L'ascesa di Cecchinato, vicino ad essere il miglior tennista italiano

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L’ascesa di Cecchinato, vicino ad essere il miglior tennista italiano

Classifiche alla mano, Cecchinato dista poco più di 100 punti da Fognini. E Rio de Janeiro potrebbe modificare ancora gli equilibri. Qualche numero sulla sua crescita, e sul perché potrebbe non arrestarsi

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L’ultimo aggiornamento del ranking ATP non lascia spazio a troppe interpretazioni: al sedicesimo posto Fabio Fognini con 2225 punti, al diciassettesimo Marco Cecchinato con 2091, appena 134 lunghezze di ritardo. L’Italia continua ad essere assieme a Spagna, Argentina, Croazia e Russia una delle cinque nazioni a poter vantare due giocatori in top 20, ma il terzo titolo conquistato da Marco Cecchinato a Buenos Aires ha anche l’effetto di mettere in discussione, a breve-medio termine, lo scettro di numero uno d’Italia. Già nell’imminente torneo di Rio de Janeiro Fognini rimette in palio i 180 punti della semifinale dello scorso anno che, qualora non difesi, potrebbero lasciar concretizzare il sorpasso già lunedì prossimo. Cecchinato invece, prima che arrivi il torneo di Budapest, non avrà da pensare che agli 80 punti del challenger vinto a Santiago nel marzo 2018 (punti che proverà a difendere sul ben più nobile palcoscenico di Indian Wells) e ai 70 di Montecarlo. 150 in due mesi, praticamente nulla.

Viene naturale immaginare che il Ceck possa togliersi altre soddisfazioni, almeno sulla terra battuta, per il modo con il quale sta in campo, per la qualità indiscutibile del suo tennis e per il fatto che già adesso un’improvvisa scomparsa dei 720 punti di Parigi lo farebbe cadere sì in classifica, ma non precipitare. Per capirci, al momento Marco rimarrebbe in top 30 anche privato dei punti di quella miracolosa semifinale: perderebbe tredici posti per sistemarsi comunque davanti a gente come Gasquet e Dimitrov.

Altro segnale importante: come è arrivata la vittoria di Buenos Aires, la prima di un italiano dai tempi di Nicola Pietrangeli capace di trionfare nel lontano 1965 (da allora quattro finale italiane, ultima quella di Fognini nel 2014, ma nessun set vinto). Un torneo condotto senza stupire fino alla semifinale, per poi tirar fuori il miglior tennis al momento opportuno. Tutto sommato un torneo vinto senza lasciare sul campo troppe energie, nonostante la superficie sia quella che più di tutte richiede ‘lacrime e sangue’, per dirla con Churchill. Quattro partite, 361 minuti totali di gioco (sei ore), una media di un’ora e mezza a partita.

Ho iniziato la settimana giocando male“, ha confermato Marco poco dopo aver sollevato il trofeo argentino. “Ho vinto lottando le prime due partite, ma comunque giocando male. Già ieri (in semifinale, ndr) avevo un buonissimo livello di tennis, oggi sono stato molto solido e aggressivo senza dare chance al mio avversario. Avrebbe potuto rientrare, con tutto il pubblico a favore, e in quel caso sarebbe stato difficile“. Questo è un altro aspetto cruciale di Cecchinato, che probabilmente lo distingue dall’attuale numero uno d’Italia, Fognini: i fattori esterni sembrano in grado di destabilizzarlo solo relativamente, e le sconfitte arrivano quando la giornata è (tennisticamente) storta o quando l’avversario è superiore. “Il pubblico mi ha sostenuto nei primi due match, poi ovviamente è stato dalla parte dei tennisti argentini contro di me. Oggi lui (Schwartzman, ndr) ci teneva a far bene davanti ai suoi tifosi, ma io sono riuscito a seguire il mio piano di gioco dall’inizio alla fine“. Nonostante un campione di appena dieci mesi di tennis ad alto livello non sia sufficientemente ampio per tracciare un profilo definitivo, il 26enne palermitano sembra poter vantare una tenuta mentale più paragonabile a quella di Seppi che a quella di Fognini.

Marco Cecchinato – Buenos Aires 2019 (foto via Twitter, @ArgentinaOpen)

Proprio Seppi (assieme a Cané e Gaudenzi) è stato raggiunto da Cecchinato per numero di titoli in carriera (quota tre) e già superato nel confronto dei best ranking, poiché il siciliano ha già saputo scalare un gradino in più dell’altoatesino (n.17 vs n.18). Tutto in dieci mesi per Ceck, sebbene sia da ricordare come lo stesso Seppi abbia vinto i suoi tre titoli (su tre superfici diverse) nel giro di poco più di un anno, dal giugno 2011 all’ottobre 2012, per poi rimanere al palo nelle tre finali giocate successivamente. La prudenza è d’obbligo, insomma, per questo sarebbe bene che Cecchinato evitasse di dare uno sguardo ai tennisti italiani che in Era Open sono riusciti a salire più in alto di lui in classifica.

Sono soltanto quattro, escludendo Pietrangeli che sfugge a queste classificazioni perché ha dato il suo meglio prima che i computer intervenissero a tracciare con solerzia le performance dei tennisti. Fognini (n.13), Bertolucci (n.12), Barazzutti (n.7) e Panatta, l’unico capace di entrare in top 5 (n.4 del mondo nel suo iconico 1976). Tutti gli altri sono già alle spalle di Marco, relativamente al dato del miglior piazzamento raggiunto in classifica.

Ha meno senso inerpicarsi in paragoni che prendano in esame la qualità tecnica, sia perché confrontare tennisti di epoche differenti è esercizio futile e sia perché, lo ribadiamo, lo storico di Marco Cecchinato è ancora troppo ristretto per essere paragonato a intere carriere. Per certo ci sono dei momenti in cui si ha la netta sensazione che Marco, quando calca un campo in terra battuta, abbia in mente – ben precisi e circostanziati – tutti i riferimenti necessari per vincere il punto in ogni situazione di gioco. Difensiva o offensiva, a rete come da fondo, chiamato a inventare oppure a usare la concretezza. A corollario di tutto c’è una condizione fisica maiuscola, che sostiene l’impianto del suo tennis, per la quale Marco si premura di ringraziare ogni volta il suo preparatore atletico Umberto Ferrara. “Grazie a lui arrivo su tutte le palle, ha scritto tra i ringraziamenti di rito su Instagram. La speranza è che questa fame rimanga inalterata, e il braccio non prenda a tremare quando i palcoscenici saranno più prestigiosi. E accadrà presto.

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