Ciò che tocca Nicolàs Massu, di questi tempi, diventa oro. In un paio di settimane di collaborazione, l’ex tennista e oggi capitano di Davis cileno ha accompagnato Dominic Thiem alla conquista del suo primo mille. Lo stesso austriaco, nel commentare l’impresa della finale vinta a Indian Wells su Roger Federer, non ha esitato a riconoscere i meriti del suo nuovo angolo: “È grandioso averlo nel mio box perché è molto motivato e trasmette queste motivazioni a me sul campo. Ci siamo allenati molto duramente prima di Indian Wells; in 12-13 giorni sono passato dal non essere in gran forma a essere il campione di un torneo così importante. È un risultato incredibile che dipende anche da lui”.
EFFETTO SORPRESA – Investitura che lascia intendere come la collaborazione possa stabilizzarsi almeno sul medio termine. “Negli ultimi 40 giorni mi sono successe cose piacevoli – sorride Massu in un’intervista concessa al sito ATP -. Con il Cile siamo tornati nel World Group di Coppa Davis dopo otto anni, poi ho iniziato a lavorare con Domi a Buenos Aires e appena al terzo torneo insieme l’ho visto vincere a Indian Wells, tra l’altro sul cemento, superficie per la quale mi ha voluto al suo fianco. Anche dal mio punto di vista ritengo questa situazione incredibile: ho un accademia in Cile, ma mai ho allenato un giocatore con queste caratteristiche né mai ho viaggiato per tornei in queste vesti“.
PRIMA IL FISICO – Pur trattandosi di un periodo così breve, Massu ha seguito una sua snella tabella di marcia nel pianificare l’avvicinamento dell’attuale numero quatto del mondo al Sunshine Double. “La priorità è stata il recupero fisico, perché arrivava da qualche difficoltà tra la fine del 2018 e le prime settimane dell’anno in corso. Perdere subito a Rio si è rivelata paradossalmente una fortuna, potendo così arrivare a Indian Wells con due settimane di anticipo“.
“MI CI RIVEDO…” – L’ex numero nove del mondo (era il 2004) trova anche alcune analogie tra i migliori anni della sua carriera e le caratteristiche di gioco del suo attuale allievo. “Chiaramente abbiamo una personalità diversa – racconta -, basterebbe dire che io sono cileno, lui austriaco. Però ci completiamo. E mi ricorda qualcosa del mio modo di giocare, dal servizio in kick al tentativo di spostarsi sempre sul dritto. Ho a che fare con un gran giocatore e con una persona ancora migliore”.