams aveva vinto nello stesso torneo tre partite di fila: non accadeva in particolare dagli Australian Open 2017, torneo vinto in finale su sua sorella Venus. Quello era il 23°Major conquistato da Serena, che aveva giocato a Melbourne avendo già in grembo sua figlia Alexis Olympia. Tredici mesi di assenza dal circuito per la minore delle Williams erano pesati non poco al momento del rientro nel circuito, avvenuto lo scorso marzo tra Indian Wells (terzo turno, fermata da Venus) e Miami (stop all’esordio contro Osaka). Un ritorno apparso prematuro, che ha consigliato Serena di evitare di giocare tornei e tornare ad allenarsi, per rientrare direttamente al Roland Garros. A Parigi la statunitense è sembrata sulla buona strada per tornare ad essere grande protagonista del circuito. Con sole quattro partite giocate negli ultimi 15 mesi, ha sconfitto una tennista insidiosa come Kristyna Pliskova, 70 WTA e, soprattutto, due tenniste nella top 20 come Barty e Georges, prima di doversi arrendere a un problema al muscolo pettorale destro e ritirarsi prima della sfida con la Sharapova. Probabilmente, lei stessa non avrebbe preteso di più alla vigilia di questo Roland Garros e, in vista di Wimbledon, vinto già sette volte, se scioglierà i dubbi relativi alla sua presenza, non può che essere considerata tra le favorite.
111 – le vittorie di Rafa Nadal nelle 113 partite giocate al meglio dei cinque set sulla terra battuta, corrispondenti a una percentuale di successi superiore a un’incredibile 98%. L’incredibile dominio del maiorchino sulla terra rossa, iniziato nell’ormai lontano 2005, appare, se possibile, maggiormente netto quando si gioca tre set su cinque, la modalità di punteggio con la quale emerge con ancora più probabilità il più forte di giornata tra i due contendenti. In questo tipo di partita, Rafa ha vinto non solo le 77 partite necessarie per vincere gli 11 Roland Garros, ma anche le finali dei tornei che sino a una decina di anni fa adottavano il best of five, nonché svariati singolari di Coppa Davis. Due sole le sconfitte, delle quali la prima ancora oggi è la maggiormente celebre, a causa della sorpresa enorme che provocò. Negli ottavi del Roland Garros 2009, il numero 25 del mondo, Robin Soderling, sconfiggeva in quattro set combattuti Nadal, che così, dopo quattro successi, fermava a 31 partite la sua imbattibilità sulla terra rossa parigina. Uno shock così grande da convincere lo spagnolo a fermarsi e saltare Wimbledon per curare la tendinite al muscolo del quadricipite in entrambe le ginocchia: arrivava una seconda parte di 2009 deludente, nella quale lo spagnolo raggiungeva una sola finale, a Shanghai (persa contro Davydenko). La seconda sconfitta in partite giocate in queste condizioni (tre su cinque sulla terra battuta) arrivava nel 2015, probabilmente l’anno peggiore di Rafa da quando è diventato un campionissimo assoluto del nostro sport: tre anni fa, infatti, l’attuale numero 1 al mondo vinceva solo tre tornei minori (Buenos Aires, Stoccarda e Amburgo) e a Parigi, dopo aver perso un set negli ottavi contro Sock, nei quarti si arrende nettamente a Djokovic, come gia accaduto un paio di mesi prima nella semifinale di Monte Carlo. In una tale dittatura, è giusto anche ricordare i pochissimi quantomeno riusciti a portare Nadal al quinto set: Coria e Federer nelle celebri finali di Roma (rispettivamente 2006 e 2007), Isner (primo turno Roland Garros 2011) e Djokovic, ancora lui, nella splendida semifinale dello Slam parigino del 2013. Una sola certezza: il tempo aiuterà a comprendere ancora meglio quanto di incredibile Nadal ha fatto in questi 13 anni.
ATP
Un occhio ai numeri: è stato il dritto di Sinner a fare la differenza contro Fritz
19 vincenti, oltre 120 km/h di velocità media e una “shot quality” di 8.9: (anche) così Jannik si è preso la semifinale a Indian Wells

Una prestazione da 9 in pagella ha permesso a Jannik Sinner di superare il campione in carica di Indian Wells Taylor Fritz e di ottenere la seconda semifinale in un Masters 1000. Il 9 Jannik se l’è guadagnato per quanto fatto vedere nell’arco dei tre set, ma è soprattutto il suo dritto ad aver meritato un voto così alto. Non a caso, è la stessa ATP ad averglielo assegnato in collaborazione con Tennis Insights che dalla fine dello scorso anno fornisce nuove misure statistiche in grado di offrire nuove prospettive sull’andamento dei match. Tra questi innovativi dati c’è anche la shot quality che viene tradotta in un punteggio su una scala da 0 a 10. Ebbene, il dritto di Sinner nel match contro Fritz ha raggiunto una quotazione di 8.9. Ma rendiamo meglio l’idea di cosa ciò significhi: il punteggio medio nel circuito è di 7.2.
La domanda che sorge spontanea è però come venga calcolata questa misura. Alla base di tutto c’è l’intelligenza artificiale che riconosce che ogni tipo di colpo (dritto, rovescio servizio, smorzata, etc.) richiede una diversa combinazione di vari fattori e che elabora i dati di tracciamento della palla e del giocatore. Il calcolo della shot quality avviene in tempo reale analizzando velocità, spin, profondità, angolazione e impatto sull’avversario di ogni colpo. Inoltre, vengono prese in considerazione anche le caratteristiche del colpo immediatamente precedente dell’avversario: maggiore è la qualità della palla proveniente dall’altra parte del campo, infatti, più difficile sarà controbattere con un colpo in modo altrettanto qualitativo.
Le statistiche messe insieme da Sinner sul dritto contro Fritz sono a dir poco impressionanti e rendono giustizia a quell’8.9. L’azzurro ha tirato 184 volte questo colpo, sbagliandone solo il 10%. La velocità media è stata di 122 km/h, quella massima, invece, ha toccato i 168 km/h. Questa punta è stata raggiunta da Jannik nel corso del suo primo turno di battuta, proprio quando ha dovuto annullare l’unica palla break del set. Con quel dritto fulminante, a cui ne sono seguiti altri tre tutti sopra i 150 km/h, il 21enne di San Candido ha difeso il vantaggio conquistato nel game precedente in cui aveva strappato il servizio all’americano.
In totale Sinner ha messo a segno 19 vincenti con il dritto, ben 11 in più rispetto a Fritz che pure non è uno che si limita a rimettere la palla in campo quando può colpire dal suo lato destro. I gratuiti di Jannik sono stati 18 e anche in questa statistica la differenza con Taylor è di 11 unità, ma questa volta è davanti, a suo discapito, il californiano. Insomma, il gap è evidente qualsiasi dato si metta a fuoco. Un ultimo numero importante è quello che si trova alla voce net clearance, ovvero l’altezza media – in questo caso del dritto – sopra la rete. 71 cm, un dato di poco superiore alla media del circuito maschile e quindi piuttosto incoraggiante: Sinner non dispone, né vuole disporre per caratteristiche di gioco, del top di Nadal che ha permesso allo spagnolo di raggiungere nel corso della carriera picchi di net clearance superiore al metro e venti, ma ha comunque bisogno di aumentare la sua solidità da fondocampo prendendosi margini più ampi, pur senza eccedere.
Non è un caso, a tal proposito, che Jannik abbia fatto suoi 24 dei 31 scambi che si sono protratti oltre il nono colpo: un dato che porta a galla anche i progressi fatti dall’altoatesino dal punto di vista fisico e che si colloca all’interno di una tendenza che si era palesata già nella recente finale di Rotterdam con Medvedev, quando Sinner era riuscito a fare partita pari proprio nei punti più lunghi e faticosi (29 pari negli scambi sopra i nove colpi).
A conclusione di questo focus statistico, possiamo affermare che forse si è parlato fin troppo della necessità di Sinner di aumentare l’efficacia del suo servizio e di migliorare nel gioco a rete, mentre si è persa di vista un’altra chiave fondamentale, rappresentata proprio dal dritto. Sinner non è certamente basso, ma rimane difficile pretendere da lui un numero di ace pari a quello che possono mettere insieme giocatori come Medvedev, Berrettini, Aliassime, Tsitsipas e Zverev (e comunque la differenza si sta assottigliando – qui un’analisi specifica su questo colpo, confrontato a quello di Medvedev nella finale di Rotterdam, ad opera di Federico Bertelli). Per quanto riguarda il gioco al volo (aspetto nel quale Jannik si sente sempre più sicuro, come lui stesso ha detto nella conferenza stampa dopo la vittoria su Fritz), invece, è chiaro che una maggiore efficacia a rete è legata ai colpi con cui ci si arriva e un buon dritto in avanzamento non può che facilitare il compito.
Flash
Numeri: sul cemento nessuno ne ha vinte più di Medvedev. Ma in percentuale spicca Djokovic
112 partite vinte su cemento outdoor dal 2019 a oggi: nessuno meglio di Daniil Medvedev. Lo inseguono Rublev e Fritz

112- le partite vinte sul cemento all’aperto da Daniil Medvedev a partire dall’estate 2019. L’ex numero 1 del mondo è tornato prepotentemente alla ribalta nelle ultime settimane, durante le quali ha vinto tre tornei consecutivi (Rotterdam, Doha e Dubai). Un ruolino di marcia davvero impressionante, anche perché Medvedev per accumulare i 1250 punti raccolti (e gli oltre 1 milione e 130 mila euro di montepremi guadagnati) in queste quattordici partite vinte (nelle quali ha perso appena tre set), ha sconfitto top 20 come Sinner e Coric, top ten del valore di Auger-Aliassime (due volte) e Rublev. Soprattutto, nella bella semifinale di Dubai Daniil si è imposto nettamente contro un grande campione reduce da una impressionante serie di successi, Djokovic, legittimando le speranze di ritorno ad altissimi livelli da parte dei suoi tifosi sparsi per il mondo, accumulati durante le 16 settimane passate come numero 1 del mondo e le altre 129 già trascorse in top 5 ATP.
I recentissimi risultati di Medvedev non sorprendono però più di tanto e non solo perchè Daniil tra fine 2020 e inizio 2021 ha inanellato una serie di partite vinte ben più lunga (20, terminata con la finale degli Australian Open persa contro Djokovic). Non va infatti dimenticato che Doha e Dubai si giocano su campi in cemento outdoor e nessun suo collega ha vinto -in queste condizioni di gioco- tante partite come riuscito al 27enne tennista moscovita. Daniil, quasi quattro anni fa, entrato da poco meno di un mese nella top ten, ha dato una svolta alla sua carriera con un piuttosto repentino miglioramento del suo rendimento. La sua ascesa definitiva nei grandi tennisti del decennio è iniziata con la finale persa contro Kyrgios a inizio agosto 2019 all’ATP 500 di Washington: da quella settimana nella capitale statunitense Medvedev ha inanellato una serie di risultati che lo ha imposto all’attenzione generale come uno dei tennisti più forti al mondo, in particolar modo quando si gioca sul cemento, indoor o outdoor che sia. Nel suddetto periodo nei palasport europei ha vinto il Masters 1000 di Parigi-Bercy, le ATP Finals e ben altri quattro tornei (l’ultimo a Rotterdam meno di un mese fa): una quantità di titoli non raggiunta da nessun altro collega e che testimonia il suo valore assoluto sui campi indoor.
Ma è soprattutto sul cemento all’aperto, superficie sulla quale ha giocato inevitabilmente anche molto di più, che la sua credibilità di grande campione è confermata anche statisticamente, nonostante un 2022 non brillante, chiuso “solo” da 7 ATP e con appena due titoli aggiunti nella sua bacheca, l’ATP 250 di Los cabos e l’ATP 500 di Vienna. Per verificarlo, basta dare un’occhiata alla tabella 1, nella quale sono raggruppate una serie di statistiche dei giocatori più forti (secondo l’attuale classifica ATP) e di alcuni specialisti eccellenti come Sasha Zverev e Nick Kyrgios. Ci si rende facilmente conto della pregevole portata dei risultati di Medvedev quando ha partecipato a tornei che si giocavano sul cemento all’aperto. Non solo Daniil ha vinto con ampio margine più partite di tutti (come detto, ben 112, con il secondo, Rublev, fermo a 86), ma è dietro al solo Djokovic nella percentuale di match vinti (83.6%, una statistica davvero impressionante, anche rapportandola al grandissimo numero di partite giocate, ben 134). Medvedev è inferiore al solo campione serbo pure nella percentuale (78.9) di set vinti, così come è secondo -tra i colleghi che li hanno affrontati almeno cinque volte- nel bilancio contro i top 5, mentre è primo in assoluto (con un notevolissimo 12-1) contro tennisti tra la sesta e la decima posizione ATP. Quello che impressiona è la qualità dei numerosi successi di Daniil: delle 112 partite vinte, ben 17 sono arrivate contro top 10, e altre 15 sono contro tennisti comunque nella top 20. Che teoricamente Daniil non sia secondo a nessuno quando si gioca sul cemento all’aperto lo testimoniano anche gli scontri diretti: contro Djokovic, che pure in molte categorie ha numeri qualitativamente superiori ai suoi, Daniil dall’estate del 2019 ha giocato sul cemento all’aperto sei volte, vincendone tre. Nel periodo considerato, dando un’occhiata agli h2h contro alcuni degli avversari più forti, è 2-0 con Zverev e 3-1 con Tsitsipas, mentre è sotto 1-3 con Kyrgios e 0-3 con Nadal.
La continuità ad altissimo livello di Medvedev è testimoniata anche dalla seconda tabella che ho preparato, nella quale sono indicati i principali piazzamenti ottenuti da ciascuno dei giocatori presi in considerazione. Il russo dall’estate di quattro anni fa ha raggiunto ben dodici finali in tornei che si giocavano sul cemento all’aperto -numero ineguagliato dai colleghi- dalle quali ha raccolto ben sette titoli. Il solo Djokovic ne ha vinti altrettanti, ma va in verità evidenziato come il serbo abbia conquistato un numero maggiore, tre, della categoria più importante del circuito, i Major. Medvedev, che pure ha vinto lo US Open nel 2021, paga in tal senso lo scotto di aver raggiunto “inutilmente” ben altre tre finali Slam (due delle quali perse piuttosto rocambolescamente con Nadal). Al russo non basta di certo la grande soddisfazione di essere il tennista ad aver vinto più Masters 1000, ben tre, sul cemento all’aperto negli ultimi quattro anni: dal ritrovare fame tennistica e serenità in campo e, soprattutto, dal miglioramento del suo bottino negli Slam e del proprio tennis quando gioca su terra rossa ed erba passano le fortune della sua ancora giovane carriera.
Tabella 1- Risultati sul cemento all’aperto a partire da luglio 2019
Giocatore | Tornei giocati | Partite W-L TOT | Set W-L TOT | Partite W-L Vs top 5 ATP | Partite W-L Vs 6-10 ATP | Partite W-L Vs 11-20 ATP |
Djokovic | 15 | 75-9 (89.3%) | 187-42 (81.7%) | 7-2 (77.8%) | 8-3 (72.7%) | 10-1 (90.9) |
Medvedev | 27 | 112-22 (83.6%) | 276-74 (78.9%) | 5-9 (35.7%) | 12-1 (92.3%) | 15-5 (75%) |
Alcaraz | 14 | 31-12 (72.1%) | 81-40 (66.9%) | 2-1 (66.7%) | 2-2 (50%) | 7-2 (77.8%) |
Tsitsipas | 27 | 73-30 (70.9%) | 182-102 (64.1%) | 3-7 (30%) | 3-1 (75%) | 11-4 (73.3%) |
Ruud | 26 | 43-27 (61.4%) | 107-79 (57.5%) | 1-4 (20%) | 1-3 (25%) | 7-5 (58.3%) |
Fritz | 41 | 78-42 (65%) | 194-128 (60.2%) | 2-6 (25%) | 5-2 (71.4%) | 12-5 (70.5%) |
Rublev | 36 | 86-32 (72.9%) | 207-99 (67.6%) | 2-4 (33.3%) | 4-4 (50%) | 8-4 (66.7%) |
Nadal | 13 | 52-11 (82.5%) | 137-45 (75.3%) | 3-2 (60%) | 2-1 (66.6%) | 7-3 (70%) |
Auger-Aliassime | 31 | 52-38 (57.8%) | 133-108 (55,1%) | 1-6 (14.3%) | 1-5 (16%) | 6-3 (66.7%) |
Sinner | 23 | 49-20 (71%) | 125-195 (64.1%) | 0-4 (0%) | 0-1 (0%) | 5-3 (62.5%) |
Zverev | 23 | 65-27 (70.7%) | 175-261 (67%) | 4-7 (36.4%) | 1-6 (14.3%) | 10-4 (71.4%) |
Kyrgios | 21 | 43-19 (69.4%) | 108-56 (65.9%) | 2-4 (33.3%) | 5-3 (62.5%) | 2-2 (50%) |
Tabella 2- Principali piazzamenti sul cemento all’aperto a partire da luglio 2019
Bilancio Complessivo Titoli/finali | Titoli/Finali Slam | Titoli/Finali Masters 1000-Olimp. | Titoli/Finali ATP 500 | Titoli /Finali ATP 250 | |
Djokovic | 7-1 | 3-1 | 1-0 | 2-0 | 1-0 |
Medvedev | 7-5 | 1-3 | 3-1 | 1-1 | 2-0 |
Alcaraz | 2-0 | 1-0 | 1-0 | 0-0 | 0-0 |
Tsitsipas | 0-5 | 0-1 | 0-1 | 0-3 | 0-0 |
Ruud | 1-2 | 0-1 | 0-1 | 0-0 | 1-0 |
Fritz | 3-3 | 0-0 | 1-0 | 1-1 | 1-2 |
Rublev | 4-2 | 0-0 | 0-1 | 1-1 | 3-0 |
Nadal | 6-1 | 2-0 | 1-1 | 2-0 | 1-0 |
Auger-Aliassime | 0-1 | 0-0 | 0-0 | 0-0 | 0-1 |
Sinner | 2-1 | 0-0 | 0-1 | 1-0 | 1-0 |
Zverev | 3-2 | 0-1 | 2-1 | 1-0 | 0-0 |
Kyrgios | 2-0 | 0-0 | 0-0 | 2-0 | 0-0 |
evidenza
Sinner – Medvedev ai raggi X: manca ancora qualcosa al servizio, ma la crescita di Jannik negli scambi prolungati è reale
Un Sinner in crescita sbatte contro il fuoco di sbarramento di Medvedev, che tira fuori il suo miglior tennis

Visto il successo della scorsa settimana vi proponiamo un altro articolo di approfondimento sul nostro Jannik, uscito purtroppo sconfitto contro un Medvedev che ha alzato i giri del proprio motore e ha mandato al tappeto il nostro. Per la cronaca puntuale del match vi rimandiamo all’articolo a firma di Michelangelo Sottili.
La partita di oggi rappresentava una sorta di test di maturità per l’azzurro che è uscito battuto, ma ha dimostrato di essere sulla strada giusta. Il problema semmai è che per scalzare un top 5 che gioca da tale serva ancora qualcosina.
Riepilogo generale: anche stavolta approfittiamo per presentare una elaborazione nostra delle principali dimensioni di analisi rispetto a servizio e risposta:
i dati sono i seguenti (tutti i valori sono espressi in termini percentuali, lungo gli assi del grafico a “radar”):
- 1st_in à prime di servizio in campo
- 1st_won à punti vinti sulla prima di servizio
- 2nd_won à punti vinti sulla seconda di servizio
- Bp_saved à break point salvati
- Bp_converted à break point convertiti
- 1st_ret_won à punti vinti in risposta sulla prima di servizio dell’avversario
- 2nd_ret_won à punti vinti in risposta sulla seconda di servizio dell’avversario
- Pt_won à punti vinti
- Ret_Won à punti vinti in risposta
- Srv_won à punti vinti al servizi

Il vantaggio di questa visualizzazione è quello di vedere immediatamente la dominanza di un giocatore rispetto all’altro per le varie dimensioni di analisi. Quello che si vede è innanzitutto come il grosso della differenza l’abbia fatta la capacità di Medvedev di elevare la % di prime di servizio in campo dopo il primo set. Di solito a questi livelli un gap di primi di servizio in campo di oltre il 12% è un handicap considerevole e quindi tanto di cappello a Daniil per aver scalato un paio di marce del suo gioco. Interessante invece vedere che a livello di rendimento sulle seconde di servizio Jannik sia riuscito a fare match pari; in realtà si tratta di un dato estremamente confortante considerando la qualità del russo in palleggio e che la partita si sia giocata spesso e volentieri su scambi prolungati. Certo una bella differenza per Sinner rispetto al match di domenica scorsa contro Cressy.
Direzioni al servizio: sulla base del charting (mappatura) che potete trovare in fondo all’articolo – abbiamo rappresentato graficamente nel dettaglio le scelte al servizio dei due giocatori:
I grafici si leggono in questo modo: le frecce azzurre rappresentano le direzioni dei servizi dal lato della parità (con i giocatori che servono da destra verso sinistra). Le frecce gialle invece rappresentano le direzioni dei servizi dal lato del vantaggio (con i giocatori che servono da sinistra verso destra). Lo spessore della freccia da visivamente conto di quanto sia stata pronunciata la scelta di una determinata direzione rispetto all’altra. I valori sono espressi in percentuale, con l’area di servizio che è divisa in 6 aree:
- Servizi dal lato della parità
- Servizi ad uscire (wide)
- Servizi centrali (body)
- Servizi sulla “T” del servizio
- Servizi dal lato del vantaggio
- Servizi ad uscire (wide)
- Servizi centrali (body)
- Servizi sulla “T” del servizio
Con riferimento alle scelte sulla prima di servizio abbiamo delle previsioni abbastanza simili, eccetto la distribuzione della prima ad uscire dal lato della parità. In questo caso Medvedev ha avuto una maggiore decisione nel cercare l’angolo aperto.

Dal lato della seconda di servizio la scelta di Sinner è stata prevalentemente quella di cercare un servizio con rimbalzo centrale, carico di kick, con la volontà di dare pochi angoli a Medvedev in risposta. Dal canto suo il russo sulla seconda ha privilegiato anche in questo caso una maggiore ricerca degli angoli esterni. In termini di efficienza delle scelte invece possiamo vedere che Sinner avrebbe potuto privilegiare maggiormente la prima di servizio ad uscire dal lato della parità, mentre in generale ha avuto difficoltà a mandare fuori posizione Medvedev dal lato del vantaggio: in questa situazione di gioco il russo è stato molto bravo a gestire i servizi esterni di Jannik e a far partire lo scambio spesso e volentieri. Da parte sua invece Medvedev è quasi sempre riuscito a costruirsi situazioni di vantaggio sulla prima riuscendo anche a smazzare i servizi al centro e ad uscire con buona variabilità.

Performance in risposta: entrambi i giocatori sono stati estremante conservativi, in quanto in pochissime occasioni hanno cercato di entrare in maniera incisiva sulla seconda di servizio dell’avversario. In particolare Sinner quando Medvedev ha servito una seconda, nel 12% delle occasioni è riuscito ad essere aggressivo e in tutte quelle occasioni è riuscito a portare a casa il punto. Il problema per l’azzurro è stato che le seconde scodellate da Medvedev sono state veramente pochine, per cui lo spazio probabilmente era poco. Ciò non toglie che col passare del match e con l’aumentare della pressione imposta dal nativo di Mosca una soluzione sarebbe potuta essere un fuori tutto con risposte a tutta. Ecco, questo ad esempio potrebbe essere una chiave per lo sviluppo futuro di Jannik, la capacità di aggredire di Jannik sulle seconde dell’avversario. Medvedev invece, si è sempre placidamente posizionato dai teloni di fondocampo, macinando gioco e riducendo al minimo i servizi vincenti per Sinner.

Eloquente in questo senso la grafica della posizione in risposta del russo, sia sulla prima che sulla seconda di servizio:


Sinner invece ha avuto un approccio pià propositivo, sia sulla prima che sulla seconda, ma che purtroppo come visto non si è trasformato come avrebbe voluto in una maggiore capacità di prendere il comando delle operazioni fin dalla risposta.


Lunghezza degli scambi: merita vedere come questa sia stata una partita particolarmente intensa per gli standard indoor; rispetto ad un match come quello di settimana scorsa fra Cressy e Sinner, nel quale la prevalenza degli scambi brevi era netta, oggi abbiamo avuto un contesto completamente diverso:



La distribuzione è abbastanza chiara: Sinner è riuscito a fare partita pari sugli scambi prolungati, cosa assolutamente non scontata contro un fine tattico e maratoneta come Medvedev. Ma purtroppo il russo ha fatto valere una maggiore efficienza sulla prima di servizio che gli ha consentito di sbattere la porta in faccia all’italiano. Emblematico in particolare il sesto gioco del secondo set, dove Sinner si era trovato nella situazione pià unica che rara di poter disporre di 3 palle break consecutive, ma Medvedev è riuscito a tirare fuori una serie di 6 prime di servizio consecutive, che gli hanno permesso di uscire dalla buca.
Conclusioni: la differenza grossa oggi l’ha fatta la capacità di Daniil di elevare la propria qualità al servizio, un’arma di cui oggi Jannik ancora non dispone. O meglio: il servizio di Jannik funziona, ma ancora non ai livelli della creme de la creme del tennis mondiale; e avere la possibilità di incidere maggiormente e chiudere punti più in fretta alla lunga può dimostrarsi un fattore determinante, specie sulla distanza Slam.