Parigi dà, Parigi toglie: un anno di Marco Cecchinato

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Parigi dà, Parigi toglie: un anno di Marco Cecchinato

Dalla semifinale del Roland Garros 2018, al primo turno del 2019. Dall’obiettivo top 10, al numero 40 del mondo. Da Vagnozzi a Uros Vico. Un bilancio degli ultimi 12 mesi di Marco, che oggi debutta sull’erba del Queen’s contro Raonic

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Marco Cecchinato - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

È il 18 giugno 2019 e due settimane fa Marco Cecchinato ha perso il suo incontro di primo turno al Roland Garros, facendosi rimontare due set da Nicolas Mahut (non certamente avvezzo alla terra battuta). È invece notizia di una settimana la separazione con il suo allenatore Simone Vagnozzi (potete leggere qui l’intervista realizzata con lui dal direttore), con cui ha condiviso tutta la fase ascendente della sua carriera. Un anno fa tutto questo non sembrava possibile. Dopo la storica vittoria contro Novak Djokovic a Parigi, e una sconfitta onorevole in semifinale contro Thiem, per Marco Cecchinato sembravano essersi aperte le porte di orizzonti inesplorati da decenni nel tennis italiano.

La vittoria di Umago a luglio 2018 aveva lasciato la sensazione di un giocatore che era esattamente quello visto al Roland Garros, un top 5 sulla terra. Fino a qui, tutto bene. Ma come continua un noto film, il problema “non è la caduta, ma l’atterraggio”, che in questo caso è ben rappresentato dai 720 punti persi con la sconfitta contro Mahut. Quello che vogliamo fare è provare a riavvolgere il nastro, partendo proprio dal post Roland Garros per vedere cosa è andato storto nella stagione e soprattutto nel tennis di Marco Cecchinato.

Marco Cecchinato – Roland Garros 2018 (foto via Twitter, @rolandgarros)

DA PARIGI A LONDRA – Dopo la sbornia del Roland Garros l’avventura di Cecchinato sull’erba non partiva con premesse incoraggianti. In tutta la carriera aveva giocato solamente una partita sull’erba, al primo turno di Wimbledon 2017 contro Nishikori (sconfitto 6-2 6-2 6-0). In generale proprio il gioco di Cecchinato, estremamente tarato per la terra battuta con il suo spin su dritto e rovescio, non dava molte speranze per una grande stagione su erba. Quindi non c’erano molte pressioni per Cecchinato ai nastri di partenza di Eastbourne 2018, dove si presentava come quarta testa di serie. Alla fine raggiunge un buon risultato, perdendo solo in semifinale contro Lacko, giocatore molto più adatto alla superficie. In generale nelle sfide vinte con Millman (5-7 6-3 6-2) e Istomin (4-6 6-4 7-5) si intravedeva un giocatore non proprio da erba ma che aveva comunque nel servizio e nel dritto due buone armi per non sfigurare sui prati.

A Wimbledon il sorteggio gli riserva il Next Gen De Minaur, di sette anni più giovane ma con già trenta partite sull’erba in carriera e generalmente dei colpi molto più piatti e adatti al veloce. La partita è molto lottata e dopo aver perso il primo set Cecchinato sembra addirittura poterla rimettere in carreggiata, ma paradossalmente il tennista australiano fa valere la miglior esperienza sulla superficie e chiude 6-4 6-7 7-6 6-4. In sostanza si può definire la stagione 2018 sull’erba come discreta, contando le premesse iniziali e la poca esperienza. Dei miglioramenti sul veloce che potevano far ben sperare in vista dell’estate sul cemento americano, che invece comincerà a mostrare le prime crepe nel gioco di Cecchinato. Ma il calendario ATP viene in aiuto di Marco con una nuova possibilità di riscatto (e di accumulo punti), lo swing estivo su terra, e Ceck decide di giocare Umago e Amburgo.

IL RITORNO SUL ROSSO – In Croazia Cecchinato si presentava come secondo favorito del seeding, con le altre tre teste di serie rappresentate da Dzumhur, Ramos-Vinolas e Rublev (in quel momento storico in cui sembrava ancora una promessa) e altri come Pella, Haase, Fucsovics e Paire. Sicuramente non un tabellone eccellente, ma comunque con tennisti di buon livello ed esperti della superficie. Marco porterà a casa il titolo, soffrendo soltanto all’esordio contro Jiri Vesely, e battendo poi nell’ordine (senza lasciare set per strada) Djere, Trungelliti e Pella. Guardando la finale, la sensazione era che Cecchinato fosse nettamente fuori scala per il livello di un ATP 250, con una brillantezza di tennis, tra palle corte e un dritto alla Fernando Gonzalez, che sembrava confermare il livello raggiunto contro Djokovic a Parigi.

Un’idea non scalfita nemmeno dalla sconfitta contro Monfils al primo turno di Amburgo. Una battuta d’arresto riconducibile al classico teorema per cui chi vince il torneo precedente, perde (quasi) sempre al primo turno di quello successivo. E per Cecchinato arrivava così il primo vero banco di prova per il suo nuovo status, la stagione sul cemento americano. Che poteva addirittura portargli in dote una clamorosa top 10 (Marco era numero 9 della Race in quel momento).

IL FLOP CEMENTO – La prima partita di Cecchinato sul duro è estremamente esemplificativa dell’efficacia del suo tennis sul cemento fino a quel momento. Perde contro Tiafoe (7-6 6-1) a Montréal, dando l’impressione di non riuscire praticamente mai a prendere il tempo in risposta a un ottimo battitore come lo statunitense, una costante delle sue prestazioni sul veloce. Storia simile contro Mannarino a Cincinnati, altro giocatore molto più esperto di lui sulla superficie, dove perde 6(7)-7 6-2 7-6(7) lasciando per strada quattro palle break nel terzo e addirittura un match point sul 6-5 sul servizio di Mannarino.

I miglioramenti sono incoraggianti ma rimane evidente un aspetto del suo tennis sul cemento, scarsa capacità in risposta (soprattutto in relazione all’anticipo sulla palla) e dipendenza quasi totale dal servizio, tanto che le sue partite per tutto il finale di stagione sul cemento avranno punteggi karloviciani con ben dieci tiebreak giocati e numerosissimi set chiusi sul 7-5 o 6-4. Non abbastanza per competere sulla superficie. Cecchinato arriva ai nastri di partenza dell’US Open con zero vittorie sul cemento nel circuito maggiore, ma il sorteggio è favorevole e gli mette contro un Benneteau in odore di ritiro. Cecchinato disputa due set ottimi, finalmente con un’ottima costruzione di gioco, mostrando soprattutto grande confidenza col dritto che sembra finalmente essersi tarato per potenza (sempre avuta) con il duro.

Vince il primo set 6-2 in scioltezza e va subito avanti 2-0 nel secondo, tutto sembra andare nella direzione giusta. Cecchinato però ha un passaggio a vuoto nel game successivo e subisce il controbreak. È la svolta della partita, Benneteau si aggrappa allo schema servizio-dritto e vince il tiebreak del secondo set. Nonostante manchi un’infinità e Benneteau non sembri proprio il Djokovic del 2011, Cecchinato perde completamente intensità da fondo e la partita scivola via 2-6 7-6(5) 6-3 6-4. Una sconfitta per certi versi incredibile, che chiude la parte di stagione sul cemento americano con zero vittorie all’attivo. E si inizia ad intravedere un Cecchinato molto diverso a livello mentale da quello visto sulla terra, molto più bloccato e che tende a disunirsi appena le cose si complicano.

ULTIMI SCAMPOLI DI STAGIONE – La trasferta asiatica riserva molte più soddisfazioni al tennista italiano, che coglie la sua prima vittoria nel circuito maggiore sul cemento (indoor) di San Pietroburgo contro quel Lacko che l’aveva battuto in semifinale ad Eastbourne. Al turno successivo perde 7-6 6-3 contro Bautista-Agut, ma è una sconfitta che può starci, vista la differenza di esperienza sul duro. A Pechino arriva invece la prima vittoria in carriera sul cemento outdoor, battendo un Baghdatis (1-6 6-4 7-5) che lo domina nettamente nel primo set ma che diventa letargico nel prosieguo dell’incontro. L’azzurro viene poi eliminato al turno successivo da Fucsovics in una partita senza storia.

L’apogeo (finora) della carriera di Cecchinato sul veloce è quello del Masters di Shanghai, dove fa una mezza impresa battendo Simon al primo turno, avversario decisamente temibile sul cemento, per 6-7 6-4 7-6, nella classica partita tirata del ‘Cecchinato-sul-duro’, che sostanzialmente sul cemento gioca come i grandi battitori. Al turno successivo Cecchinato dà altre buone indicazioni sul suo stato mentale rimontando anche Chung in una partita pressoché identica a quella con Simon, regalandosi i sedicesimi nel rematch contro Djokovic. Un Nole che, giusto per dovizia di particolari, nel frattempo ha fatto il percorso opposto di Cecchinato, vincendo due Slam. Incredibilmente nel primo set la partita è tirata.

Marco ha anche la chance per il break nel quarto game, ma dopo aver perso la battuta sul 3-3, Djokovic chiude 6-4 il primo set e la partita sostanzialmente finisce lì, con Cecchinato che chiude il suo, alla fine positivo, viaggio asiatico rimediando un bagel. Essenzialmente chiude a Shanghai anche la stagione 2018, dato che perde, senza vincere nemmeno un set, contro Mannarino, Laaksonen e Sousa negli ultimi tre tornei stagionali. Partite giocate con la spia della riserva accesa. Il finale di stagione negativo non toglie nulla alla clamorosa cavalcata di Cecchinato, che chiude il 2018 con il best ranking di 20 del mondo ed un clamoroso guadagno di 89 posizioni.

Marco Cecchinato – Parigi-Bercy 2018 (foto Erika Tanaka)

SEGUE A PAGINA 2: IL 2019 DEL CECK

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