Kyrgios show, Nadal fuori ma il match non è finito lì (Semeraro). La quota 100 di Federer, collezionista di tornei (Rossi). Cecchinato: "Sogno la Davis, l'Italia può farcela" (Rabotti). Federtennis scrive all'ATP: per Torino niente garanzie (Mecca, Ricci)

Rassegna stampa

Kyrgios show, Nadal fuori ma il match non è finito lì (Semeraro). La quota 100 di Federer, collezionista di tornei (Rossi). Cecchinato: “Sogno la Davis, l’Italia può farcela” (Rabotti). Federtennis scrive all’ATP: per Torino niente garanzie (Mecca, Ricci)

La rassegna stampa di venerdì 1 marzo 2019

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Kyrgios show, Nadal fuori ma il match non è finito lì (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

John McEnroe sostiene da anni che il suo vero erede si chiama Nick Kyrgios e ha ragione e ha torto allo stesso tempo. Ragione perché un tennis come quello dello showman di Canberra – l’unico al mondo che può giocare in torneo come in esibizione e battere Rafa Nadal – non si è mai visto in un secolo e mezzo di Lawn Tennis. Torto perché, come ha sibilato ieri ad Acapulco un Nadal gelidamente inferocito dopo una sconfitta surreale, «Kyrgios ha un talento enorme, il potenziale per vincere tornei dello Slam e lottare per il numero 1. Ma se sta dove sta un motivo c’è. Qui ha fatto il suo show, ha giocato bene e ha vinto. Non è un cattivo ragazzo, ma manca di rispetto al pubblico, all’avversario e anche a se stesso». Parole come sanpietrini. Soprattutto perché a scagliarle, senza nascondere la mano, è un esempio di sportività, maturità e moderazione. Ma è anche vero che se esistono nel tennis esistono gli antipodi, be’, quelli sono Nadal e Kyrgios. Nick il selvaggio, che oggi bivacca al numero 72 del ranking dopo essersi issato fino al 13 nel 2016, si era manifestato per la prima volta al mondo proprio contro il 2 del mondo, seccandolo in un match passato alla piccola storia del tennis negli ottavi di Wimbledon 2014. Si è ripetuto ieri nel secondo turno dell’Abierto Mexicano de Tennis, spuntandola – nemmeno lui sa come – in 3h05′ per 3-6 7-6 7-6, dopo aver salvato pure tre match-point nel tie-break finale. Eppure dopo mezz’ora, chiuso il primo set, Nick era lì che spiegava al fisioterapista che pensava di ritirarsi. «Non ce la faccio a giocare, provo solo un paio di game». Match chiuso? Macchè: Kyrgios-time. Colpi folli (vedi un rovescio in back vincente giocato spalle alla rete da fuori del campo), palle-break salvate, gesti alla Mourinho indirizzati al pubblico che lo fischiava dopo uno scambio buttato via. Un momento era appoggiato alla racchetta, apparentemente groggy; quello dopo fiondava il diritto fotonico, spettinando le certezze del campeon […] Nel tie-break decisivo è andato sotto 6-3: il primo match-point lo ha salvato con un dropshot, il secondo – dopo aver cambiato racchetta fra prima e seconda di servizio – con una volée che ha toccato nastro e riga. Il terzo gliel’ha regalato un rovescio sbagliato di Nadal, che è poi crollato tirandosi un doppio fallo sui piedi e sparando out un altro rovescio. «Rafa è un campione incredibile, uno dei più grandi di sempre», ha risposto più tardi Kyrgios, arrivato in Messico con 2 partite vinte in 5 incontri nel 2019. «Ma Rafa è molto diverso da me. Non sa niente di cosa ho dovuto affrontare, di come sono veramente. Lui è lentissimo fra uno scambio e l’altro, anche alla risposta quando il regolamento dice che bisognerebbe adattarsi al ritmo di chi serve. Ma non voglio giudicare né lui né il suo tennis. Non siamo tutti uguali. Abbiamo giocato molto bene entrambi, lo sport è fatto così. Per me è una vittoria enorme, stavo faticando molto. Non baderò minimamente alle critiche che mi ha fatto»[…]

La quota 100 di Federer, collezionista di tornei (Paolo Rossi, Repubblica)

Anche lui è in cerca della sua quota 100, cifra perfetta e simbolica. Lui, Roger Federer. Il candidato per essere il Goat (il più grande di tutti i tempi), Mister 20 Slam e, lui spera, l’uomo dei cento tornei. Deve ancora vincere due partite a Dubai, però: semifinale e, eventualmente, finale. Ci riuscisse, sarebbe un altro segno del destino: Dubai è una delle sue residenze. È dove effettua la sua preparazione invernale. Ci tiene Roger, a entrare in tripla cifra: al momento c’è un solo tennista nel libro dei numeri che possiede il record, ed è Jimmy Connors che ha fermato la sua carriera a 109 trionfi. Lo svizzero non pensa a questa rimonta, «ma ai cento tornei sì: è un’idea che mi intriga, un obiettivo alla portata». Probabilmente ci riuscirà, in fondo tutto il mondo del tennis attende questo momento per concedergli l’ennesima celebrazione, un ultimo affettuoso applauso. Molto più difficile invece che Federer possa inseguire Ken Rosewall, che finì di vincere tornei a Hong Kong nel 1977, alla veneranda età di 43 anni. «Una delle cose che mi permettono di giocare ancora ad alto livello è che conosco bene il mio corpo: capisco quando ho male e posso continuare e quando invece ho male e devo fermarmi». Solo un feeling di questa sensibilità, e una gestione di questo tipo gli poteva consentire una carriera così ricca e longeva. Sembra ieri Milano 2001, la prima città a premiarlo, con quel codino un po’ ribelle che ha poi lasciato spazio alla crescita dell’uomo prima ancora che del tennista, che ha fatto dell’eleganza il suo stile, abbandonando le imprecazioni giovanili e certe rotture nervose delle racchette. Che viaggio, quello di Federer […] Questa è in fondo la sua vera grande bellezza: l’amore per questo sport, nonostante i cento milioni di euro (solo come montepremi) li abbia incassati da quel dì, per non parlare degli sponsor (basti pensare solo all’ultimo arrivato, Uniqlo, che per vestire lo svizzero ha speso trecento milioni di dollari) […]

Cecchinato: “Un clic nella testa e ho preso il volo. Sogno la Davis, l’Italia può farcela” (Doriano Rabotti, Giorno – Carlino – Nazione Sport)

Il numero uno è il più pesante da portare. Marco Cecchinato è diventato il miglior tennista italiano scalando il ranking mondiale fino alla posizione numero 16, un punto e una piazza davanti a Fabio Fognini. Merito di un’annata straordinaria e di un inizio di 2019 da incorniciare, con il successo a Buenos Aires. Ora all’orizzonte c’è il cemento dei tornei americani e qualche piccolo cambiamento organizzativo, nato nel cuore della Virtus Bologna dove si allena quando non è in giro per il mondo. Cecchinato quanto pesa essere il migliore degli italiani? «È quello che ho sempre sognato fin da piccolo, ciò per cui ho fatto sacrifici spostandomi giovanissimo da Palermo a Bolzano, dove vivevo da solo e vi assicuro che era dura. È anche un onore aver sorpassato Fognini, che per tutti noi rimane un punto di riferimento per tutto quello che ha fatto, anche in Davis». Ecco, la Davis: dove possiamo arrivare? «Abbiamo un girone durissimo, contro Canada e Stati Uniti. Ma mi sbilancio: se passiamo il girone, possiamo anche puntare a vincerla». Addirittura. Cecchinato, lei è esploso relativamente tardi. Come se lo spiega? «Intanto a 26 anni sono ancora un ragazzino (ride). Diciamo che non è stata una sola, la cosa che mi ha fatto crescere. Ho cambiato la mentalità, e ho persone che mi danno supporto nei momenti difficili, dal mio manager Luigi Sangermano, al preparatore Umberto Ferrara che per me è come un secondo padre, all’allenatore Simone Vagnozzi. C’è stato un clic nella mia testa». Qualcuno dice che sia merito della sua fidanzata. «Gaia è una parte del segreto, sicuramente. Lei è fondamentale nella mia vita, siamo molto compatti» […] Quest’anno la sfida è diversa: a differenza delle annate precedenti, avrà tanti punti da difendere… «Intanto ho iniziato bene facendone già 350. So benissimo che sarà difficile replicare una semifinale a Roland Garros, ma non sono uno che si pone limiti in partenza». Punta a entrare tra i prim dieci? «Non voglio dirlo, diciamo che il mio obiettivo è stare bene fisicamente e rimanere concentrato, sono sicuro che i risultati arriveranno. Ho raggiunto il miglior ranking della mia carriera, ma non mi voglio fermare qui. C’è ancora tanto lavoro da fare, io sono pronto».

ATP, l’ultima carta di Ilotte: incontra Giorgetti a Chicago (Diego Longhin – Jacopo Ricca, Repubblica Torino)

Il presidente della Camera di commercio non si dà ancora per vinto. E sfrutta l’ultima missione negli Stati Uniti per perorare la causa Torino e la candidatura agli Atp Finals, uno dei più importanti eventi mondiali del tennis. «Incontrerò il sottosegretario Giorgetti domani sera (questa sera, ndr) a Chicago. Sarà l’occasione per parlargli di Atp. Sono in contatto con la sindaca. Al momento non mi sembra che ci siano novità». E la stessa Appendino potrebbe giocarsi come ultima carta quella delle dimissioni. Almeno questo rimbalza tra Torino e Roma negli ambienti pentastellati, senza però trovare nessuna conferma. Certo, per Torino, per il mondo imprenditoriale e non solo, dopo il no alle Olimpiadi del 2026, i balletti attorno al futuro della Tav, sarebbe dura digerire il fallimento della candidatura alle Atp per la mancanza delle coperture non fornite da un governo amico di Appendino, almeno al 50 per cento. La proroga concessa dagli organizzatori dell’Atp è ormai scaduta e non sembra che da parte del governo ci sia l’intenzione di inviare una proposta di copertura finanziaria per i 78 milioni su cinque anni. La Federtennis ieri sera o al massimo questa mattina dovrebbe far partire una lettera per comunicare che nulla è cambiato rispetto a quindici giorni fa e che da parte del governo non c’è nessun impegno rispetto al versamento della fidejussione richiesta dall’associazione dei tennisti professionisti. Non una vera rinuncia ma una dichiarazione di resa che metterebbe all’ultimo posto Torino tra le città candidate. La città è entrata nella short list per le edizioni 2021-2025. Kermesse al centro di un braccio di ferro tra M5s e Lega e Giorgetti, che è negli Stati Uniti fino all’inizio della prossima settimana, ha negato la copertura. Al centro sembra esserci anche la volontà del Carroccio di avere il via libera dai 5 Stelle sul sostengo alla candidatura alle Olimpiadi invernali del 2026 di Milano-Cortina. La sindaca Chiara Appendino continua a pressare il premier Giuseppe Conte. Ed ha ripetuto chiaramente, anche dopo l’impegno dei privati e del “Sistema Torino” di mettere tra 1,5 e 2,5 milioni a copertura parziale dei 18 milioni che lo Stato deve mettere per il primo anno, che senza la copertura del governo Torino non può accedere alla fase finale. La corsa finisce qui, a meno di miracoli. Al Coni e alla Federtennis bocche cucite. Non ci sarà nessuna comunicazione ufficiale da parte di Federtennis perché la federazione, che aveva preso l’iniziativa di candidare l’Italia e Torino, non vuole assumersi la responsabilità di un fallimento. La Fit non può nemmeno assumersi l’onore finanziario di una fidejussione da 78 milioni che supera di molto il suo bilancio annuale […]

Federtennis scrive all’ATP: per Torino al momento niente garanzie (Giorgia Mecca – Giulia Ricci, Corriere Torino)

Il sogno di giocare le finali del grande campionato di tennis a Torino è sempre più lontano. La proroga non è servita a niente: questa notte è scaduto il tempo che l’Atp aveva concesso a tutti i cinque Paesi candidati per ottenere dal governo una fidejussione da 78 milioni di euro. E in dieci giorni, da Roma, nessuno ha battuto ciglio. Così la Federazione Italiana Tennis ne ha preso atto. E ieri ha inviato una lettera al responsabili del torneo. Il contenuto è chiaro ed è una fotografia della situazione attuale: mancano i presupposti economici per presentare una candidatura ufficiale. «Si tratta di una comunicazione doverosa, dato che ormai era scaduta la proroga di dieci giorni e la Atp si aspettava una risposta», commentano dalla Fit. La lettera, precisano da Roma, non è una rinuncia ufficiale; c’è chi infatti continua a sperare, con un po’ di ottimismo, che l’associazione anglosassone decida di aprire una nuova trattativa per non rinunciare a una delle città candidate. Ma servono i soldi per continuare sperare. E non basta il supporto economico degli investitori privati che hanno deciso di prendere parte al progetto, con due milioni di euro all’anno per cinque anni, grazie al supporto soprattutto di Lavazza e del fondatore di Robe di Kappa, Marco Boglione. Serve la garanzia da parte di Palazzo Chigi: l’ultima possibilità è la legge di iniziativa parlamentare del capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari. Ma potrebbe essere ormai troppo tardi. II primo no è arrivato circa tre settimane fa, quando i sottosegretari Simone Valente (M5S) e Giancarlo Giorgetti (Lega) non hanno trovato l’accordo sulla fidejussione […] Tra pochi giorni, il 5 marzo, a Indian Wells in California, si riuniranno i membri dell’associazione guidata da Chris Kermode che entro il 14 marzo dovrà decidere a chi assegnare le Atp Finals dal 2021 al 2025. Le città candidate, oltre a Torino, sono Tokyo, Manchester, Singapore e Londra. Il capoluogo sabaudo aveva superato la prima selezione nel mese di dicembre, dopo un sopralluogo da parte dei responsabili delle Finals che avevano apprezzato la città e il Pala Alpitour, eventuale sede dei giochi, che rispondeva ai requisiti richiesti dall’organizzazione del torneo, un evento secondo per importanza soltanto ai quattro Slam. La scorsa edizione, che si è giocata alla 02 Arena di Londra, è stata trasmessa in 180 Paesi, seguita in tv da 95 milioni di persone e da circa 245 mila spettatori paganti.

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