Tra un paio di settimane, l’assemblea generale della International Tennis Federation (ITF), che avrà luogo od Orlando, Florida, deciderà il destino della Coppa Davis, la più antica e prestigiosa competizione a squadre del tennis. Le opzioni sono due: rivoluzione o status quo. Per rivoluzione si intende l’approvazione della riforma voluta dall’attuale presidente David Haggerty che prevede una finale a 18 squadre giocata in una sede unica, con mini-tie di 3 match al meglio dei tre set. Insomma, la nuova Davis assomiglierebbe tanto ad un campionato del mondo del calcio. Federazioni, ex tennisti e commentatori sono divisi tra chi ritiene che con la nuova formula la Davis perderebbe il suo fascino e chi invece si rende conto che è l’unico modo per tenerla in vita e renderla economicamente sostenibile.
Con il voto decisivo che si avvicina sempre di più, è proprio il tanto discusso Haggerty, fautore della riforma, a rilasciare un’intervista alla rivista tedesca Tennis Magazin. Il presidente della ITF guarda con ottimismo all’assemblea di Orlando, convinto della bontà e dei nobili scopi della riforma, ovvero la promozione del tennis su scala globale. “Siamo fiduciosi riguardo alle elezioni. Negli ultimi sei mesi abbiamo consultato federazioni nazionali, giocatori, fan e altre parti interessate per ottenere il loro feedback, e nel complesso è stato molto positivo”, ha dichiarato lo statunitense, “Le federazioni nazionali riconoscono che la nostra partnership con Kosmos rappresenta una grande opportunità per cambiare la Coppa Davis e garantire il suo futuro a lungo termine. Le riforme che proponiamo andranno a beneficio diretto delle federazioni nazionali creando nuove entrate significative per lo sviluppo del tennis a livello mondiale. L’ITF è l’unica istituzione nel tennis che sta reinvestendo nello sviluppo di questo sport e il ricavato che otteniamo dalla Coppa Davis è essenziale”.
Il presidente della ITF pensa che, grazie al nuovo format, la Davis possa riprendersi un po’ dello smalto che aveva perso negli ultimi anni e rivaleggiare con i più grandi eventi nel mondo del tennis. “Le riforme innalzeranno la Coppa Davis al livello dei tornei del Grande Slam, sia in termini di standard di hosting che di premi in denaro dei giocatori. Un finale di fine stagione di livello mondiale garantirà lo status della Coppa Davis e darà maggiore influenza alle federazioni nazionali e all’ITF”, ha proseguito Haggerty. C’è però appunto chi è ancora perplesso come la federazione tedesca, una delle più importanti al mondo. Secondo indiscrezioni, la Germania voterà “no” all’assemblea di Orlando. In maniera molto diplomatica. Il capo della ITF si è detto “rispettoso delle opinioni di tutte le federazioni nazionali” ma poi ha asserito: “votare per le nostre riforme è votare a favore del tennis”.
Inoltre, in risposta ai conservatori, Haggerty ha sottolineato come in realtà la storia della Davis sia stata contraddistinta dalle modifiche al suo formato. “Il cambiamento nella Coppa Davis non è un concetto nuovo: si è evoluta da un evento con due squadre nel 1900 ad uno con 133 squadre oggi. Si è continuamente adattata per rimanere rilevante. Le recenti riforme che proponiamo sono la continuazione di questo sviluppo e garantiranno lo status a lungo termine della concorrenza e la salute a lungo termine dello sport”, ha affermato Haggerty, inserendosi nel solco della tradizione. Quello che però non va giù a tanti è l’eliminazione del fattore campo. Il calore del pubblico di casa è in effetti un elemento di unicità rispetto a tutti gli altri eventi tennistici. In realtà, la riforma lascerebbe un primo turno da giocare non in campo neutro, per qualificarsi per la gran finale a 18. “Il fattore pubblico della Coppa Davis è popolare tra giocatori, nazioni e tifosi, quindi abbiamo deciso di continuare così che il tennis di livello mondiale continuerà a essere giocato nelle nazioni e nelle città di tutto il mondo”, ha ribadito Haggerty, “Riunire le 18 migliori squadre in un’unica sede per un finale di sette giorni migliorerà il profilo e il significato della Coppa Davis e farà appello al pubblico globale”.
Ma dove si dovrebbe svolgere questa finale a 18? Sicuramente in Europa, in parte per motivi di fuso orario. Si era vociferato che la sede potesse essere lo Stade Pierre Mauroy di Lille, già utilizzato dalla Francia per diverse sfide di Davis, tra le quali la finale dello scorso anno. Ma nulla in realtà è ancora stato deciso. “La sede della Davis Cup Final 2019 non è ancora stata stabilita”, ha continuato Haggerty, “Non ci siamo ancora legati ad un determinato luogo e stiamo ancora consultando i nostri partner. Nel 2019 e 2020, la settimana finale si svolgerà in Europa, ma ci sono una serie di fattori che devono essere presi in considerazione in quanto vogliamo trovare l’host migliore per atleti, tifosi, nazioni e sponsor”.
Le defezioni da parte dei Top Player mondiali, assorbiti dal fittissimo calendario della ATP, hanno sicuramente minato il prestigio della Davis negli ultimi anni. Federer, Nadal e Djokovic ad esempio hanno tutti vinto la competizione ma dopo averlo fatto se ne sono spesso disinteressati, come se fosse quasi uno sfizio da togliersi per poi non pensarci più. Haggerty sapeva di dover primariamente risolvere questo problema e la presenza di un lauto prize money oltreché la concentrazione in un’unica settimana di calendario può essere sicuramente una soluzione. “Migliorare la partecipazione dei giocatori è una parte importante delle nostre proposte. I nostri cambiamenti di formato sono stati inizialmente richiesti dal ATP Player Council nel 2016 e abbiamo ricevuto molti feedback positivi dai giocatori sulla nostra proposta”, ha detto l’americano, “Con una finale di una settimana ad una certa ora e in una posizione centrale, possiamo bilanciare l’entusiasmo dei tifosi con la salute dei giocatori non estendendo ulteriormente la stagione. Attraverso la nostra partnership con Kosmos, possiamo offrire ai giocatori un record di $ 20 milioni di premi in denaro per la prima volta. Questi cambiamenti, uniti alla storia della Coppa Davis e all’onore della lotta per il loro paese, ci danno la sicurezza che i giocatori vogliano competere”. Se c’è stata collaborazione con il consiglio dei giocatori ATP meno ce ne sono stati con l’associazione dei tennisti professionisti che ha lanciato la sua World Cup of Tennis, una competizione a squadre che sembra proprio voler sfidare la Davis. Haggerty è stato molto critico nei confronti della decisione della ATP. “Hanno perso l’opportunità di lavorare con l’ITF in modo da beneficiare di tutto il loro tennis”, ha tuonato.
Ma dopo la Davis, potrebbe venir attuata una riforma simile anche per la sua versione femminile, ovvero la Fed Cup? Haggerty è cauto sul tema. “La Fed Cup è un’ambita e leggendaria competizione con quasi cento anni di storia. Come la Coppa Davis, ha bisogno di riforme affinché rimanga attraente per gli atleti e i tifosi. Abbiamo in programma di passare a un gruppo mondiale di 16 squadre e altri cambiamenti di formato a lungo termine, ma i progetti sono ancora in fase di elaborazione”, ha concluso. In effetti, considerato anche il recente scandalo che coinvolge il presidente della federazione francese Bernard Giudicelli, salvato per poter votare sì ad Orlando, è meglio non guardare troppo avanti.