New York, casa Italia. La quaterna del sorriso (Lopes Pegna). Il tabellone di Fognini consente di sognare (Bertolucci). US Open, via in uno stadio da sogno da 14 mila posti con il tetto retrattile (Mancuso)

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New York, casa Italia. La quaterna del sorriso (Lopes Pegna). Il tabellone di Fognini consente di sognare (Bertolucci). US Open, via in uno stadio da sogno da 14 mila posti con il tetto retrattile (Mancuso)

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New York, casa Italia. La quaterna del sorriso (Massimo Lopes Pegna, Gazzetta dello Sport)

Ci vuole il «cuore Toro» per vincere partite così e Lorenzo Sonego, per spuntarla, s’ispira a una squadra della sua Torino: è tifoso granata e da ragazzino quella maglia l’aveva indossata da attaccante. Un Belotti in erba che a un certo punto ha scelto i campi da tennis. E può dire di aver fatto bene, perché dopo aver passato un turno agli Australian Open (contro l’olandese Haase), qui a Flushing da lucky loser si ripete. Segna un altro gol bellissimo della sua esistenza con la racchetta: elimina il veterano lussemburghese Gilles Muller (35 anni, n°127) e s’intrufola al secondo round degli Us Open. Sembrano padre e figlio, Muller e Lorenzo, e non solo per una questione d’età. Ma forse quella (i 23 anni dell’italiano) conta per sopravvivere a un sole infuocato e a una maratona che dura 4h16′: con tre tie break (due a favore del torinese) e un altro set finito 7-5 (per Muller). Poi, nell’ultimo set, il suo rivale, che nel 2017 aveva eliminato Nadal dagli ottavi di Wimbledon, dovrà farsi assistere dal medico che gli misurerà la pressione. E da lì sarà discesa fino al 6-2. «Bevi, bevi molto», gli suggerisce dalle tribunette l’allenatore Gipo Arbino, che lo ha cresciuto come un figlio al Green Park di Rivoli. «Bravo, stai rispondendo molto bene», lo incoraggia. Perché Sonego ormai non è più solo il «polipo» che ributta nel campo avversario anche gli scaldabagni come se avesse otto mani. «No adesso la mia altezza (oltre 1.90, ndr) e il mio allenatore, che mi ha mostrato l’altra faccia del tennis, mi hanno fatto cambiare strada», ha raccontato. Per chi fino a poco tempo frequentava Futures e Challenger, è un balzo enorme. E poi l’anno scorso c’era stato il problema a un polso che ne aveva frenato i progressi e lo aveva fatto precipitare al numero 446 del mondo. Contro Muller sfodera un servizio da giocatore maturo, non certo da numero 121, dove nel frattempo è risalito: 27 ace e appena 4 doppi falli. E soprattutto non molla mai, anche quando dopo aver sudato per vincere il primo set, va sotto 2-1. Alza le braccia al cielo già pensando al russo Karen Khachanov, testa di serie n.27, che dovrà affrontare senza pressioni. Perché essere qui vale già più di un gol alla Juve. Poco prima del trionfo di Sonego, c’era stato anche quello di Paolino Lorenzi. Un’altra delle sue battaglie, in cui rimonta un set all’inglese Kyle Edmund, n.16 del mondo. Il senese cede il primo set (6-4), poi comincia quel suo gioco instancabile fatto di corsa e recuperi. L’anno passato aveva sfondato fino agli ottavi (suo miglior risultato in uno Slam) sgambettato da Anderson, che poi perse in finale. In questa stagione era rimasto nelle retrovie, atterrato dalla fascite plantare. «Ma da Wimbledon sto bene e mi sono rimesso a correre», dice soddisfatto. È tornato anche sugli odiati Challenger pur di raccattare punti e ritoccare verso l’alto la classifica deficitaria. Pure l’inglese, che quest’anno in Australia era arrivato alle semifinali, si è dovuto far soccorrere dal medico, torturato dai crampi. Era il segnale della fine, perché poi cedeva di schianto per 6-1. «Avete visto? Come la mia Fiorentina, 6-1 al Chievo anche lei: punteggio tennistico», scherza… [SEGUE].


Il tabellone di Fognini consente di sognare (Paolo Bertolucci, Gazzetta dello Sport)

Non mi piace giudicare il tabellone prima dell’inizio di un torneo. Troppe volte percorsi sulla carta estremamente complicati a causa di continue sorprese si sono poi rivelati più semplici del previsto. Uno sguardo, sia pur rapido, però devo darlo e in questa occasione mi sono soffermato sull’ipotetico cammino di Fabio Fognini. Nei primi due turni lo attende un percorso non particolarmente arduo e al terzo una testa di serie abbordabile come l’attuale Chung. Il coreano, dopo lo sfavillante inizio di stagione, è stato a lungo fermo per problemi fisici e al rientro è apparso lontano dalla miglior condizione. Sarebbe quindi ipotizzabile uno scontro con Federer o Kyrgios negli ottavi, per trovarsi di fronte a una porta girevole che potrebbe marchiare a fuoco la carriera di Fabio… [SEGUE]. Chissà che a New York non riesca a prendere la porta girevole dal lato giusto. La sua carriera lo meriterebbe.


US Open, via in uno stadio da sogno da 14 mila posti con il tetto retrattile (Angelo Mancuso, Messaggero)

Benvenuti agli US Open, dove è possibile costruire a tempo di record un nuovo stadio con tanto di tetto retrattile e 14mila posti a sedere. Roba impensabile dalle nostre parti, patria della burocrazia imperante. L’attuale sede dello Slam newyorkese è stata inaugurata nel 1978, quando il torneo si trasferì dalla terra verde di Forrest Hills al cemento di Flushing Meadows, nel quartiere di Corona nel Queens. L’idea fu dell’allora presidente Usta William Hester: sorvolando la zona mentre volava su La Guardia, intuì che quel luogo teatro dell’Expo del 1939 poteva incrociare il suo destino con il tennis. Quarant’anni dopo il Billie Jean King National Tennis Center (il complesso si chiama così dal 2006) vive l’ultimo tassello di un rinnovamento durato 5 anni e costato 500 milioni di dollari. Un processo iniziato con la costruzione del nuovo Campo 17 (2.500 posti), il rifacimento del design del lato ovest, la ricostruzione di 10 campi sul lato sud. Quindi è arrivato il nuovo Grand Stand nel 2016, stesso anno in cui l’Arthur Ashe è stato finalmente coperto. L’ultimo impianto a essere inaugurato mercoledì scorso è il nuovo Louis Armstrong Stadium, realizzato dallo studio di architettura Rossetti, lo stesso che aveva escogitato il modo di coprire l’Arthur Ashe Stadium, il campo da tennis più grande del mondo con i suoi 23mila posti. Il nuovo impianto ha una struttura particolare che lo fa sembrare un palazzone: primo anello da 6.400 spettatori, la parte superiore di oltre 7.000. La copertura è ottagonale proprio come lo stadio: il tetto si apre e chiude in 7 minuti e lascia comunque entrare il 73% dell’energia solare. Insomma, il titolo di più grande evento sportivo su scala annuale è più che meritata per lo Slam a stelle e strisce, diventato il più avveniristico dei 4, dopo un recente passato di critiche feroci, con 5 finali di fila spostate per pioggia e programmazione discutibile tra il 2008 e il 2012… [SEGUE].

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