Federer: "Se invecchiando diventa più difficile chiudere le partite? No!"

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Federer: “Se invecchiando diventa più difficile chiudere le partite? No!”

Lo svizzero in conferenza stampa: “Se avessi voluto evitare Nadal, non avrei scelto di giocare sulla terra. C’è sempre una possibilità, contro chiunque”

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Roger Federer - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Roger Federer ha centrato l’ottava semifinale sui campi del Roland Garros, a un paio di mesi dal compimento dei 38 anni. Un traguardo incredibile, del quale si è ampiamente discusso nella sua ultima conferenza stampa di cui vi proponiamo la traduzione integrale.

Dici di essere venuto al Roland Garros solo per vedere come va e senza pressione, ora sei in semifinale. Come ti fa sentire questa cosa?
Sai com’è, sono soprattutto felice di essere di nuovo in semifinale in uno Slam. Non mi è successo nell’ultimo anno circa. Ho subito alcune brutte sconfitte negli ottavi o ai quarti. Quindi da quel punto di vista ho superato le mie aspettative qui. Dopo aver saltato gli Open di Francia per tutti questi anni è bello essere di nuovo in semifinale, quindi è una sensazione magnifica. E la partita con Stan è stata particolare da tanti punti di vista, io lo conosco talmente bene, e anche lui conosce me, quindi è sempre dura. Se si considera anche la pausa per la pioggia il match è stato molto interessante, ma sono riuscito a tenere i nervi saldi. Adesso ho la partita con Rafa, e sono eccitato ovviamente. Spero di poter recuperare bene nel prossimo paio di giorni, cosa di cui sono certo, e darò tutto venerdì.

Hai finito il match con una volée, e questa settimana hai detto che per giocare bene le volée devi giocare come una pantera. Volevo chiederti se puoi dire che animale credi di essere al servizio e negli altri colpi. Inoltre, hai l’occhio della tigre in questo momento?
Penso che sia sempre l’atteggiamento. Forse guardi l’animale per ispirarti. Non sono sicuro, ma non penso che si possa pensare ad un animale per ogni colpo, è soprattutto una questione di mentalità punto per punto. È come ti impegni al massimo in allenamento, come trovi lo stimolo a girare il mondo. E poi quando arriva il momento decisivo, quando vai a rete, devi farlo con uno scopo. Non puoi farlo solo perché qualcuno ti ha detto così e a te sembra la cosa giusta. Devi andarci e crederci. E mi pare che gli ultimi due punti della partita siano finiti con una volée, quindi è ancora più gratificante vincere in questo modo, almeno per me.

Come hai già detto, sei chiaramente felice di aver raggiunto le semifinali al Roland Garros. Sei contro Rafa. Questa è forse una delle più grandi rivalità dello sport, non solo del tennis. Come la approcci? Ti prepari anche meglio che con gli altri avversari, o lo consideri solo un altro semifinalista?
Beh, ci sono sempre due modi per guardare la cosa. Io ovviamente seguo il mio programma, seguo il mio piano per la partita, quello che il mio gioco mi permette di fare e quali sono le condizioni. Ma con Rafa, soprattutto sulla terra, con i suoi punti forti, con quello che può fare in campo, devi essere consapevole di chi stai affrontando. Voglio dire, devi farlo sempre, ma soprattutto con Rafa. E oltre a ciò, è un mancino, il che cambia tutto. Ho due giorni, il che è positivo direi. È meglio di uno, è meglio che non averne. Quindi dal quel punto di vista posso allenarmi di più sui mancini, i servizi e tutto il resto. Visto che finora ho affrontato cinque giocatori, tutti destri, per me è un cambio totale. Anche solo come la palla ti esce dalle corde con le rotazioni diverse, è proprio un’altra cosa. Quindi bisogna abituarsi in fretta, non c’è tempo da perdere. È per questo che devo affrontare senza paura le palle in rotazione, quelle tagliate, quelle in kick, ed è ciò che farò venerdì.

Prima in spagnolo gli hanno riferito quello che hai detto in campo, che sei felice di essere in semifinale e di affrontarlo. E lui ha risposto che crede alla prima parte, ma non troppo alla seconda. Perché, come sai, l’ultima volta che hai battuto Rafa sulla terra è stato a Madrid nel 2009 e nel 2007 ad Amburgo. Quindi, dopo tutti questi anni, cosa può essere cambiato da renderti più ottimista prima di affrontarlo?
Come contro chiunque, c’è sempre una possibilità. Altrimenti nessuno starebbe a guardarla sugli spalti perché saprebbe già il risultato. E penso che sia lo sport, che ogni partita deve essere giocata per essere decisa. Ed è quello che pensa chiunque affronti Rafa, sanno che sarà difficile, ma non si può mai dire. Potrebbe avere un problema, potrebbe stare male. Non puoi saperlo, magari giochi alla grande, o magari lui fa fatica. Magari c’è un vento incredibile, pioggia, dieci interruzioni per pioggia. Semplicemente non lo sai, quindi devi essere in quella posizione. Per me arrivare a Rafa non è facile, ho dovuto vincere cinque match per arrivare qui. È per questo che sono felice di giocare contro Rafa, perché se vuoi ottenere qualcosa sulla terra, inevitabilmente ad un certo punto dovrai affrontarlo, perché è forte e sarà lì. Quando ho deciso di giocare sulla terra era quello che speravo accadesse. Se avessi avuto l’intenzione di evitarlo, non avrei giocato su questa superficie. Credo che questa mentalità mi abbia aiutato a giocare bene qui.

Qualche volta nel corso della tua carriera hai detto che Rafa è l’unico giocatore per cui hai provato a cambiare il tuo gioco, specialmente sulla terra. Pensi che affrontandolo ora giocherai con il tuo stile naturale? È cambiato da quando hai modificato il tuo gioco?
Contro un mancino non è mai naturale, Rafa o altri. Semplicemente cambia tutto. Giochiamo l’80% delle volte contro destrimani, e quando giochiamo con un mancino è una partita diversa, interessante. Un tempo lo odiavo, ora mi piace, perché contro di loro è uno stimolo, e lui è il migliore che abbia mai affrontato. Non vedo l’ora di affrontare la sfida.

Cambio leggermente argomento. Voi ragazzi, tu, Rafa e Novak, avete salutato Andy Murray per il suo ritiro durante gli Australian Open. Avete girato un video in cui dicevate di essere dispiaciuti perché stava lasciando lo sport. Mi chiedo, come reagisci alla notizia che verrà al Queen’s e giocherà a tennis a livello professionistico tra un paio di settimane? Sei sorpreso che sia riuscito a tornare così velocemente?
Non molto. L’Australian Open è all’inizio dell’anno, e lui torna per giocare il doppio. Quindi da quel punto di vista lo sa lui. Lo sa solo lui. E da quel che avevo sentito alla conferenza stampa poteva essere la fine della sua carriera, quindi ci era stato chiesto “potete fare un videomessaggio?”. “Va bene, faremo un video”, ma speravamo che non fosse veramente così. Penso che sia lo stesso per Andy. Quando l’ho visto dopo la sua partita contro Bautista Agut mi pare, anche io avevo appena vinto il mio match. L’ho incontrato negli spogliatoi e gli ho chiesto come andasse, e se si stesse veramente ritirando. Lui non lo sapeva. Quindi ho pensato che ci fosse qualche malinteso o che lui stesso non fosse ancora sicuro. Penso che sia stato un momento molto emozionante, visto anche che c’eravate quasi tutti. Penso che fosse ad un momento di rottura in cui aveva appena realizzato di non poter più continuare in quel modo. È successo anche a me, come a Wimbledon nel 2016, quando ho capito di non poter continuare a fare quello che faccio in quella maniera. Non era più salutare, semplicemente. Era in quel momento e lo aveva appena realizzato. Quando abbiamo capito che non era sicuro speravamo tutti che tornasse. E da quel che ho sentito, ci sono due punti di vista: la sua salute viene  prima di tutto, e vogliamo che Andy stia bene, prima di essere un giocatore di tennis. Ma se oltre a ciò dovesse anche riuscire a giocare a tennis, sarebbe un super bonus. E credo che tutti noi top player saremmo entusiasti di vederlo tornare nel tour.

Hai avuto un sacco di palle break, difficili da convertire oggi, e chiudere è stato abbastanza complicato. Credo che tu abbia fatto un paio di doppi falli nell’ultimo gioco. Mats Wilander dice che invecchiando la pressione per te diventa più difficile da gestire. Mi chiedo se chiudere le partite oggi stia diventando un po’ più difficile per te.
No (ride). E salutatemi Mats. Non la prendo sul personale, ma comunque mandategli i miei saluti.

Mats Wilander – Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

La resistenza fisica di Stan ti ha stupito?
No, assolutamente. A meno che non sia infortunato, è in forma. Forse non mi sarebbe sembrato così veloce se fosse stato infortunato, voi potete pensare che non sia veloce come potrebbe, ma a me non è parso. Mi aspettavo un match difficile. Non è stato esplosivo sulla terra, soprattutto se gioca da molto dietro, e anche io ho deciso di giocare da dietro. Quindi abbiamo trovato un ritmo che andasse bene per entrambi. Non so, forse per me sarebbe stato meglio giocare più avanti e prendere la palla prima? Ma ha funzionato, e ne sono felice. Non mi stupisce che abbia raggiunto questo livello, perché sappiamo quanto sia forte mentalmente e fisicamente.

Hai potuto guardare le partite di Rafa in queste due settimane, pensando che magari l’avresti affrontato, oppure hai preferito non pensare a questa eventualità?
Beh, l’ho guardato giocare. Non ricordo quando, ma non ho guardato le sue partite pensando a cosa avrei fatto contro di lui, ho guardato i match come qualsiasi appassionato. Sinceramente non ne ho viste molte, l’ho visto giocare soprattutto a Roma e Madrid. Ma è sempre lui, è rimasto lo stesso in tutti questi anni.

Traduzione a cura di Alberto Tedesco

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