Federer? Un terraiolo proprio scarso. Nadal? Meglio il suo record o quello di Martic?

Editoriali del Direttore

Federer? Un terraiolo proprio scarso. Nadal? Meglio il suo record o quello di Martic?

PARIGI – Caruso sogna di ripetere il “miracolo siculCecchinato”, Fognini che Khachanov, del Potro, Monfils e Wawrinka non vincano più e lui sì

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Roger Federer - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

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Ieri sia Rafa Nadal sia Roger Federer hanno raggiunto entrambi per la quattordicesima volta gli ottavi del Roland Garros, battendo il record dell’americano Budge Patty… il che ci consente di ripercorrere un minimo di storia del tennis.

Chi era Budge Patty? Beh, uno dei due americani che è stato capace di vincere nello stesso anno sia il Roland Garros sia Wimbledon. Lui ci riuscì nel 1950, l’altro americano fu Tony Trabert che compì la stessa impresa nel ’54. Ricordo bene che quando Michael Chang vinse il Roland Garros nell’89 (grazie a quella famosissima vittoria negli ottavi su Lendl, il servizio dal sotto che fece schiumare di rabbia Ivan, l’avanzamento sulla risposta al servizio sul matchpoint che fece fare doppio fallo a Ivan… e poi in finale su Edberg) scrissi che erano 25 anni che nessun americano era più riuscito a trionfare a Parigi. Budge Patty è stato n.1 degli Stati Uniti quando le classifiche mondiali, ancora non computerizzate, erano per più della metà dei top 100 erano americani o australiani.

Tornando ai nostri giorni non poteva certo sorprendere che Rafa Nadal, avendo vinto questo torneo 11 volte, avesse raggiunto gli ottavi tre volte di più. Ma tutti coloro che hanno scritto o pensato che Roger Federer non sia stato anche un grandissimo giocatore da terra battuta, soltanto perché ha vinto il Roland Garros appena una volta (nel 2009, quando Soderling il 31 maggio eliminò Nadal e… ieri c’era chi celebrava quest’anniversario!), magari si sono stupiti un po’. Colpa di una certa ignoranza però, perché Federer che ha saltato le ultime tre edizioni ha perso qui quattro finali (tutte contro Nadal: tre di fila nel 2006-07-08 e una nel 2011), oltre a due semifinali e quattro quarti di finale. Quanti grandi specialisti della terra battuta – o considerati tali – avrebbero pagato di tasca loro per poter vantare un curriculum del genere?

La sfortuna di Roger è stata quella di essersi imbattuto in Rafa, semplice. E viceversa, perché di sicuro Rafa avrebbe potuto vincere qualche Slam in più se non ci fosse stato Roger. Idem Djokovic che è arrivato un tantino dopo ed è stato sempre costretto a inseguire… ma a sentire Mats Wilander, e non solo lui, ha discrete chances di sorpassare entrambi nel conto degli Slam. Ieri Federer ha rischiato di perdere un set contro il norvegese Ruud, giustiziere implacabile due giorni prima del nostro spento Berrettini, ma annullatogli un setpoint nel tiebreak che ha deciso il terzo (63 61 76(8)) ha chiuso la sua partita n.400 al quarto matchpoint. Con 345 vittorie colui che non sarebbe tanto bravo sulla terra rossa ha una percentuale di successi dell’86,25%. Che pena, ma non si vergogna?

Anche Rafa Nadal, vittorioso in 4 set sul belga David Goffin, dovrebbe arrossire per essersi fatto strappare un set, una volta dominati i primi due. Ne aveva vinti 56 di fila nella prima settimana del Roland Garros, cioè nei primi tre turni. L’ultimo che si era permesso lo sgarbo di portargli via un set – ripeto, nei primi tre turni – era stato Martin Klizan nel 2013. Non c’è più religione. Anche quest’anno il maiorchino non riuscirà a vincere il torneo mantenendo la fedina penale immacolata. In 11 cammini trionfali c’era riuscito soltanto nel 2008, nel 2010, nel 2017. Roba da farsi venire dei complessi.

Che Rafa versi in un preoccupante calo di forma è acclarato: ieri contro Goffin il suo dritto più liftato ha impresso soltanto 4372 rotazioni alla palla più arrotata. In passato arrivava tranquillamente intorno alle 5000 rotazioni. Si invecchia tutti, rassegniamoci. Ah, dimenticavo: sapete qual è la media delle rotazioni impresse dagli altri tennisti che usano il dritto liftato? Circa 2500. No comment. Però non si offenda Rafa se qualcuno lo definisce il principe degli arrotini. Rafa al prossimo turno incontrerà un… emulo di Goffin. L’argentino Juan Ignacio Londero, infatti, essendo venuto a capo del francesino Moutet dopo una maratona, è il primo tennista a raggiungere gli ottavi a Parigi al suo primissimo Slam, proprio come accadde per ultimo proprio a Goffin nel 2012.

Rafa Nadal – Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell’Olivo

Anche per Federer l’avversario sarà un argentino, ma di lungo corso, Leo Mayer, emerso prima dal derby con Schwartzman e poi dal duello con Mahut al canto del cigno, con spettatori commossi fino alle lacrime sugli spalti, il figlioletto che è corso in campo ad abbracciarlo, scene da libro Cuore. Mayer ha perso tre volte su tre con Roger, la prima nel 2014 a Shanghai quando ebbe qualche matchpoint. Roger li annullò e più in là vinse il torneo. Scommettete, voi che potete eh, che sia Rafa sia Federer arriveranno nei quarti? Roger forse con un osso duro come Tsitsipas, anche se il greco deve ancora chiudere il match con Krajinovic e poi il vincente di Wawrinka-Dimitrov sospeso ieri per oscurità quando lo svizzero era avanti due set a zero (entrambi vinti al tiebreak).

Oggi ovviamente noi italiani seguiremo con grande interesse Fognini alle prese con Bautista Agut, battuto sei volte su otto e ci auguriamo di assistere alla settima, e sogneremo un nuovo “miracolo Cecchinato”, Caruso contro Djokovic giusto per rispettare una bella tradizione siciliana. Se riesco vorrei dare un’altra occhiata al francese Hoang contro Monfils. Contro Verdasco mi ha fatto una discreta impressione. Non l’avevo mai visto, lo rivedrei volentieri.

Comunque avrete capito dai nomi che ho citato fin qui che nel singolare maschile i grandi favoriti sono ancora tutti lì, in corsa, pronti per lo sprint finale.

Fra le donne il contrario. Fra le donne in campo oggi mi ha colpito una curiosità statistica: tranne Halep che ha battuto Tsurenko sette volte, e Osaka che ha vinto l’unico duello con Siniakova, tutti gli altri sono match inediti. Strano no? Sarà perché troppe big sono tornate a casa. Dopo il ko del primo giorno di Kerber (testa di serie n.5), i ritiri delle sfortunate Kvitova n.6 e Bertens n.4, ha dovuto abbandonare le speranze di spodestare Naomi Osaka dal numero 1 anche Karolina Pliskova (n.2), battuta nettamente, un duplice 6-3 dalla croata Martic, n.31 WTA, che raggiunge per la quinta volta gli ottavi di uno Slam e per la terza volta a Parigi. Pliskova forse non è riuscita a togliersi dalla testa che con Martic ci aveva perso tre volte, sia pure ai tempi in cui lei era piccola (non di statura).

Ricordo che a fine 2014 io scrissi un articolo poco lusinghiero e certo per Petra Martic poco simpatico visto che lei si stava – infortunata e sfortunata – battendo contro non ricordo più quale malanno, ma colse un record negativo molto particolare.Nel 2014 in Australia aveva perso al primo turno dalla tedesca Beck 60 60. Venne al Roland Garros e si ritirò sul 50 per Svitolina, sempre al primo turno. Primo turno anche a Wimbledon: finalmente fece un game! Perse infatti sull’erba 60 61 da Lourdes Lino. Insomma in 3 primi turni fece 1 game e… incamerò più di 100.000 dollari!

Le servirono per l’attività del 2015? Mica tanto. Giocò altri due Slam, in Australia e a Parigi. Indovinate che fece? Perse al primo turno. Ok, era emersa dalla qualificazioni, ma con Maria Sharapova perse 64 61. Anche a Parigi passò le qualificazioni, ma di nuovo il primo turno le fu fatale: 62 75 da Muguruza. Cinque primi turni: 13 game. Media 2,6 game a match. Prizemoney? Più di 160.000 dollari. Niente male. A Wimbledon 2015 il primo turno, quella volta, fu nelle qualificazioni. Niente tabellone. Anche all’US Open la corsa, si fa per dire, si arrestò nelle “quali”. Nel 2016 zero tabelloni, ma tre tentativi di qualificarsi, tutti falliti: Australia, Parigi, Wimbledon. Vabbè, scusate la cattiveria, ho maramaldeggiato anche questa volta. E sì che Petra mi sta pure simpatica. Che brutto mestiere quello del giornalista. Quasi quasi mi… toglierei l’accredito in via permanente.

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