Pouille e la cura miracolosa di Mauresmo: "È una grandissima allenatrice"

Australian Open

Pouille e la cura miracolosa di Mauresmo: “È una grandissima allenatrice”

Reduce da un 2018 opaco, il francese sta disputando un grandissimo Australian Open e affronterà Djokovic in semifinale. Tanti meriti ad Amelie: “Non si tratta di essere uomo o donna, ma di conoscere il tennis. Lei è una campionessa”

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Lucas Pouille - Australian Open 2019 (foto Chryslène Caillaud, @Sport Vision)
 

Il protagonista a sorpresa del torneo maschile non è Lucas Pouille solo perché un esuberante collega greco ha deciso di fare le cose veramente in grande, battendo Federer e raggiungendo la semifinale a soli vent’anni. Da parte sua, il francese sta disputando un torneo veramente notevole: superato brillantemente un primo turno molto ostico contro Kukushkin, e sopravvissuto all’esuberanza del giovane Popyrin al terzo, Lucas ha dimostrato molto più coraggio di Coric agli ottavi di finale e soprattutto ha sbarrato la strada a un Raonic che sembrava lanciatissimo dopo aver estromesso dal torneo nientemeno che Zverev. Per agguantare la prima semifinale Slam della sua carriera, a Pouille è servita una prestazione eccellente in ribattuta – ha vinto quasi un terzo punti sul servizio di Raonic – e attentissima dal punto di vista tattico. Un giocatore completamente trasformato rispetto a quello che si era lasciato turlupinare persino da Sandgren a Stoccolma, sul finire di stagione, e che non aveva saputo strappare a Cilic neanche una palla break nell’incontro che avrebbe consegnato l’ultima Davis della storia alla Croazia.

Grandi meriti al 24enne di Grande-Synthe, certo, ma non si può trascurare come questo risultato sia arrivato appena dopo la scelta di ingaggiare Amelie Mauresmo come allenatrice. L’ex tennista francese, finalista a Melbourne nel 1999 e campionessa nel 2006, ha declinato l’offerta della federazione francese di allenare la squadra di Davis per accettare una seconda sfida nel circuito maschile dopo la collaborazione con Andy Murray, il primo tra i tennisti di vertice ad assumere una coach di sesso femminile.

Murray raccontò di aver ricevuto messaggi poco edificanti dopo aver assunto l’allenatrice francese: qualcuno fu tanto grossolano da dirgli che avrebbe potuto anche assumere un cane, a quel punto. La scelta di Pouille, per fortuna, non è stata accolta in modo tanto inqualificabile: “Credo che i tempi siano cambiati, a me non è accaduto nulla del genere. Andy è stato il primo, e ovviamente è vergognoso quello che è successo. Gli uomini allenano le donne, quindi qual è il problema se avviene il contrario? Davvero, non capisco. L’ho detto mille volte: non è questione di essere uomo o donna, ma di conoscere il gioco e avere l’attitudine giusta. Lei è una campionessa. Ed è una grande allenatrice“. Parole che è impossibile mettere in discussione.

In ottemperanza al suo carattere umile e pacato, Lucas non ha nulla da ridire se l’attenzione sembra quasi più rivolta alla sua allenatrice che a lui, capace quest’anno di vincere cinque partite di fila dopo aver raccolto la miseria di zero successi nelle sei precedenti partecipazioni. “La battaglia contro Popyrin mi ha dato grande fiducia, ma non avevo obiettivi particolari per questo torneo, come i quarti o la semifinale. Volevo vincere la prima partita e poi pensare alla successiva“. Anche – o soprattutto? – in questo miglioramento nella capacità di mantenere la concentrazione c’è la mano di Amelie. “Penso che mi abbia aiutato sotto il profilo della personalità, dell’attitudine mentale. L’obiettivo è diventato migliorare il mio tennis, portare in partita il lavoro svolto durante gli allenamenti. Questo mi ha tolto pressione: ora mi sto concentrando solo sul mio gioco, non sui risultati“. L’esatto contrario di quanto dichiarato appena pochi mesi fa, quando erano stati – per sua stessa ammissione – proprio i risultati deludenti a deprimere ulteriormente le sue potenzialità sul campo.

Lucas Pouille e Amelie Mauresmo – Australian Open 2019 (foto Chryslène Caillaud, @Sport Vision)

Certo sarebbe ingenuo pensare che Amelie Mauresmo abbia davvero la bacchetta magica, come ha ipotizzato scherzosamente qualcuno su Twitter, ma in fondo un giocatore già molto completo come Pouille, a cui è sempre mancato un pizzico di coraggio per andare oltre i suoi limiti, aveva probabilmente solo bisogno di ritrovare la serenità. Ai coach tocca anche questo ingrato mestiere, assorbire gli urti e trasformare ogni offesa degli eventi in una possibilità di riscatto per il giocatore. E se possibile, instaurare un rapporto che permetta all’allievo di allenarsi col sorriso. “La vedo concentrata su ogni singola palla che colpisco in allenamento“, racconta Pouille entusiasta. “Allo stesso tempo c’è una bella atmosfera, non siamo troppo seri. Capita di ridere e di scherzare. Una volta che cominciamo ad allenarci, però, siamo completamente coinvolti. È importante trovare un equilibrio. Stiamo facendo anche un gran lavoro tecnico-tattico con Loïc (Courteau, che collabora con Amelie nel team, ndr). Sì, penso che sia davvero una grandissima allenatrice“.

NOLE ALL’ORIZZONTE – Mettendo da parte elogi e sorrisi, però, c’è da dedicarsi anima e corpo alla sfida apparentemente impossibile contro Novak Djokovic. Il fatto che tra i due non ci siano precedenti non va certo a vantaggio del francese, che avrebbe potuto trarre qualche indicazione utile ad evitare le situazioni di gioco che al serbo procurano maggior conforto. Inoltre, il colpo migliore di Pouille – il rovescio – andrà inesorabilmente a scontrarsi contro quello di Djokovic, tra i più solidi della storia di questo sport, e neanche questo andrà a vantaggio di Pouille. Vivendo però questo torneo come un nuovo punto di partenza, e affrontando il giocatore più forte del mondo senza alcuna pretesa che non sia quella di dare il massimo, Lucas può tornare a puntare in alto. È già sicuro di guadagnare quattordici posizioni in classifica (lunedì sarà 17esimo) e con questa semifinale, che gli vale ben 720 punti, ha già virtualmente difeso i punti raccattati per tornei minori nel febbraio dello scorso anno, con il titolo di Montpellier e le finali di Marsiglia e Dubai. Mica male per uno che a Melbourne, finora, era riuscito soltanto a fare il turista.

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