L'abdicazione del factotum Justin

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L’abdicazione del factotum Justin

Dopo l’ammissione di colpevolezza nella causa per aggressione, il coro di proteste spinge Justin Gimelstob a dimettersi da ATP e Tennis Channel. È la fine della corsa per lui?

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Justin Gimelstob (foto Facebook @justingimelstob)
 

Ci è voluto un po’ di tempo, e il pubblico intervento di addetti ai lavori e qualche giocatore (Stan Wawrinka e Andy Murray i più decisi tra tutti), ma alla fine Justin Gimelstob ha dovuto arrendersi all’evidenza che la sua situazione personale è diventata incompatibile con il suo ruolo ufficiale all’interno dell’ATP e, in generale, all’interno dell’establishment del tennis.

La sua decisione di non contestare le accuse di aggressione aggravata nei confronti di Randall Kaplan se da un lato ha risparmiato a Gimelstob la prigione, dall’altra gli ha impedito di portare avanti una linea difensiva in sede legale, finendo per dichiararsi implicitamente colpevole di un crimine molto più grave agli occhi dell’opinione pubblica di quanto non sia stato almeno formalmente derubricato dal patteggiamento con il procuratore distrettuale di Los Angeles.

Mentre il procedimento giudiziario era in corso, Gimelstob aveva deciso di prendere un’aspettativa dal suo ruolo con l’emittente americana Tennis Channel, ma era rimasto in carica come rappresentante dei giocatori nel Board of Directors dell’ATP. Il suo mandato è in scadenza e un nuovo rappresentante sarà votato il 14 maggio durante gli Internazionali BNL d’Italia a Roma. Negli ultimi giorni erano diventate sempre più forti le voci che chiedevano un’alternativa a Gimelstob nel consiglio, per evitare che potesse essere rieletto per mancanza di avversari: diversi candidati erano quindi emersi, dall’allenatore di Dimitrov Dani Vallverdu agli ex top-10 statunitensi Tim Mayotte e Brad Gilbert, ma sembra che i loro sforzi non necessari dal momento che durante la giornata di mercoledì, con una dichiarazione via Facebook, Gimelstob ha annunciato le sue dimissioni dal Board ATP.

I am resigning effective immediately from the ATP Board of Directors. It has been an honor and a privilege to hold…

Pubblicato da Justin Gimelstob su Mercoledì 1 maggio 2019

È stato un onore e un privilegio ricoprire questo incarico per gli ultimi 11 anni […] Le scelte che ho fatto e le mie azioni dello scorso Halloween non mi consentono più di rappresentare al meglio i giocatori e l’ATP […] Ora più che mai mi rendo conto che chi viene eletto a posizioni di responsabilità deve mantenersi ai più elevati standard di condotta, e quella notte l’ottobre scorso io ho mancato di mantenere quegli standard”.

Gimelstob dunque non ha nemmeno atteso la scadenza naturale del suo mandato, che sarebbe terminato alla fine del 2019 a meno di un’azione unanime degli altri membri del Council che avrebbero potuto rimuoverlo dalla sua posizione. Ha invece rassegnato le dimissioni dal suo ruolo nell’ATP e, poche ore dopo, anche dalla sua posizione con Tennis Channel, per il quale era comunque in aspettativa. Era ormai evidente che la sua permanenza all’interno dell’establishment tennistico non poteva più essere tollerata, e anche a causa dei problemi che aveva avuto in passato a causa di dichiarazioni smaccatamente sessiste rilasciate durante un’intervista radiofonica e mai dimenticate dai suoi detrattori.

Nel frattempo erano emersi anche altri dettagli, sconosciuti ai più, che rendevano ancora più discutibile la posizione ricoperta da Gimelstob all’interno dell’ATP per così tanto tempo: la sua società di produzione televisiva, la Without Limit Production, è responsabile dal 2013 della produzione di ATP World Tour Uncovered, il video magazine dell’ATP trasmesso in oltre 150 Paesi al mondo ad un’audience di oltre 60 milioni di spettatori. La società di Gimelstob è quindi un fornitore da cui l’ATP regolarmente compra servizi per un valore imprecisato. Si tratta ovviamente di un flagrante conflitto d’interessi che si aggiunge alle altre dubbie situazioni di cui Gimelstob si è reso protagonista nel corso della sua carriera manageriale e che alla fine lo hanno costretto alle dimissioni.

Con la fedina penale tecnicamente pulita ma con pesanti limiti imposti dal giudice alla sua libertà personale (dalla possibilità di possedere armi da fuoco al diritto di voto) a causa di quest’ultimo patteggiamento, e con una dura battaglia legale con l’ex moglie per l’affidamento dei suoi figli che già gli è costata oltre 4 milioni di dollari in spese legali, Justin Gimelstob sembra dunque uscire almeno per qualche tempo da quel mondo cui ha sempre appartenuto e nel quale nessuno sembra disposto a perdonare le sue indiscrezioni, prima con la lingua e ora con i pugni. Difficile dire se ci sarà una seconda possibilità per lui, ma al momento sembra abbastanza probabile che quest’abbandono possa essere definitivo.

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